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Oncologia pediatrica. In Italia 1.400 nuovi casi di tumore l'anno fra 0 e 14 anni. Più 800 tra 14 e 20. Locatelli: “Sopravvivenza dal 30% negli anni ‘60 all’80% nell’ultimo decennio più grande successo della medicina moderna”


Le neoplasie più frequenti del bambino sono le leucemie acute (circa 450-500 nuove diagnosi per anno), seguite dalle neoplasie del sistema nervoso centrale

12 DIC - I progressi nell’oncologia pediatrica hanno trasformato radicalmente l’approccio alla diagnosi e al trattamento dei tumori nei bambini. Le terapie mirate e l’immunoterapia sono solo alcuni degli sviluppi che hanno portato a miglioramenti significativi in termini di sopravvivenza e qualità di vita. I promettenti risultati dell’immunoterapia e delle terapie mirate richiedono ulteriori studi per valutare la loro efficacia come trattamento di prima linea. A sottolinearlo in una sezione dedicata all'oncologia pediatrica nel volume I numeri del cancro in Italia 2023 è Franco Locatelli, Direttore del Dipartimento di Onco-Ematologia e Terapia Cellulare e Genica dell'IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.

Nel nostro Paese, ogni anno - si legge nel report - nella fascia di età compresa fra gli 0- e i 14 anni, vengono diagnosticati circa 1.400 nuovi casi di neoplasia (con un’incidenza pari a circa 150 nuovi casi/1.000.000 di soggetti). Altri 600-800 nuovi casi si presentano tra i 14 e i 20 anni di età. Le neoplasie più frequenti del bambino sono le leucemie acute (circa 450-500 nuove diagnosi per anno), seguite dalle neoplasie del sistema nervoso centrale. È, altresì, peculiare dell’età pediatrica la presenza di alcuni istotipi nei primi anni di vita (nel merito si pensi, per esempio al tumore di Wilms, al neuroblastoma o al retinoblastoma), mentre altre neoplasie si manifestano tipicamente nell’età adolescenziale (osteosarcoma, linfomi di Hodgkin, tumori della tiroide, i quali sono forse l’unica neoplasia con una prevalenza di genere, quello femminile).

La diagnosi e il trattamento delle neoplasie dell’età pediatrica hanno corso, largamente, in Centri afferenti alla rete dell’Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica (AIEOP), la quale, progressivamente nel corso degli anni, si è dotata di laboratori nazionali centralizzati
di riferimento per la conferma diagnostica e la caratterizzazione delle lesioni molecolari che sottendono lo sviluppo dei tumori e che ormai sempre più importanza rivestono nella stratificazione del profilo di rischio dei tumori, anche pediatrici. L’importanza di sviluppare programmi di diagnosi e trattamento specifici per la popolazione pediatrica e adolescenziale si è progressivamente affermata nel tempo. Esistono, infatti, dati chiari che indicano come l’outcome degli adolescenti trattati con protocolli pediatrici in strutture pediatriche tenda a essere più favorevole rispetto a quello dei pazienti di pari età trattati in strutture dell’adulto nel contesto di protocolli non specificatamente disegnati sull’età pediatrica. È indiscutibile che il trattamento dei tumori pediatrici rappresenta uno dei maggiori successi della medicina moderna, assicura Locatelli.

Nel corso degli anni, infatti, abbiamo assistito a un marcatissimo aumento dei tassi di sopravvivenza per i bambini affetti da queste malattie, passando dal 30% circa negli anni ‘60 all’80% nell’ultimo decennio. Si stima oggi che un ventenne ogni 800 sia un soggetto guarito da una neoplasia sofferta nell’età pediatrica. I progressi nelle metodologie d’approccio diagnostico hanno portato a una migliore comprensione dei meccanismi alla base dello sviluppo dei tumori pediatrici, ponendo le basi per l’adozione di trattamenti personalizzati. Trattamento personalizzato in oncoematologia pediatrica
vuol dire non soltanto sviluppare strategie che consentano di aggredire specifici bersagli molecolari, ma anche consentire una migliore stratificazione del rischio dei pazienti al fine di modulare l’intensità dei trattamenti.

La vera rivoluzione nel trattamento dei tumori negli ultimi anni è stata l’introduzione delle CAR-T cells nella pratica clinica. Queste cellule T linfocitarie sono geneticamente modificate per esprimere un recettore antigenico chimerico (CAR) che riconosce specifici antigeni sulle cellule tumorali. L’utilizzo delle CAR-T cells contro il CD19 ha dimostrato un’impressionante efficacia nel trattamento delle leucemie linfoblastiche acute B pediatriche, con un tasso di remissione completa dell’81% con Event Free Survival (EFS) e Overall Survival (OS) a 12 mesi rispettivamente del 50% e del 76%. Questo successo ha stimolato la ricerca internazionale nello sviluppo di costrutti CAR-T per diverse neoplasie, con l’Italia in prima linea. Recentemente, uno studio italiano ha dimostrato l’efficacia del trattamento con CAR-T cells anti-GD2 nei bambini affetti da neuroblastoma refrattario o recidivato, aprendo la strada all’utilizzo di questa terapia anche nei tumori solidi. Sono stati osservati risultati promettenti con le cellule CAR T dirette contro il disialganglioside GD2 anche nel trattamento di tumori altamente aggressivi, quali i gliomi diffusi della linea mediana H3K27M-alterati.
Non da ultimo sono da citare altri approcci di terapia genica e di genome editing che utilizzano sistemi altamente innovativi di ingegnerizzazione quali il CRISPR/Cas9 nel trattamento di patologie ematologiche del bambino quali la drepanocitosi e la talassemia: questi risultati hanno posto le basi per approcci analoghi nel trattamento delle neoplasie.

12 dicembre 2023
© Riproduzione riservata

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