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Dolore pelvico. Ne soffrono 3,5 mln di donne in Italia. Fino a 10 anni per diagnosi corretta


Questo il tempo necessario per identificare l’endometriosi, mentre, ne sono necessari 5 per la vulvodinia. Per il direttore del Centro di Ginecologia del San Raffaele Resnati di Milano, Alessandra Graziottin questi sintomi "sono sempre più banalizzati, ma nel 70% dei casi sono presenti prima dei 30 anni".

17 NOV - In Italia il dolore pelvico interessa il 15% delle donne in età fertile. Oltre 3 milioni e mezzo di persone vittime di importanti ritardi diagnostici. Sono necessari infatti 10 anni per identificare correttamente l’endometriosi, una grave malattia che può condurre anche all’infertilità; 5-7 anni per la sindrome della vescica dolorosa, 4 anni e 8 mesi per la vulvodinia, causa di fastidiosi bruciori, molti anni per la sindrome del colon irritabile. Sono queste le quattro patologie chiave che alimentano il dolore pelvico.

“Le ragioni dei ritardi? Banalizzazione dei sintomi e/o lettura psicogena”, ha sostenuto Alessandra Graziottin, direttore del Centro di Ginecologia del S. Raffaele Resnati di Milano, durante il convegno “La donna e il dolore pelvico: da sintomo a malattia, dalla diagnosi alla terapia”, organizzato dalla Fondazione Graziottin per la cura del dolore nella donna -Onlus nel capoluogo lombardo. Le pazienti si sentono dire che si tratta solo di stress, di fattori psicologici. Viene negata quindi la sua vera base biologica: un’infiammazione progressiva di organi e tessuti.
Qual è il prezzo del ritardo diagnostico? Da segnale amico (dolore nocicettivo) che avverte di un danno biologico in corso, diventa malattia (neuropatico), con aggravamento dell’infiammazione, lesione della citoarchitettura e della funzione di ogni organo, esasperazione dei disturbi e dei sintomi associati. Inoltre, se all’inizio era interessato un solo organo, dopo anni di trascuratezza l’infiammazione e il malessere interessano e “ammalano” anche il resto dell’organismo, fino a colpire tutta la pelvi. Questo causa una progressiva comorbilità (coesistenza di più patologie), che aumenta la complessità del quadro clinico, la gravità e la pervasività del danno biologico e del dolore, fino a richiedere una collaborazione multispecialistica per essere affrontata e, se ancora possibile, guarita.

Si tratta di un problema enorme: l’endometriosi, da sola, colpisce 3 milioni di donne nel nostro Paese. È caratterizzata da disturbi importanti come dismenorrea, dolore ovulatorio, dispareunia profonda, ecc. Nel 70% dei casi i sintomi sono presenti già prima dei 30 anni, nel 45-50% prima dei 20. Sono necessarie in media sei visite specialistiche per riconoscerla in maniera definitiva. Questo comporta un importante costo economico, ma non solo. L’endometriosi è responsabile del 30% di tutti i casi di infertilità femminile.

“Un prezzo personale altissimo – ha sottolineato Graziottin – in termini di interventi chirurgici, di perdita di energia vitale, di infelicità, di ridotta competitività sul lavoro, di crisi sessuali e coniugali”. “La vulvodinia interessa il 10–12% delle donne – ha precisato Filippo Murina, Responsabile del Servizio di Patologia Vulvare dell’Ospedale Buzzi di Milano e co-presidente del convegno – presenta come sintomi principe sia il dolore vulvare, spontaneo o provocato, della durata di almeno 6 mesi, che il dolore all’inizio della penetrazione. Nell’anamnesi – ha proseguito - il 32% delle donne soffre durante i rapporti, fin dalla prima volta. Il 75% delle donne è incorso in almeno un’infezione da Candida, il 35% le ha ricorrenti, con infiammazione cronica dell’entrata vaginale”.

Quasi 3 adolescenti italiane su 10 che si rivolgono agli ambulatori pubblici italiani per una visita ginecologica presentano una candidiasi recidivante, che predispone a vestibolite/vulvodinia. Ecco perché la diagnosi precoce e una terapia adeguata sono essenziali anche in quest’ambito. “Uno dei principali campanelli d’allarme sul fronte del dolore pelvico viene lanciato dal colon – ha commentato Vincenzo Stanghellini, del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna – è uno degli organi immunocompetenti più importanti di cui disponiamo: una vera e propria ‘sentinella’ che regola la temperatura infiammatoria del corpo. Tanto è vero che, quando si riesce a ridurre lo stato flogistico che colpisce la parete del colon, si ottiene un miglioramento di tutti gli altri quadri”.

Per questo non sono mai da sottovalutare disturbi come “coliti” e intolleranze alimentari, perché spesso si intrecciano ai problemi ginecologici (vulvodinia), urologici (cistiti ricorrenti e sindrome della vescica dolorosa), e sessuologici (dispareunia). Però sia le pazienti che, purtroppo, alcuni medici, tendono a sottovalutare questi segnali. La malattia viene infatti scambiata per altri processi patologici addominali, esponendo le pazienti che ne sono affette addirittura ad interventi chirurgici inutili e potenzialmente dannosi.

“La sindrome della vescica dolorosa/cistite interstiziale interessa il 6,5% delle donne – ha concluso Graziottin – ma solo il 9,7% di loro riceve una diagnosi corretta in tempi brevi. Rappresenta un’altra causa critica di malessere cronico. È caratterizzata da comparsa di disturbi che tendono ad aumentare al progressivo riempimento vescicale – ha precisato l’esperta - per cui la paziente decide di assecondare precocemente lo stimolo minzionale, per cercare sollievo”.

Il 36% delle donne con questa sindrome soffre di cistiti ricorrenti, di cui il 60% compare 24–72 ore dopo un rapporto sessuale. Il 48% ha sempre dolore alla penetrazione come sintomo associato, ma raramente questo fattore viene indagato. Il ritardo diagnostico favorisce purtroppo l’evoluzione verso la cistite interstiziale, patologia grave e impegnativa. Non ultimo, l’infiammazione cronica causa anche depressione, per l’effetto negativo (“neurotossico”) che le citochine pro-infiammatorie svolgono sull’attività delle cellule nervose, con una comorbilità severa. Questa, a sua volta, amplifica la percezione del dolore fino a 8 volte.

È urgente quindi un maggiore impegno dei medici per una diagnosi precoce, perché spesso i sintomi esordiscono nell’adolescenza o nella prima giovinezza, condizionando tutta la vita della donna e i suoi progetti di realizzazione personale e professionale, di coppia e di famiglia. Su questo obiettivo la Fondazione Graziottin è impegnata sia sul fronte della formazione dei medici, che della divulgazione scientifica a favore delle donne, per aumentare la loro capacità di riconoscere i sintomi precoci e ricercare una diagnosi tempestiva e adeguata.

17 novembre 2012
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