Sclerosi multipla. La terribile malattia che colpisce il sistema nervoso centrale, associata ad alterazioni nel sistema immunitario in parte riconducibili a predisposizione genetica, ma i cui marcatori non sono ancora stati identificati, non in maniera accurata e facilmente misurabile. Fino ad oggi. In una
ricerca innovativa, pubblicata su Journal of Autoimmunity e condotta da ricercatori del San Raffaele di Milano, grazie all’utilizzo di un approccio di “medicina di genere”, sono stati identificati biomarkers specifici per la patologia, ottenibili mediante un semplice prelievo di sangue.
Per ottenere questi risultati, gli scienziati italiani hanno dovuto valutare più di 20.000 geni nel sangue di pazienti con sclerosi multipla (SM). Questi profili sono poi stati confrontati con quelli di donatori sani, ma con un approccio del tutto innovativo: per la prima volta l’analisi statistica e bioinformatica dei dati ha tenuto conto del genere maschile o femminile del malato. “È un lavoro molto innovativo – ha spiegato
Cinthia Farina, responsabile del laboratorio di Immunobiologia delle Malattie Neurologiche presso l’Istituto di Neurologia Sperimentale INSpe del San Raffaele – poiché per la prima volta è stato usato nell'analisi di genomica funzionale un approccio di “medicina di genere”, quella specialità della medicina che si occupa delle differenze nella fisiopatologia tra donne e uomini.”
È proprio così che sono emerse le due osservazioni più interessanti dello studio. La prima si riferisce ai geni associati al sesso: la sclerosi multipla sarebbe caratterizzata da diversità significative sia nella quantità che nel tipo di geni espressi nel sangue degli uomini e delle donne. La patologia quindi stravolgerebbe il normale mantenimento delle differenze di genere nel sangue.
Una seconda osservazione emerge invece dal confronto tra i geni espressi nella popolazione sana e malata. Sono state infatti identificate delle “firme molecolari” associate alla patologia diverse negli uomini e donne con sclerosi multipla. Come dei “codici a barre” distinti, che hanno però fornito informazioni sugli stessi processi biologici sottesi alla malattia: analisi bioinformatiche “in silico” hanno permesso di ipotizzare un nuovo meccanismo patogenetico legato alla trascrizione genica dipendente dal fattore SP1, proteina che regola l’espressione dei geni nelle prime fasi dello sviluppo. L'esistenza di un inibitore farmacologico specifico per SP1 ha consentito di svolgere esperimenti in vitro ed in vivo nel modello della sclerosi multipla. Nell’animale l’inibizione di SP1 sembrerebbe migliorare in maniera significativa il decorso della malattia.
“L’approccio di genere ci ha consentito di ottenere marcatoriin grado di distinguere in maniera molto precisa i malati dalla popolazione sana”, ha spiegato ancora Farina. “In altre parole, andando avanti nella ricerca sarà possibile, un domani, capire da un prelievo di sangue se una persona è affetta da sclerosi multipla oppure no. Inoltre, l’utilizzo di vari approcci bioinformatici e di biologia dei sistemi ha permesso di andare oltre la presenza di singoli geni come marcatori della patologia, e di decifrare informazioni biologiche complesse che risultano dall’interazione di questi marcatori tra loro.”
La ricercatrice ha poi concluso aprendo a future possibilità per la cura della malattia. “Queste interazioni non erano sinora altrimenti ipotizzabili con le tecniche tradizionali di indagine. Tali informazioni potranno essere utili per lo sviluppo di nuovi protocolli terapeutici”.