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QS Edizioni - sabato 23 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Patologie cardiache. Il ritmo circadiano predice il rischio di attacchi di cuore

immagine 26 febbraio - Non solo provoca il Jet Lag in caso di viaggi in luoghi molto lontani, ma potrebbe anche aumentare la probabilità di attacco cardiaco letale. Così l’orologio interno dei topi scandisce la percentuale di rischio di infarto. E i ricercatori vogliono scoprire se succede la stessa cosa negli uomini.
Morire di un attacco cardiaco improvviso nel primo pomeriggio è improbabile. O meglio, è meno probabile che di sera o, ancor più, di mattina. La scoperta è stata fatta da un team di ricerca della Case Western Reserve University, che ha analizzato in che modo fluttuano i livelli di una particolare proteina che controlla il ritmo cardiaco e che sarebbe indice del rischio di morire per gravi aritmie. Il lavoro che ne parla è stato pubblicato su Nature.
 
Il funzionamento del corpo è scandito da una sorta di tabella temporale, conosciuta come ritmo circadiano, che si ripete ogni giorno simile a se stessa. Questo ‘orologio interno’ è quello che mantiene il corpo sincronizzato con l’ambiente circostante, e che causa il cosiddetto Jet Lag, ovvero la confusione o il sonno che si presentano quando si fa un viaggio in un posto con un fuso orario molto diverso da quello in cui si vive. Il fatto che il corpo sia ‘fuori sincro’ può dunque provocare dei disturbi.
Ma il ciclo circadiano agisce anche sull’espressione di alcune proteine nell’organismo, oltre che sulla stanchezza. In particolare, i ricercatori statunitensi hanno osservato come l’orologio interno del corpo controlli anche come si alzano e abbassano i livelli della proteina Klf15 (kruppel-like factor 15), che influenza i canali ionici nelle cellule e dunque il ritmo cardiaco.
Gli scienziati hanno anche osservato che sia i topi geneticamente modificati per produrre Klf15 in eccesso che quelli affatto in grado di produrla, presentavano una probabilità maggiore di sviluppare disturbi letali del ritmo cardiaco. Allo stesso modo, il rischio presentava un picco la mattina, per poi ritornare normale e rialzarsi solo la sera. “I canali ionici hanno a che fare con la stabilità elettrica del cuore”, ha spiegato Darwin Jeyaraj, della Case Western Reserve University School of Medicine. “Questo studio ci spiega in maniera un po’ più dettagliata come funzionano quelle variazioni nel battito cardiaco e quelle aritmie che conosciamo così bene nella pratica clinica”.Chiaramente, i ricercatori precisano che ci sono numerose differenze tra il funzionamento del cuore di un topo e quello di un essere umano, dunque non è detto che lo stesso meccanismo si verifichi anche nell’uomo.
 
I ricercatori sono comunque ottimisti:“Stiamo ancora grattando via solo la superficie – ha spiegato Mukesh Jain, ricercatore che ha lavorato allo studio – potrebbe darsi che grazie ad ulteriori studi scopriremo nuovi metodi di approccio, prognosi e trattamento dei disturbi cardiaci basati proprio sul ciclo circadiano”.
In particolare, fanno sapere gli scienziati che hanno lavorato allo studio, si potrebbe cambiare le abitudini cliniche in modo che queste vengano adattate in base alle maggiori o minori percentuali di rischio. “Ad esempio, semplicemente tarando i farmaci per la pressione in modo che vengano rilasciati gradualmente durante la mattinata, quando il pericolo è maggiore”, ha spiegato Michael Hastings, Medical Research Council's Laboratory of Molecular Biology. “Se ci si pensa è così semplice”.
 
Laura Berardi
26 febbraio 2012
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