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Cardiologia. Digitale? Impiego da rivedere nella fibrillazione atriale

di Maria Rita Montebelli

Uno studio americano, su Circulation: Arrhythmia and Electrophysiology, evidenzia che l’impiego della digossina per il rate control, nei soggetti con fibrillazione atriale ma senza scompenso cardiaco, si associa ad un aumento della mortalità del 71% e dei ricoveri ospedalieri del 63%. Secondo gli autori, l’uso di questo farmaco nel terzo millennio potrebbe non essere più giustificato

22 NOV - Il trattamento con digossina, si associa ad un aumentato rischio di mortalità del 71% e di ricovero del 63%, tra gli adulti con fibrillazione atriale, in assenza di scompenso cardiaco, secondo una ricerca del Kaiser Permanente, pubblicata su Circulation: Arrhythmia and Electrophysiology.
 
La digossina è un farmaco comunemente utilizzato per il rate control nei pazienti con fibrillazione atriale; le linee guida attuali la raccomandano solo per questa finalità, nei soggetti sedentari.
 
“Visti i risultati di questo studio – commenta uno degli autori, Anthony Steimle, Direttore della Cardiologia presso il Kaiser Permanente Santa Clara Medical Center – suggeriamo fortemente di rivedere l’impiego della digitale nella pratica clinica. Essendo disponibili altre opzioni per il controllo della frequenza, riteniamo che la digitale vada utilizzata con cautela nella gestione della fibrillazione atriale, soprattutto in assenza di scompenso cardiaco sistolico sintomatico”.
 
I risultati di questo lavoro appena pubblicato, fanno seguito e confermano quelli di un altro studio effettuato dagli stessi autori e pubblicato un anno fa; in quel caso la digitale risultava associata ad un eccesso di mortalità del 72% tra gli adulti con scompenso sistolico neo-diagnosticato.
 
Lo studio pubblicato su Circulation:Arrhythmia and Electrophysiology è stato condotto tra il 2006 e il 2009 su 15 mila soggetti afferenti al Kaiser Permanente nelle regioni della California del sud e del nord, con una recente diagnosi di fibrillazione atriale, non scompensati e senza storia di assunzione di digitale in precedenza.
 
Lo studio si è focalizzato sui rapporti tra l’inizio di una terapia con digitale e il rischio di mortalità o di ricoveri. Nel periodo di durata dello studio, il 17,8% dei soggetti esaminati ha iniziato il trattamento con digossina; al termine dello studio, i soggetti trattati con digitale presentavano un eccesso di mortalità, rispetto ai controlli (rispettivamente 8,3 contro 4,9 per 100 anni-persona). Anche il tasso dei ricoveri è risultato molto superiore tra i soggetti trattati con digitale (60,1 contro 37,2 per 100 anni-paziente).
 
“Il nostro studio, condotto un vasto numero di pazienti di diverso genere ed età – commenta Alan S. Go, coautore del lavoro, Divisione di Ricerca al Kaiser Permanente di Oakland (California, USA) –ha prodotto dei risultati che, aggiungendosi a quelli di studi precedenti, dovrebbero rivestire un valore importante nel guidare le decisioni cliniche in cardiologia, rispetto all’impiego della digossina nel terzo millennio”.
 
Maria Rita Montebelli

22 novembre 2014
© Riproduzione riservata

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