La distribuzione a domicilio viene vista un po’ ovunque come una soluzione per ridurre i costi dell’assistenza farmaceutica, a torto o a ragione. Anche negli Stati Uniti dove, però, la presenza di diversi piani di assistenza sanitaria rende il panorama assai variegato. Una delle ultime iniziative in questa direzione viene dal Dipartimento della Difesa che ha ovviamente un suo piano assistenziale, battezzato Tricare, riservato alle famiglie dei militari in servizio e a i veterani. Tricare prevede già da qualche tempo un sistema di partecipazione alla spesa da parte dell’assistito che inventiva in maniera significativa l’acquisto dei medicinali prescritti attraverso le farmaci virtuali con consegna postale. Con questo sistema, pagando lo stesso ticket il paziente può acquistare o una singola confezione in farmacia o tre confezioni via posta. Non è poco, eppure al Congresso si discuterà a breve una revisione del piano che scoraggia ulteriormente il ricorso alla farmacia. Ovviamente sia i rappresentanti delle catene di drugstore, la National Association of Chain Drug Stores (Nacds), sia i rappresentanti dei farmacisti di comunità, la National Community Pharmacists Association (Ncpa), vedono questa misura come il fumo negli occhi.
Peraltro, la Ncpa da tempo denuncia come apparenti i risparmi ottenibili attraverso il ricorso alla vendita per posta e l’ultima volta, il 23 giugno, lo ha fatto davanti alla Commissione finanze del Senato nel corso di una serie di audizioni sul tema – inevitabile – della riduzione della spesa. La Ncpa, in sostanza, ha ribadito come il vero risparmio venga soprattutto dal ricorso ai farmaci meno costosi - i generici – e che questi siano molto più facilmente consigliati e acquistati nelle farmacie che non attraverso i sistemi di acquisto per posta, al di là del prezzo applicato al farmaco nei due circuiti. Senza contare – aggiungono i farmacisti – che spesso le forniture postali sono superiori al bisogno e quindi costituiscono sé uno spreco.
Un altro aspetto su cui hanno insistito è il ruolo del cosiddetti Pharmacy Benefit Manager, cioè gli enti terzi incaricati dai piani assistenziali o dalle compagnie di assicurazione di negoziare i margini con le farmacie e i sistemi di vendita postali (che spesso possiedono) e dall’altra i prezzi di cessione da parte delle aziende. L’accusa è che in realtà non sarebbe chiaro – o forse lo è anche troppo – quanta parte di questa massa di sconti venga rigirata al Governo federale, nel caso dei piani pubblici, e quanta invece resti a vario titolo al Manager. Vale la pena ricordare che nel 2006 il più grande tra i Pbm Medco Health Solutions, nell’ottobre 2006 aveva accettato di pagare 155 milioni di dollari pur di chiudere un’azione legale per frode nei confronti del programma di assistenza sanitaria pubblico per eccellenza, Medicare. Per la Ncpa, invece, la farmacia di comunità può essere fonte di ulteriori risparmi, soprattutto se verrà generalizzata la positiva esperienza dei programmi di sostegno e controllo dell’adesione alla terapia - Medication Therapy Management – già prevista per Medicare e rivolta alle malattie croniche, nei quali i farmacisti compaiono nella quasi totalità dei casi come figure coinvolte accanto ad altre (medici e infermieri) seppure in numero molto inferiore.
Un’indagine del 2009, del resto, ha stimato i costi sanitari della mancata adesione alla terapia in 290 miliardi l’anno, cioè il 13% della spesa sanitaria complessiva. Altro che i risparmi sul margine della farmacia ottenibili col postal market, fanno intendere i farmacisti americani.
Maurizio Imperiali