Prevenzione malattie cardiovascolari. Aspirina, si o no? Tutti i dubbi degli americani
di Maria Rita Montebelli
Per la Task Force US Preventive Service se ne dovrebbe limitare l'uso agli adulti tra i 50 e i 59 anni che abbiano un rischio di malattia cardiovascolare di almeno il 10% e prescriverla solo dopo attento esame a chi sta tra i 60 e i 69 anni. Dopo e prima è inutile. Più drastica ancora la Fda che sottolinea come i suoi effetti preventivi siano inferiori ai rischi di sanguinamento per chi la assume e ne scoraggia quindi del tutto l'uso
23 SET - Gli adulti dai 50 ai 59 anni, ad aumentato rischio di malattie cardiovascolari, dovrebbero assumere aspirina a dosaggio cardiologico in prevenzione primaria. Queste le conclusioni alle quali è giunta la
Task Force del US Preventive Service (USPSTF), pubblicate lo scorso 15 settembre come bozza di raccomandazione. Nel 2009, la stessa
Task Force, raccomandava l’assunzione dell’aspirina per la prevenzione primaria dell’infarto agli uomini di età compresa tra i 45 e i 79 anni e per la prevenzione primaria dell’ictus alle donne tra i 55 e i 79 anni. La nuova edizione ne restringe dunque molto il
range d’età.
Le nuove raccomandazioni si applicano agli adulti senza malattie cardiovascolari note, non affetti da condizioni che aumentino il rischio di sanguinamento (es. ulcere gastrointestinali) e che non assumano farmaci che aumentino il rischio di sanguinamento.
Gli esperti americani raccomandano l’assunzione di aspirina agli adulti, dai 50 ai 59 anni, che abbiano un rischio pari o superiore al 10% di sviluppare entro i successivi 10 anni una patologia cardiovascolare, un’aspettativa di vita di almeno 10 anni e che abbiano voglia di assumere aspirina a basso dosaggio tutti i giorni, almeno per i successivi 10 anni (raccomandazione di grado B).
Per la valutazione del rischio è stato utilizzato un calcolatore derivato dalle equazioni aggregate di coorte (2013) delle società scientifiche di cardiologia americane; questo consente di calcolare il rischio a 10 anni di infarto miocardico non fatale, mortalità per coronaropatia e ictus fatale e non fatale.
Un’analisi aggregata degli 11
trial di prevenzione primaria, su un totale di 118.445 partecipanti, ha evidenziato che l’impiego di aspirina riduce il rischio di infarto miocardico non fatale del 22% e quello di
stroke non fatale del 14%. L’uso di aspirina non modifica la mortalità cardiovascolare ma riduce quella per tutte le cause del 6%.
“I
trial di prevenzione primaria – affermano gli esperti del
panel – hanno dimostrato i benefici di vari regimi posologici di aspirina, compresi i 75 e i 100 mg/die, come anche i 100 e i 325 mg a dì alterni. Una dose di 75 mg al dì sembra avere la stessa efficacia di tutti gli altri dosaggi, mentre ovviamente il rischio di sanguinamenti gastro-intestinali aumenta all’aumentare della dose”.
Per quanto riguarda la fascia d’età 60-69 anni, nei soggetti con un rischio di patologie cardiovascolari superiore al 10% a 10 anni, la decisione di assumere aspirina a bassa dose dovrebbe essere individualizzata. “Le persone non a rischio di sanguinamento, con un’aspettativa di vita di almeno 10 anni e che abbiano voglia di assumere aspirina tutti i giorni per almeno un decennio sono quelle che più verosimilmente trarranno benefici da questa terapia preventiva” (raccomandazione di grado C).
Per quanto riguarda le persone con meno di 50 anni e quelle oltre i 70 anni, non ci sono evidenze sufficienti per valutare il bilancio dei rischi e dei benefici derivanti dall’assunzione dell’aspirina per la prevenzione della malattie cardiovascolari o del cancro del colon retto (raccomandazione di grado I).
Sul fronte della
safety, esistono invece prove a sufficienza per documentare che l’aspirina aumenti il rischio di sanguinamenti gastro-intestinali e di ictus emorragico; ma questo rischio è piuttosto ridotto nei soggetti con meno di 59 anni e lieve-moderato in quelli della fascia d’età 60-69. Non esistono invece evidenze sufficienti per determinare i rischi dell’assunzione cronica di aspirina dopo i 70 anni.
Diverso, rispetto alle raccomandazioni dell’
American Heart Association e dell’
American Stroke Association, è anche il
cut off del rischio cardiovascolare a 10 anni, come guida per l’indicazione all’assunzione dell’aspirina in prevenzione. Mentre la
Task Force dell’USPSTF raccomanda l’aspirina a chi ha un rischio superiore al 10%, le due società scientifiche la raccomandano per quelli a rischio aumentato del 6-10% di sviluppare una malattia cardiovascolare nei successivi 10 anni.
Dal canto suo l’
American Diabetes Association (ADA) suggerisce di somministrare l’aspirina a bassa dose in prevenzione primaria ai pazienti con diabete di tipo 1 e 2 ad aumentato rischio cardiovascolare (>10% a 10 anni) e non ad aumentato rischio di sanguinamento. Non raccomanda l’assunzione di aspirina negli uomini con meno di 50 anni e nelle donne con meno di 60 anni a basso rischio cardiovascolari, poiché in queste categorie di pazienti i rischi dell’aspirina sono superiori ai suoi benefici.
Un certo scalpore ha destato invece lo scorso anno la posizione della
Food and Drug Association che ha di fatto chiuso la porta all’aspirina in prevenzione primaria dell’infarto e dell’ictus, per qualunque categoria di rischio. La motivazione addotta è che le evidenze attuali relative alla prevenzione primaria dell’infarto non sono sufficientemente solide da superare quelle dei rischi di sanguinamento.
La
US Preventive Service Task Force, fondata nel 1984, è un
panel indipendente di esperti americani nel campo della medicina
evidence-based e della prevenzione. La sua
mission è di migliorare la salute degli americani producendo delle raccomandazioni basate sull’evidenza relative ai servizi di prevenzione clinica (screening, counseling e terapie preventive). Le raccomandazioni sono tutte pubblicate sul sito della
Task Force e su importanti riviste scientifiche.
Quest’ultima bozza di raccomandazione, pubblicata sul sito dell’USPSTF, resterà aperta ai commenti degli esperti fino al 12 ottobre prossimo.
Maria Rita Montebelli
23 settembre 2015
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