(Reuters Health) – La sindrome da apnee notturne è una patologia comune, in particolare tra i pazienti che portano un pacemaker e potrebbe provocare patologie cardiovascolari. Per approfondire se il pacemaker poteva essere utile alla diagnosi,
Margarida Dias e colleghi hanno condotto uno studio su 54 pazienti ai quali è stato impiantato un pacemaker di nuova generazione tra il 2015 e il 2016. Ogni paziente ha compilato poi un questionario per fornire dati demografici e antropometrici, tra cui la dipendenza dal fumo, le malattie cardiache e i sintomi della sindrome, come il russare, il sonno inquieto o l’eccessiva sonnolenza diurna.
I pazienti, inoltre, hanno trascorso una notte in laboratorio per sottoporsi a polisonnografia. Per la diagnosi, dovevano soffrire di almeno cinque eventi respiratori in un’ora. I ricercatori portoghesi hanno classificato la gravità sulla base del numero di eventi. In particolare, l’apnea era lieve quando c’erano meno di 15 eventi l’ora, moderata quando si manifestava con 15-30 eventi l’ora e grave se si verificavano più di 30 eventi in un’ora.
I risultati
Nel 74% dei pazienti è stata diagnosticata la sindrome da apnee notturne, di cui un 20% in forma grave, un 19% in forma moderata e un 35% in forma lieve. Oltre a russare, la gran parte dei pazienti non aveva sintomi. Grazie al pacemaker, Dias e colleghi hanno identificato tutti i pazienti con apnee tranne due, che soffrivano di una forma leggera. Inoltre, l’apparecchio sarebbe riuscito a valutare correttamente la gravità della patologia nel 39% dei pazienti. “La polisonnografia è il test principale per la diagnosi, ma è costoso e richiede tempo”, spiega Dias “La nuova generazione di pacemaker potrebbe essere utile nello screening dei pazienti che hanno l’apparecchio impiantato e sono spesso asintomatici”.
Fonte: Sleep Medicine
Rita Buckley
(Versione Quotidiano Sanità/Popular Science)