E’ in distribuzione nelle librerie e in internet il mio nuovo libro “
La scienza impareggiabile, medicina medici malati” (Castelvecchi editore)
Per me un lavoro lungo oneroso non facile che va avanti su una strada in salita e piena di ostacoli e che agli occhi di molti onesti “sanitaristi” appare, molto poco attraente, ma solo perché diciamoci la verità, a costoro pone seri problemi di cambiamento.
Continuo a credere, soprattutto dopo le leggi di controriforma degli anni ‘90 e dopo il PNRR, che noi della sanità ormai siamo diventati un popolo di ex-riformatori e di contro-riformatori. Un gigantesco esercito di solerti funzionari dello status quo.
Il libro pone prima di tutto due questioni politiche fondamentali.
Da quando abbiamo fatto la riforma nel ‘78 abbiamo rigorosamente separato, fino a strutturare una vera e propria dicotomia, la sanità dalla medicina facendo sostanzialmente una riforma del sistema sanitario, a medicina invariante, delegando la sanità alla politica a la medicina alla scienza. La politica sino ad ora di medicina non si è mai sostanzialmente interessata.
Oggi con tutto quello che è accaduto e sta accadendo in questa società, come è possibile tenere separati i problemi della sanità da quelli della medicina? Oggi come è possibile ridurre quindi semplificare le complessità enormi che ha la medicina scientifica nel nostro tempo, a problemi solo sanitari? Oggi dopo la pandemia, come è possibile che la scienza sia solo un problema solo della scienza?
Oggi le professioni mediche sanitarie proprio a causa della medicina che non cambia mai, sono in crisi. Come è possibile affrontare queste crisi senza affrontare il nodo strategico della medicina, dei suoi modi di far e della riforma delle prassi?
Bisogna essere ciechi o disonesti per non vedere che oggi la nostra società non chiede più solo sanità quindi solo “il servizio” la “prestazione”, ma chiede, soprattutto, un’altra medicina, altre modalità, altre relazioni, un altro genere di pratica medica, una idea più moderna di scienza e rispetto alle complessità del bisogno chiedono altre euristiche e ovviamente ben altre università.
Come è possibile che, ancora oggi, la questione di una medicina adeguata alle complessità dei malati non alle complicazioni della malattia ,non sia ancora nell’orizzonte riformatore della politica?
La nostra medicina scientifica dietro la vetrina luccicante della scienza ha enormi questioni irrisolte e un mucchio di scheletri nell’armadio. Per certi versi ancora oggi siamo fermi a Cartesio cioè a vecchi modi di ragionare.
Abbiamo a chiacchiere sostituito “malattia” con il “malato” ma di fatto il nostro malato resta più che mai una sostanza organica e per giunta relativa ad una idea di natura ampiamente superata prima di tutto proprio dalla scienza moderna. A tutt’oggi siamo complessità per definizione ma una vera medicina della complessità non esiste.
E poi ci meravigliamo se i pazienti sono diventati esigenti e gli esigenti sono diventati esitanti e se il fenomeno del disincanto nei confronti della scienza, in questa società, continua a crescere. Possibile mai che ancora non abbiamo capito che l’uso della scienza oggi in medicina è diventato un enorme problema politico? Ormai la nostra preziosa scienza è evidente che nella società dei diritti ha perduto la sua storica dogmaticità.
Il libro fa una operazione che nessuno ha mai fatto prima e che però senza la quale non andiamo da nessuna parte.
La domanda da cui sono partito è semplice: come faccio a dire che la medicina è in crisi o ha dei problemi o deve essere cambiata se prima non definisco cosa è effettivamente la medicina.
Per alcuni la medicina è una disciplina scientifica, per altri è una tecnica, per altri è addirittura un’arte , per altri ancora è solo clinica, per altri è l’azienda in cui si lavora ecc.
In realtà, dico io, la medicina è una scienza impareggiabile cioè una scienza che dal punto di vista epistemico non ha pari, fatta da diversi generi specie tipi e forme di conoscenza (quella principale è quella scientifica) con un grado di complessità epistemica soprattutto oggi tra i più alti e che si regge su un antico impianto concettuale fatto da un paradigma al quale nel tempo si è aggiunta una dottrina, quindi una disciplina e infine una prassi.
