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Speciale farmaco biologico. Convegno nel Lazio. Ecco gli scenari


Non ci sono ancora indicazioni precise sulle scelte che la regione metterà in campo dal 2015 quando entreranno in scena i biosimilari, le opzioni terapeutiche ai farmaci biologici. Clinici e pazienti invitano alla cautela sulla possibile applicazione di norme stringenti ispirate a esigenze di sostenibilità economica. E invocano studi completi di safety e di efficacia.

29 DIC - Una raccomandazione all’utilizzo del farmaco biosimilare e un’esigenza di un incremento dell’appropriatezza prescrittiva. Sono queste in estrema sintesi le linee d’azione fin ora applicate dalla regione Lazio nel dettare le coordinate per l’utilizzo dei farmaci biologici e della loro opzione terapeutica, i biosimilari. Ma tutto potrebbe cambiare anche alla luce della necessità del contenimento dei costi che in una regione in Piano di rientro, come il Lazio, diventano prioritari. E quindi l'utilizzo della terapia a minor costo per tutti i pazienti naive potrebbe diventare il diktat.
 
Ma il condizionale è d’obbligo perché nel corso del nono incontro “Il valore del farmaco biologico tra continuità terapeutica e sostenibilità economica” organizzato dalla Fondazione Charta nella sede della regione Lazio, non è stato possibile capire quali saranno le linee di indirizzo future, a causa dell’assenza dei  rappresentanti regionali invitati ad intervenire.
 
Un’incertezza che preoccupa i clinici e pazienti che invitano alla cautela sull’applicazione di norme stringenti in assenza di dati clinici controllati per alcune patologie.
“L’Aifa – ha spiegato Alessandro Armuzzi dell’Unità Operativa di Medicina Interna e Gastroenterologia del Complesso Integrato Columbus, Università Cattolica di Roma – sostiene che il biosimilare è simile ma non identico al biologico originator di riferimento e questa definizione è perfettamente condivisibile, nel senso che questi farmaci hanno avuto un grosso processo di fase pre-clinica (studi che caratterizzano le proprietà fisico-chimiche e l’affinità per il bersaglio che devono colpire) e nella fase che precede la sperimentazione clinica sono state evidenziate piccole differenze che indicano come similarità non vuol dire uguaglianza. Ovviamente come medico e clinico, pur essendo d’accordo con questo razionale, sono abituato a usare farmaci che hanno superato studi clinici che dimostrino l’efficacia e la sicurezza del farmaco per determinate patologie. È necessario – ha aggiunto – che il medico si basi sulle evidenze poiché quello dei biosimilari è un concetto del tutto nuovo. Condivido il fatto di accettare l’innovazione ma, in questo momento, ritengo sia importante usare anche cautela perché i biosimilari non sono ancora testati per tutte le patologie”.
 
E le cautele ci sono anche sulla possibilità, come peraltro indicato dall’Ema, di “trasferire” al biosimilare, attraverso l’esercizio della comparabilità, le indicazioni approvate per il farmaco originatore. “L’esercizio della comparabilità è stato accettato dall’ente regolatorio europeo – ha aggiunto Armuzzi – si è passati alla fase clinica con due studi: l’uno di farmacocinetica e farmacodinamica su pazienti con spondilite anchilosante; l’altro di efficacia e sicurezza in pazienti con artrite reumatoide. Entrambi gli studi hanno dimostrato che il biosimilare è sovrapponibile all’originator. Ma invece dobbiamo essere cauti e agire con prudenza in assenza di studi clinici sul Crohn e sulla colite ulcerosa anche nei casi pediatrici”.
 
Nessun dubbio poi, sull’opportunità di uno switch dal biologico al biosimilare.
“Il paziente ha sempre diritto alla continuità terapeutica – ha aggiunto Guido Valesini dell’Unità Operativa di Reumatologia, La Sapienza/Policlinico Umberto I di Roma –  lo dico sia per convinzione personale maturata nel tempo, sia con riferimento ai principi e alle indicazioni di enti regolatori come Fda ed Ema che  sottolineano efficacia, sicurezza, purezza, potenza, qualità del prodotto. La scelta di un trattamento deve sempre essere condivisa e discussa con il paziente, al quale il medico prescrittore deve dare tutte le informazioni necessarie, spiegando in modo chiaro che si tratta di un farmaco diverso, illustrandone vantaggi e rischi sulla base delle evidenze cliniche”.
 
In linea con i clinici anche i pazienti affetti da patologie gravi e debilitanti. Pur consapevoli che eventuali risparmi libererebbero risorse per ampliare la platea di pazienti da curare e senza alcun tipo di preclusione verso l’arrivo di nuovi biosimilari chiedono però che l’eventuale passaggio dal biologico originatore al biosimilare si basi su dati clinici che ne avvalorino efficacia e sicurezza piuttosto che su esigenze di risparmio. 
 
“Per la sicurezza dei pazienti, la determinazione di interscambiabilità tra biologico e biosimilare, dovrebbe comprendere non solo gli studi completi di safety e di efficacia, ma anche programmi di coinvolgimento dei pazienti attraverso un monitoraggio attivo – sottolinea Stefania Canarecci, Presidente di AMICI Lazio Onlus – il paziente ha diritto che vengano garantiti la sicurezza del farmaco, la modalità di somministrazione, gli effetti a medio e lungo termine e l’efficacia”.
 
 
 

29 dicembre 2014
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