Covid. Ecco come sono arrivate le varianti in Sardegna. Lo studio su Frontiers in Microbiology
di Elisabetta Caredda
Nato dalla collaborazione tra l’Università di Cagliari ed i Laboratori Covid e di Ematologia del San Francesco di Nuoro, il progetto scatta un’istantanea delle prime varianti virali presenti nel centro Sardegna durante le fasi iniziali della prima ondata del 2020. Tramontano: “La diversità genomica evidenziata dallo studio indica che nell’isola ai primi del 2020 non si è avuto un solo “paziente zero”, ma una serie di “pazienti zero”, che in numerosi casi hanno “importato” il virus nell’Isola a seguito di rientri dal Nord Italia o da altre aree Europee”
03 MAR - Anche la Sardegna attraverso la ricerca realizzata in “casa” propria, potrà sperare nell’identificazione di farmaci anti-coronavirus. Da tempo lo studio del Covid-19 e delle sue varianti è stato intrapreso anche dal dipartimento di Scienze della vita e dell'ambiente dell’ateneo cagliaritano. La collaborazione di quest’ultimo con i Laboratori Covid e di Ematologia dell'Ospedale San Francesco di Nuoro ha permesso, agevolandola, non soltanto di rispondere alla richiesta diagnostica in questa fase di emergenza sanitaria, ma inoltre ha consentito lo sviluppo di ricerche mirate sulla genomica virale e la produzione dei primi elaborati scientifici.
Tra gli ultimi, il più recente in ordine di tempo è lo studio “
Early Diffusion of SARS-CoV-2 Infection in the Inner Area of the Italian Sardinia Island” pubblicato su
Frontiers in Microbiology. Questo studio di ricerca è stato condotto principalmente da
Nicole Grandi,ricercatrice al dipartimento di Scienze della vita e dell'ambiente nell’ateneo cagliaritano, e da
Giovanna Piras, dirigente biologo dell’Ospedale San Francesco a Nuoro. Il progetto è stato coordinato dal Prof.
Enzo Tramontano,docente di microbiologia e virologia all’Università di Cagliari, e “scatta un’istantanea delle prime varianti virali presenti nel centro Sardegna durante le fasi iniziali della prima ondata del 2020”.
Professor Tramontano, cosa avete rilevato in questo studio pubblicato?
Dal lavoro emerge che, nonostante l’isolamento geografico e il tempestivo blocco degli spostamenti, vi è stata una significativa diversità genomica del virus circolante, inaspettata in base al basso numero di casi inizialmente presenti in Sardegna. In particolare, emerge come la variante D164G della proteina spike, che ha una aumentata infettività ed è poi diventata dominante in Italia e nel mondo, fosse circolante nel territorio insulare fin dalle prime settimane della pandemia. Nel complesso, la diversità genomica evidenziata dallo studio indica che in Sardegna ai primi del 2020 non si è avuto un solo “paziente zero”, ma una serie di “pazienti zero”, che in numerosi casi hanno “importato” il virus nell’Isola a seguito di rientri dal Nord Italia o da altre aree Europee.
Qual è il suo parere relativamente alle tipologie di varianti Covid-19?
Il SARS-CoV-2, come tutti i virus ad RNA, ha una elevata variabilità. Sebbene il suo tasso di mutazione sia comunque inferiore a quello di altri RNA virus, la sua così ampia diffusione porta inevitabilmente ad un continuo accumularsi di mutazioni che possono portare alla formazione di varianti che si caratterizzano non solo dall’avere una maggiore capacità di diffusione, ma anche, potenzialmente, dal fatto che possono evadere la risposta immunitaria generata dai vaccini in uso o via di sviluppo. Pertanto, è essenziale che la copertura vaccinale sia raggiunta nel più breve tempo possibile e nella porzione di popolazione mondiale più alta possibile, così da ridurre le chance che il virus mutando possa selezionare delle varianti che possano evadere la copertura vaccinale.
Tra i vaccini Pfizer, Moderna e AstraZeneca, quali secondo lei potranno avere un maggiore riscontro per affrontare questa pandemia, immunizzando la popolazione anche sulle varianti del Covid-19?
Ad oggi l’emergenza è quella di vaccinare il più alto numero di persone possibile. Per cui tutti i vaccini vanno utilizzati. Tuttavia, come noto, i vaccini non hanno tutti la stessa efficacia, pertanto questo è un fattore che va considerato nel piano vaccinale, magari prevedendo una verifica dell’effettivo sviluppo della risposta anticorpale ed, eventualmente, un secondo intervento vaccinale.
Qual è il vostro prossimo obiettivo relativamente agli studi di ricerca che state portando avanti?
Lo studio proseguirà nel più ampio progetto collaborativo di ricerca, supportato dalla agenzia regionale Sardegna Ricerche, che vede coinvolti anche l’Università di Sassari, una seconda unità dell’Università di Cagliari e la società CRS4, e che mira ad un costante monitoraggio delle varianti di SARS-CoV-2 circolanti in Sardegna. Al contempo, il laboratorio di Virologia Molecolare dell’Università di Cagliari da me diretto è coinvolto nel progetto Excalate4CoV, finanziato dalla EU, che mira ad identificare farmaci anti-coronavirus ed in altri progetti volti a sviluppare nuove metodologie diagnostiche rapide.
Elisabetta Caredda
03 marzo 2021
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