Torna in auge, alla luce della recente approvazione all’unanimità alla Camera dei Deputati, la proposta di legge sull’Oblio oncologico, ora al vaglio del Senato. Proposta che nel breve termine, secondo l’avvocato
Giovanni Costantino, esperto di diritto del lavoro in sanità e Responsabile del servizio lavoro e relazioni sindacali dell'Aris, potrebbe vedere l’emanazione di una norma innovativa e fondamentale per la tutela di oltre un milione di persone in Italia che – pur avendo superato il tumore - continuano a essere discriminate, oltre che nell'accesso ad una serie di servizi finanziari, mutui ecc., anche nei luoghi di lavoro.
“Il datore di lavoro non è legittimato a richiedere in via diretta alcuna informazione sullo stato di salute del lavoratore, né in sede di assunzione né nel corso del rapporto di lavoro, e qualsiasi trattamento di dati sanitari è demandato al medico competente - spiega l’avvocato Costantino - tuttavia la malattia e il successivo rientro al lavoro possono determinare l’insorgenza di alcuni problemi come il superamento del periodo di comporto, l’impossibilità di svolgere mansioni faticose, la richiesta di part-time, tutte situazioni che potrebbero determinare una serie di discriminazioni indirette del lavoratore”.
Attualmente, la disciplina di protezione dei dati personali e le specifiche tutele in ambito lavoristico (artt. 5 e 6 Stat. Lav., d.lgs. 81/2008) già definiscono un sistema di garanzie, rispetto al trattamento di informazioni relative allo stato di salute del dipendente, ammettendo il trattamento di dati sanitari soltanto per specifiche e circoscritte finalità e con il rispetto di stringenti requisiti procedurali. Oggi si punta sempre più a tutelare la riservatezza del lavoratore guarito e la possibilità di non dichiarare patologie oncologiche pregresse.
“La nuova proposta di legge sull’oblio oncologico, potrebbe portare ad una risoluzione definitiva della problematica - spiega il giuslavorista - La disciplina contenuta nell’art.4 della Proposta di Legge è di ampia portata rispetto al rapporto di lavoro. Nel primo comma, infatti, si stabilisce il divieto di richiedere informazioni sullo stato di salute dei partecipanti a procedure di selezione in merito a patologie oncologiche pregresse e il cui trattamento attivo si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni o, nel caso in cui la patologia sia insorta prima del ventunesimo anno di età, da più di cinque anni”.
Quella a cui sta lavorando il Parlamento è dunque una nuova misura che pone particolare attenzione nei confronti del lavoratore guarito, prospettando l’introduzione di misure che garantiscano l’eliminazione dello “stigma” di lavoratore malato.
“Il secondo comma dell’articolo 4 – aggiunge l’avvocato Costantino - prevede l’adozione di un provvedimento per la promozione di specifiche politiche attive che assicurino, ad ogni persona guarita da una patologia oncologica, uguaglianza di opportunità nell'inserimento e nella permanenza al lavoro, nella fruizione dei relativi servizi, e nella riqualificazione dei percorsi di carriera e retributivi”.
Viene così riconosciuto non soltanto il diritto di dimenticare, ma soprattutto quello di vedersi riconosciuta uguaglianza di opportunità nell’inserimento e nella vigenza del rapporto di lavoro, in ossequio al principio di uguaglianza formale e sostanziale sancito dall’art. 3 della Costituzione. Molte persone guarite da patologie oncologiche, evidenzia infatti l’esperto, sono destinatarie, loro malgrado, di quello che si può definire mobbing strategico, fatto di demansionamenti progressivi, esclusione da procedure di selezione o promozioni negate. Una discriminazione indiretta che mette alcuni lavoratori in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altri.
In definitiva, la nuova proposta di legge, mediante l’ampliamento di tutela da essa previsto, mira a eliminare questo genere di problematiche favorendo, per coloro che hanno affrontato e superato questo genere di patologie, un percorso lavorativo sereno, scevro da strascichi appartenenti al passato.