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Bambini e allergia al latte vaccino. I probiotici potrebbero essere utili: ecco come 

di Viola Rita

Lo hanno scoperto alcuni ricercatori italiani (Federico II di Napoli) e americani rilevando che i bambini allergici al latte vaccino, diventati tolleranti a seguito della somministrazione di specifici probiotici, sviluppavano una composizione dei batteri intestinali diversa dai bambini ancora allergici. La ‘chiave’ di questa nuova tolleranza potrebbe essere proprio legata all’acquisizione di nuovi ceppi batterici prima assenti

25 SET - Intervenire nella dieta del bambino piccolo, allergico al latte vaccino, inserendo specifici probiotici può in alcuni casi “accelerare il processo di acquisizione della tolleranza a questo alimento”. Inoltre, lo sviluppo di questa tolleranza nei bambini in seguito all’assunzione di un’alimentazione contenente specifici probiotici potrebbe essere dovuto ad un cambiamento nella composizione dei batteri nell’intestino, assente nel caso in cui l’allergia sia ancora in atto. Lo afferma uno studio scientifico condotto da un gruppo di ricerca della University of Chicago, dall’Argonne National Laboratory negli Stati Uniti e dall’Università degli Studi di Napoli Federico II.
 
Lo studio è stato pubblicato su The Isme Journal, rivista del gruppo Nature. L'individuazione di batteri che potrebbero favorire lo sviluppo della tolleranza ad alimenti, quali il latte vaccino, potrebbe essere di cruciale importanza per la realizzazione di nuovi trattamenti che possano essere d'aiuto ai bambini che soffrono di allergie alimentari, secondo gli autori dello studio anche se sono necessarie ulteriori ricerche per approfondire i risultati. Tali risultati, inoltre, mettono a fuoco il legame tra utilizzo di una particolare alimentazione arricchita con probiotici e la variazione della composizione dei batteri intestinali, specificamente nei bambini presi in considerazione nello studio e non in altri gruppi di bambini o individui per i quali l’assunzione dei probiotici deve essere considerata in maniera differente.
  
Precedenti studi e una recente ricerca guidata dal Dottor Roberto Berni Canani dell’Università di Napoli hanno mostrato che neonati allergici al latte vaccino alimentati con formula che conteneva la proteina del latte chiamata caseina e probiotici di un tipo specifico, con la specie batterica Lactobacillus rhamnosus GG(LGG), sembrerebbero sviluppare la tolleranza al latte vaccino più frequentemente dei bambini che assumono una formula senza probiotici.
In generale, i probiotici sono  microrganismi che si dimostrano in grado, una volta ingeriti in adeguate quantità, di esercitare funzioni benefiche per l'organismo, secondo la spiegazione del Ministero della Salute in base alla definzione ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e della Fao.
 
Per studiare se l’assunzione di questo specifico tipo di organismi LGG avesse modificato la composizione del microbiota intestinale, ovvero l’insieme dei batteri presenti nell’intestino, i ricercatori* hanno effettuato analisi per identificare i batteri presenti a partire da campioni fecali raccolti da un gruppo di 39 bambini da 1 a 12 mesi, di cui 12 bambini con allergia al latte vaccino alimentati con formula contenente probiotici, 7 bambini allergici alimentati con formula senza probiotici e 20 che non avevano questa allergia.
*L’autore principale dello studio (lead author) è Cathryn Nagler (PhD, Bunning Food Allergy Professor all’Università di Chicago).
 
In base ai risultati dello studio, il microbiota intestinale dei bambini con allergia al latte vaccino è risultato significativamente diverso rispetto a quello dei bambini del gruppo di controllo senza allergia: questo risultato suggerisce che le differenze nella composizione batterica potrebbero influenzare lo sviluppo di allergia al latte vaccino, secondo i ricercatori. Inoltre, i neonati che avevano sviluppato la tolleranza in seguito all’assunzione della formula con il probiotico LGG mostravano livelli più elevati di batteri che producono butirrato, rispetto ai bambini alimentati con il probiotico ma che non avevano sviluppato tale tolleranza al latte vaccino ed erano ancora allergici. Il butirrato è una sostanza di scarto specificamente generata dai batteri. Secondo gli autori dello studio, questo risultato indica che questa tolleranza potrebbe essere legata all'acquisizione di ceppi di batteri specifici, che producono il butirrato, inclusi Blautia e Coprococcus.
 
“La capacità di identificare i ceppi batterici che potrebbero essere utilizzati come nuove terapie per il trattamento di allergie alimentari rappresenta un progresso fondamentale”, ha dichiarato Jack Gilbert, PhD, professore associato presso il Dipartimento di Ecologia ed Evoluzione all'Università di Chicago, a capo del gruppo di Ecologia microbica all’Argonne National Laboratory e co-autore dello studio. “Tradurre questi risultati in trattamenti clinici è il nostro prossimo obiettivo, che è ora possibile grazie al nuovo FARE Clinical Network center, qui presso l'Università di Chicago”.
Guidato da Christina Ciaccio, MD, Assistant professor di Pediatria alla University of Chicago Medicine, Il FARE (Food Allergy Research and Education) Clinical Network è conduce trial clinici per studiare trattamenti promettenti e collabora con il FARE e con altri centri con l’obiettivo di raggiungere le migliori cure per i pazienti con allergie alimentari. 
 
Negli ultimo 10 anni si è assistito ad un aumento “senza precedenti”, pari fino al 20%, delle allergie alimentari e in particolare l’allergia al latte vaccino risulta essere una delle più diffuse, colpendo a livello globale in media 3 bambini su 100. 
Secondo alcune recenti evidenze scientifiche, questo aumento può essere in parte ricondotto ad “influenze ambientali, incluso l’utilizzo di antibiotici, un’alimentazione ad alto contenuto di grassi e basso contenuto di fibre, la riduzione dell’esposizione ad agenti infettivi, il parto cesareo e il consumo di alimenti in formula”, secondo quanto affermano gli autori dello studio. Gli scienziati riferiscono che questi elementi possono aver alterato la ‘relazione’ che esiste tra il nostro organismo e i batteri presenti nell’intestino.
 
Oggi, numerose ricerche scientifiche mostrano il possibile legame tra il microbiota intestinale umano, ovvero l’insieme dei batteri presenti nell’intestino, e l’eventuale presenza di specifiche condizioni di salute. Per questo, la composizione dei batteri nell’intestino risulta essere importante ed è oggi oggetto di numerosi studi scientifici. In generale, gli esperti sottolineano l’importanza dell’allattamento al seno nel neonato (dunque del latte materno - diverso per composizione dal latte vaccino), anche per lo sviluppo di un sano microbiota intestinale, che può avere effetti positivi a lungo termine sulla salute dell’individuo; in particolare la precoce formazione di bifidobatteri può presentare alcuni benefici, dato che è stata associata ad una migliore risposta immunitaria ai vaccini, allo sviluppo del sistema immunitario nei prematuri e alla protezione contro agenti patogeni.
La ricerca odierna è stata finanziata dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases, Food Allergy Research and Education, the Chicago Biomedical Consortium e dal Ministero della Salute italiano.

Viola Rita
 
Roberto Berni Canani, Naseer Sangwan, Andrew T Stefka, Rita Nocerino, Lorella Paparo, Rosita Aitoro, Antonio Calignano, Aly A Khan, Jack A Gilbert, Cathryn R Nagler. Lactobacillus rhamnosus GG-supplemented formula expands butyrate-producing bacterial strains in food allergic infantsThe ISME Journal, 2015; DOI:10.1038/ismej.2015.151

25 settembre 2015
© Riproduzione riservata

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