Aids. La guerra alle cellule infette "dormienti"
Dal San Raffaele di Milano risultati incoraggianti da una ricerca su come colpire le cellule virali che si "autospengono" per sfuggire agli attacchi esterni compresi quelli delle terapie antivirali. Come? Riattivando i virus latenti rendendoli eliminabili, limitando però gli effetti tossici sull’organismo.
09 AGO - Per comprendere come combatterli è importante capire come i virus si inseriscono nel genoma umano. Proprio a questo scopo è volta una delle ultime ricerche dell’Istituto Scientifico Ospedale San Raffaele e dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano: uno studio, pubblicato su
Pnas, dimostra infatti quali sono i meccanismi molecolari con cui le cellule si difendono da virus e da altri parassiti genetici (tra cui alcuni dei vettori utilizzati in terapia genica) che si inseriscono nel Dna. I ricercatori hanno esaminato, in particolare, il virus HIV-1, il ceppo più aggressivo e diffuso.
In presenza di Dna virale, o comunque estraneo, le cellule dei mammiferi si attivano spegnendo le sequenze esogene, al fine di impedirne l’espressione e la diffusione. Questo meccanismo protettivo – noto già da tempo agli scienziati – presenta però degli inconvenienti perché riduce l’efficacia delle terapie antivirali. Ad esempio, nel caso dell’Hiv, il virus dopo essersi inserito nel genoma cellulare viene spento in una percentuale dei casi, andando a costituire una riserva di cellule infettate invisibili e quindi non attaccabili, né dal nostro sistema immunitario, né dalla terapia antivirale corrente. “L’attuale trattamento contro l'Hiv è assai efficace nel controllare e bloccare la diffusione del virus attivato, ma non riesce a riconoscere ed eliminare le cellule infettate in cui il virus è temporaneamente spento (latente)”, ha spiegato
Guido Poli, responsabile dell’Unità di Immunopatogenesi dell’Aids e co-autore dello studio. “Quindi non è possibile arrivare a una vera guarigione, perché il virus latente può sempre riattivarsi a seguito della sospensione della terapia, come in effetti avviene nella maggioranza dei pazienti".
Un problema che potrebbe però essere risolto proprio con le nuove conoscenze su un meccanismo epigenetico individuato dal San Raffaele: dalla ricerca dell’Istituto, emerge che le cellule riattivano il DNA esogeno silenziato quando vengono deprivate di componenti necessari per la loro crescita, quali gli aminoacidi essenziali, e questa scoperta potrebbe permettere di disegnare una possibile strategia per il trattamento dell’infezione.
Un elemento cruciale in questa risposta cellulare è dato dall'inattivazione di un enzima, chiamato "istone deacetilasi 4 (HDAC4)", che normalmente contribuisce alla regolazione epigenetica dell'espressione dei geni. La soppressione della sua attività determina sorprendentemente anche la riaccensione delle sequenze virali estranee al genoma.Poiché per questo enzima esistono già inibitori specifici, essi potrebbero essere ulteriormente sviluppati per protocolli sperimentali finalizzati alla cura, ovvero dell’eradicazione, dell’Hiv. L'utilizzo di inibitori specifici dell'enzima HDAC4 potrebbe invece, associato alla terapia antivirale, riattivare i virus latenti rendendoli visibili e quindi eliminabili, limitando gli effetti tossici sull’organismo, dato che nello studio del San Raffaele gli inibitori di HDAC4 si sono dimostrati, almeno in vitro, ben tollerati dalle cellule. “La scoperta di un efficiente meccanismo molecolare che regola la riattivazione del DNA estraneo all’interno della cellula ha una potenziale ricaduta importante anche per la terapia genica, perché l’utilizzo di farmaci che inibiscono l’enzima (o altre strategie utili a inattivarlo) potrebbe evitare che le cellule spengano i vettori virali utilizzati a scopo curativo, aumentandone così l’efficacia a lungo temine”, ha concluso
Maria Vittoria Schiaffino, genetista e biologa cellulare.
09 agosto 2012
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