Il libro dimostra due cose:
• che nell’impianto concettuale della nostra medicina ufficiale oggi esistono grosse aporie e rilevanti contraddizioni quindi rilevanti problemi di coerenza interna;
• che tra l’impianto concettuale della medicina e la società nel suo complesso, esistono significativi bias che ci spiegano un mucchio di fenomeni negativi noti (che non cito).
Da questa doppia analisi se ne ricava l’unica cosa sensata che secondo me si possa fare e cioè rimboccarsi le maniche per rimuovere i bias, le aporie e le contraddizioni. Cioè per ripensare l’impianto perché è inutile nasconderci le difficoltà e far finta di niente oggi il problema vero non sono i dettagli ma è l’impianto. Quello che abbiamo, per tante ragioni intuibili, non funziona più come prima.
Ed è questa la vera ragione per la quale sostengo con convinzione che oggi la medicina molto prima della sanità è la vera questione politica.
Infine il libro avanza una proposta di riforma che a mio parere da sola risolverebbe gran parte dei problemi dei medici, delle professioni, delle prassi, dei servizi.
Anche in questo caso io parto da un paio di ragionamenti semplici:
• se la medicina è una scienza impareggiabile, lo è perché il suo alto grado di complessità ci obbliga ad usare le verità scientifiche (i famosi a priori) integrando, caso per caso, tali verità con le conoscenze empiriche, relazionali, contestuali in possesso del medico e del malato;
• se la medicina è una scienza impareggiabile lo è principalmente perché la complessità di cui parliamo da sola non può stare in un apriori, cioè essa è più grande dell’a priori, ma questo vuol dire che per la prima volta l’apriori deve fare spazio all’autonomia intellettuale del medico cioè deve fare spazio ad un pensiero di tipo discrezionale.
Oggi il medico o l’operatore che dir si voglia per ragioni di complessità e soprattutto per il bene del malato (per essere maggiormente adeguato non appropriato al malato) deve integrare l’apriori che usa, con una conoscenza aggiuntiva che solo lui sul posto può garantire.
Ma se questo è vero allora io dico che se la medicina è una scienza impareggiabile allora gli operatori della medicina per ragioni prima di tutto epistemiche e solo epistemiche sia chiaro, devono avere uno statuto giuridico impareggiabile.
Questo statuto giuridico deve certo prescrivere al medico, come ha sempre fatto per secoli, cosa “deve fare” ma deve nello stesso tempo riconoscergli cosa “può fare”, in certe circostanze e in certi casi naturalmente con le necessarie garanzie, perché nella vera complessità si naviga normalmente a vista.
Per fare questo ci serve un medico formato alla complessità che ragionevolmente e responsabilmente sappia usare il pensiero discrezionale di cui il governo della complessità, necessita.
Oggi l’unico che a certe condizioni può garantire il governo della complessità in medicina è il medico.
Mi dispiace per i proceduralisti (EBM), ma sfido chiunque a definirmi una procedura impareggiabile. Una procedura impareggiabile non esiste. Questo vuol dire semplicemente accettare il principio che la complessità non si governa solo con gli a priori ma si governa prima di tutto con i medici. Cioè la complessità si governa solo con la complessità.
Ma siccome leggo a volte su questo giornale proposte di riconoscere alla professione medica uno statuto giuridico non impareggiabile ma “speciale” (vecchia proposta dei medici ospedalieri che anni fa chiedevano di essere parificati ai magistrati) vorrei chiarire a scanso di equivoci che per me lo statuto dei medici (e non solo) dovrebbe essere:
• impareggiabile (non speciale);
• i medici e gli altri, per prima cosa per essere giuridicamente impareggiabili dovrebbero garantire a questa società e ai suoi cittadini una scienza impareggiabile.
La sfida politica, quindi è
La scienza impareggiabile, la vera sfida del nostro tempo.
Se la medicina non si impegna nei confronti di questa società ad essere impareggiabile cosa ci guadagna il malato?
Mi auguro quindi che leggiate il mio libro e che mi diate man forte in questa difficile certo ma necessaria battaglia riformatrice
Ivan Cavicchi