Studi e Analisi
Cara Giorgia, alla sanità servono almeno 5 miliardi per evitare il collasso
di Grazia LabateCara Presidente del Consiglio metta nel suo taccuino un’ora di sopralluogo in un ospedale o all’istituto tumori e si renderà conto che non si può sfuggire dalla realtà.
Nonostante il piccolo aumento del finanziamento del Servizio sanitario nazionale (SSN) (2,15 miliardi per il 2023, 2,3 per il 2024 e 2,6 dal 2025), il potenziamento del sistema sanitario, che tutti avevano detto assolutamente necessario, dopo la vicenda Covid, che aveva messo in evidenza le forti criticità di sistema a partire dalle risorse umane, neanche con questa legge di bilancio si riesce a farvi fronte. La spesa sanitaria programmatica e le previsioni tendenziali contenute nella NADEF, ci danno la triste notizia che essa si riduce fino al 6,1 per cento del PIL nel 2025, un valore inferiore anche rispetto al periodo pre-pandemico (6,4 per cento nel 2019), rispetto a una media UE del 7,9 per cento.
Lilia Cavallari, Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) lo ha evidenziato esplicitamente intervenendo davanti alle Commissioni bilancio di Camera e Senato riunite in seduta congiunta.
Ha addirittura sottolineato come la carenza di personale, assuma oggi i profili di una vera e propria emergenza nazionale.
Il problema riguarda soprattutto gli infermieri ed alcune categorie di medici, tra cui anestesisti e specialisti di emergenza-urgenza.
Lo stato dei pronto soccorso è rivelatore della insostenibilità della situazione e c’è da domandarsi che succederà con l’accoppiata Covid + influenza, che rischia di far collassare il sistema.
Per il personale medico, gli stipendi non sono stati adeguati nel tempo e l’indennità specifica per il pronto soccorso non viene ancora corrisposta, mentre vanno diffondendosi forme contrattuali a prestazione, diverse dal lavoro dipendente, mediate da società cooperative, con aumenti dei costi e con un impatto sfavorevole sull’organizzazione dei servizi e delle prestazioni. Questa situazione è la cartina di tornasole, che sta maturando sempre più l’idea, soprattutto tra i giovani medici, che sia molto meglio esercitare la libera professione nel privato e lavorare a chiamata e prestazioni nel pubblico, poiché il guadagno è molto più elevato che fare il lavoro dipendente nel SSN.
Inoltre L’estensione del regime forfettario per i lavoratori autonomi prevista dalla manovra finanziaria potrebbe fare da acceleratore per incentivare del tutto l’opzione per la libera professione nel privato”.
Di fronte a tutto ciò, la mancanza di indicazioni sui contratti del pubblico impiego e il fatto che l’aumento dell’indennità di pronto soccorso arriverà solo dal 2024, mettono a rischio la possibilità che il SSN possa essere rafforzato, mentre sono ancora in corso ondate di contagi da COVID-19, le liste d’attesa che si allungano nonostante gli sforzi per recuperare le prestazioni rinviate a seguito della Pandemia.
Inoltre l’erogazione dei nuovi livelli di assistenza determinati nel 2017 non è ancora pienamente attuata e gli investimenti del PNRR richiederanno un incremento, sia pure progressivo, delle spese per la gestione dei nuovi servizi.
Le regioni sono in affanno, si profila un disavanzo sanitario anche a seguito del caro bollette e per i buchi di sistema che richiedono nuovi interventi, anche nel corso del 2023, se non vogliamo che si aprano voragini insanabili.
Invochiamo Giorgia, donna, madre e cristiana a metterci non come lei direbbe una pezza, ma a fare un gesto di giustizia sanitaria chiamando al tavolo della responsabilità la solidarietà d’impresa o il valore sociale dell’imprenditoria dei super profitti energetici.
Si faccia dare 5 miliardi a titolo di solidarietà per la salute di tutti i cittadini, in modo che il SSN non collassi, ricordando a tutti che senza la salute per tutti, non ne usciamo né con la crescita, né con il lavoro, né con l’ombrello europeo.
I grandi Ospedali del nostro paese nascono e si espandono in virtù delle grandi donazioni e dei grandi lasciti o da parte della chiesa, o da parte delle potenti famiglie nobili, o dei grandi industriali che nella storia e nel tempo sono stati oblativi, perché scienza e coscienza potessero andare avanti, curando curabili ed incurabili, perché si rendevano conto che la salute dell’uomo andava tutelata.
Gli ospedali nacquero nell'Impero romano d'Oriente (o bizantino) con la diffusione del Cristianesimo: non esisteva infatti un sistema organizzato di sanità pubblica nell'Antichità classica occidentale. I precursori degli ospedali in Occidente sono stati i templi egizi dedicati a Iside e Serapide e quelli greci dedicati ad Esculapio: questi templi erano presenti in antichità anche nella penisola italica, ad esempio nel III secolo a.C. sull'Isola Tiberina a Roma sorse un tempio dedicato ad Esculapio come risposta ad un'epidemia.
Alcuni decenni dopo, intorno al 390, avvenne la fondazione del primo nosocomio a Roma ad opera della matrona Fabiola. Matrona romana cristiana della fine del sec. IV. Che dedicò la sua vita alla beneficenza e all’ascetismo, ed erogò le sue grandi ricchezze ai poveri. La diffusione degli ospedali in Europa cominciò nell'Alto Medioevo in ambito cristiano con l'obiettivo principale di facilitare l'avvento dei pellegrini a Roma. In questo contesto, tra i più antichi ospedali d'Europa ancora operante è l'Ospedale di Santo Spirito in Sassia a Roma, le cui origini si possono indicare nell'VIII secolo, epoca della fondazione della Schola Saxonum nell'area di Borgo Pio ad opera del sovrano sassone Ine del Wessex.
Oggi come ieri, occorre fare appello a tutte le energie, soprattutto a quelle che nella crisi energetica, generatasi da una guerra all’occidente senza precedenti, hanno fatto affari. Diamo un fine utile a questa ricchezza in termini redistributivi. Disponiamo che sia utilizzata come solidarietà materiale per la salute di tutti.
Grazia Labate
Ricercatrice in economia sanitaria , già sottosegretaria alla sanità