Il Registro Nazionale delle Coagulopatie Congenite emorragiche è un registro, attivo dal 2005 presso l’Istituto Superiore di Sanità, caratterizzato dalla rilevazione sistematica e continua di informazioni relative allo stato di salute e ai trattamenti terapeutici dei pazienti affetti da emofilia, malattia di von Willebrand e altri disturbi più rari della coagulazione.
L’emofilia è la coagulopatia emorragica più conosciuta, è una malattia di origine genetica, trasmessa per via femminile che colpisce quasi esclusivamente i maschi poiché il gene difettoso è localizzato sul cromosoma X ed il maschio non possiede un’altra copia normale in grado di produrre una quantità di fattore della coagulazione sufficiente ad assicurare un’efficiente emostasi avendo un solo cromosoma X mentre nella femmina questo è doppio. Esistono due forme di emofilia: l’emofilia A e l’emofilia B; la prima è dovuta a un deficit del Fattore VIII della coagulazione, la seconda a un deficit del Fattore IX. Chi è affetto da questa malattia è soggetto a emorragie che possono dar luogo a manifestazioni molto varie, da ecchimosi ed ematomi di dimensioni contenute a sanguinamenti articolari molto dolorosi e invalidanti fino a emorragie imponenti che possono mettere a rischio la vita del paziente. In mancanza di storia familiare della malattia, i primi segnali di emofilia grave si hanno intorno all’anno di vita: si tratta soprattutto di lividi, dovuti a piccole emorragie sottocutanee, ma possono anche essere sanguinamenti muscolari che producono tumefazioni dolorose che impediscono al bambino i normali movimenti degli arti colpiti.
Nel Registro Nazionale delle Coagulopatie Congenite, risultano in Italia più di 5.000 persone con emofilia. Più precisamente, nell’ultima rilevazione 2017, sono 4.179 i pazienti affetti da emofilia A e 898 quelli affetti da emofilia B. In base ai dati ISTAT sulla popolazione italiana, risulta che la prevalenza per l’emofilia A è di 6,9/100.000 abitanti e per l’emofilia B di 1,5/100.000 abitanti.
Tra i pazienti bisogna fare una distinzione in base alla gravità della patologia: per l’emofilia A il 44,3% dei pazienti è rappresentato da individui con la forma A grave (N=1.850), il 13,7% con la forma A moderata (N=572) e il 42,0% con la forma A lieve (N=1.757); per l’emofilia B il 35,0% dei pazienti è affetto dalla forma B grave (N=314), il 21,2% dalla forma B moderata (N=190) e il 43,9% dalla forma B lieve (N=394).
Il Registro è alimentato dai dati forniti dai medici specialisti che lavorano presso i Centri Emofilia presenti sul territorio italiano (11 nel Nord-Ovest, 16 nel Nord-Est, 8 nel Centro, 14 nel Sud e 5 nelle Isole) e che, per la maggior parte, fanno parte dell’Associazione Italiana Centri Emofilia (AICE). I dati forniti riguardano non solo l’epidemiologia delle coagulopatie emorragiche ma anche i trattamenti terapeutici, le complicanze della terapia e i consumi dei farmaci che si utilizzano per il trattamento dei pazienti.
La terapia elettiva dell’emofilia è quella sostitutiva che prevede la somministrazione “a domanda”, in caso di sanguinamento in atto, o “in profilassi”, rivolta alla prevenzione dei sanguinamenti, di un concentrato di fattore VIII o IX (di derivazione plasmatica o ricombinante). Dai dati del Registro risulta che il regime terapeutico più utilizzato per il trattamento dei pazienti affetti da emofilia grave è la terapia in profilassi, adottata nell’86,8% dei pazienti con emofilia A grave e nell’81,4% dei pazienti con emofilia B grave. La somministrazione “a domanda” del concentrato di fattore carente è invece il trattamento di scelta per le emofilie moderate e lievi.
L’evento avverso più importante nel trattamento dei pazienti con emofilia consiste nello sviluppo di anticorpi anti-FVIII e anti-FIX (inibitori). La presenza di inibitori rende inefficace il trattamento con la terapia sostitutiva convenzionale, con conseguente minor controllo degli episodi emorragici. Nel 2017, 135 pazienti sono stati sottoposti ai trattamenti raccomandati in caso di inibitore, di questi l’85,2% è costituito da pazienti con emofilia A grave e il 7,4% da pazienti con emofilia B grave. Lo sviluppo degli anticorpi inibitori compromette la qualità della vita dei pazienti e ha un impatto significativo sulla gestione terapeutica del paziente oltre a comportare un aumento marcato del costo della terapia.
Grazie all’efficacia delle procedure di inattivazione virale dei farmaci di derivazione plasmatica e all’avvento dei prodotti ricombinanti, utilizzati nella terapia sostitutiva, si è praticamente azzerato il rischio che il trattamento sostitutivo provochi l’infezione da virus HIV e HCV nei pazienti emofilici. I dati del Registro lo confermano, infatti i pazienti positivi all’HCV presenti nella rilevazione 2017 sono 1.224, (di cui 169 positivi anche all’HIV) ma solo 5 nella popolazione pediatrica (età ≤18 anni), e tutti di origine straniera, trattati con prodotti plasmatici nei loro paesi di origine prima di essere seguiti presso i Centri Emofilia italiani.
L’importanza dei registri, nell’ambito delle malattie rare, come strumento di monitoraggio epidemiologico e di farmacovigilanza è ormai indiscussa. In Italia, un sistema di sorveglianza dei pazienti con malattie emorragiche era stato implementato in ISS alla fine degli anni ottanta, in collaborazione con AICE, allo scopo di rilevare le infezioni virali nella popolazione emofilica. Nel corso degli anni, l’obiettivo del Registro è cambiato e attualmente il Registro Nazionale Coagulopatie Congenite, che fa parte dei sistemi di sorveglianza e registri di patologia istituiti ufficialmente dal DPCM 3 marzo 2017 presso l’Istituto Superiore di Sanità, fornisce i dati epidemiologici sulla prevalenza delle coagulopatie emorragiche congenite in Italia, sulle complicanze delle terapie e sui consumi dei farmaci che si utilizzano per il trattamento dei pazienti.
Esso è inserito nel “Registro dei Trattamenti dei dati personali” dell’ISS, in osservanza al Regolamento Europeo Generale sulla protezione dei dati personali e alla normativa italiana di recepimento.
Adele Giampaolo
Responsabile del Registro Nazionale Coagulopatie Congenite dell’Istituto Superiore di Sanità