Arriva la PET indossabile
Consentirà di studiare i fenomeni che avvengono nel cervello mentre il soggetto è in movimento. Per ora, i ricercatori, puntano a un suo utilizzo sugli animali, ma in futuro potrebbe rivoluzionare le nostre conoscenze del cervello umano.
14 MAR - Cosa succede nel cervello di un atleta mentre corre i 100 metri? O in quello di una donna che sta facendo la spesa?Al momento è possibile fare soltanto ipotesi, ma in futuro i circuiti che vengono accesi o spenti nello svolgere qualunque azione potrebbero essere monitorati grazie alla messa a punto, da parte di un gruppo di ricercatori della Stony Brook University di New York, una PET miniaturizzata e indossabile.
L’efficacia del nuovo dispositivo diagnostico è stata illustrata nei giorni scorsi in uno studio che verrà pubblicato ad aprile su Nature Methods.Nello sviluppare il nuovo strumento, in realtà, il team ha pensato poco al suo impiego sull’uomo. Il problema da risolvere era lo studio delle funzionalità cerebrali negli animali, dal momento che non è semplice sottoporre una bestiola all’esame diagnostico.
Finora, ha spiegato David Schlyer, uno degli autori dello studio si era costretti a immobilizzare o anestetizzare l’animale e questo “ha reso impossibile studiare simultaneamente la neurochimica e i comportamenti degli animali, che sono poi il risultato di ciò che avviene nel cervello. Il nostro approccio è stato finalizzato a eliminare ogni costrizione sviluppando una PET che si muovesse con l’animale. Esserci riusciti - ha aggiunto - apre alla possibilità di correlare direttamente i dati relativi ai fenomeni che avvengono nel cervello con quelli relativi al comportamento”.Del peso di 250 grammi la mini-Pet è stata testata su topi (da qui il nome di
RatCAP che sta per Rat Conscious Animal PET) che “sembra si siano adattati bene al punto da muoversi liberamente nel loro ambiente”, hanno spiegato i ricercatori. Il primo esame è stato verificare la correlazione tra rilascio di dopamina e movimento dei topi. Esperimento riuscito: bassi livelli di dopamina correlano con una più alta attività degli animali. “Si tratta forse di un risultato contrario alle aspettative perché l’attivazione del comportamento è in genere associata a un maggiore rilascio di dopamina”, ha commentato Daniela Schulz coautrice dello studio. Ma tant’è.
Al di là di questa “piccola” scoperta, sono le potenzialità della nuova tecnica a dare rilievo alla scoperta. “Il nostro metodo fornisce dati che potrebbero cambiare i tradizionali paradigmi e in definitiva migliorare la nostra comprensione del sistema dopaminergico”. Ma non soltanto di quello.
14 marzo 2011
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