Malattie e farmaci multipli: un problema crescente nell’Italia che invecchia. Spesso con più di una patologia (ipertensione, osteoporosi, polmonite, inefficienza cardiaca e altro) gli anziani sono pazienti complessi che richiedono una politerapia: sono più dell’80% quelli che assumono contemporaneamente 5 o persino più farmaci. E proprio gli effetti collaterali derivanti da terapie inappropriate, risultano essere la quinta causa di morte per gli anziani negli ospedali. Queste le conclusione dello studio “Reposi”, condotto dal 2008 su più di 3.000 pazienti anziani di 70 reparti di Medicina Interna e Geriatria di tutta Italia e presentato al 112° congresso nazionale Simi.
“Le prescrizioni, a causa dell’assunzione di farmaci multipli, sono spesso incompatibili e quindi foriere di effetti collaterali gravi – ha ricordato Francesco Violi, presidente Simi, e direttore della I Clinica Medica al Policlinico Umberto I di Roma -. Per questo, le politerapie sono notoriamente una causa frequente di morbilità e mortalità negli ospedali”.
Un problema che diventerà sempre più imponente con il progressivo invecchiamento della popolazione. Secondo i dati Onu, gli ultra 65enni, ora il 25% (14 milioni) in Italia, nel 2040 supereranno il 30% e i 3 milioni di ultra 80enni di oggi nel 2050 saranno triplicati.
Purtroppo, non esistono studi o ricerche su pazienti polipatologici anziani, ma solo sui monopatologici. Nelle sperimentazioni cliniche i farmaci sono ancora testati soltanto su soggetti giovani, affetti quasi sempre da una sola malattia a carico di un unico organo e apparato, ma poi si somministrano principalmente agli anziani complessi, con malattie multiple concomitanti, sui quali non è affatto dimostrato che siano altrettanto efficaci.
“Molte prescrizioni ai farmaci multipli risultano ingiustificate nell’anziano e gli effetti collaterali delle terapie non appropriate sono la 5ª causa più frequente di mortalità ospedaliera”, ha spiegato Pier Mannuccio Mannucci, professore ordinario dell’Università Statale di Milano e direttore scientifico della Fondazione Irccs Ospedale Maggiore di Milano. “Per fare qualche esempio – ha proseguito - negli anziani con la fibrillazione atriale (il 10%, 700-800 mila persone) non viene fatta la terapia anticoagulante che previene l’ictus perché si ha paura delle emorragie, quindi sarebbe necessario un farmaco diverso”.
“Gli antidepressivi di cui normalmente le persone anziane fanno largo uso – ha precisato Mannucci - aumentano il rischio cardiovascolare, oltre a quello di far perdere l’equilibrio per i giramenti di testa e quindi di provocare cadute e fratture di femori e quant’altro”.
L’Unione Europea, consapevole del problema, ha previsto nell’attuale e nei futuri programmi quadro molti bandi di ricerca su questo tema. Secondo Mannucci, il nostro Paese ha “tutte le carte in regola per affrontare con successo la competizione internazionale”.