toggle menu
QS Edizioni - sabato 23 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Quando il controllore è anche controllato. Il caso Astra Zeneca 

di Marco Landucci
immagine 10 luglio - Il Tar del Piemonte si è espresso recentemente in merito alla possibilità o meno della AUSL di “risparmiare” su una classe di farmaci, le statine, seguendo il criterio del prezzo più basso a favore dei farmaci “equivalenti”. La sentenza del tribunale amministrativo è destinata ad aprire scenari di dibattito molto interessanti. Una riflessione dell'Istituto Bruno Leoni sul caso Astra Zeneca-Regione Piemonte
Quis custodiet ipsos custodes? Chi controlla i controllori?  La vecchia locuzione latina sintetizza bene la riflessione che Silvio Boccalatte, fellow dell’Istituto Bruno Leoni, ha fatto su IBL Focus, la newsletter dell’Istituto, nell’articolo dal titolo Risparmiando ad ogni costo?

La vocazione pubblicistica e universalistica del nostro SSN – uno dei pochi al mondo a conservarla ancora integra – ha un riflesso sulla spesa pubblica: più di 115 miliardi di Euro sono destinati ad alimentare le casse del Servizio Sanitario. 115 miliardi su 800 complessivi destinati alle attività statali pubbliche (scuola, Pubblica Amministrazione, ecc). L’entità della spesa pubblica sanitaria impone e ha imposto agli amministratori l’adozione di misure, ordinarie e straordinarie, per contenerla.

Una delle misure maggiormente implementate è quella dell’utilizzo dei farmaci “equivalenti”, ovvero farmaci che si sono rivelati efficaci come quelli già in commercio, ma offerti al pubblico a prezzi decisamente più bassi. Questa ed altre forme di contenimento della spesa farmaceutica hanno spinto le Regioni ad attivare incentivi per i direttori generali delle AUSL affinché adottino iniziative in questo senso. Incentivi che, spesso, conoscono anche una declinazione contrattuale negli obiettivi di risparmio di spesa farmaceutica dei dirigenti. Obiettivi che, se non conseguiti, possono avere serie ripercussioni sul rapporto di lavoro tra l’Azienda Sanitaria e il dirigente, fino alla risoluzione del rapporto di lavoro.

Il caso AstraZeneca – Regione Piemonte
Il 16 maggio 2016 la Regione Piemonte individuava, per i direttori generali, un obiettivo di contenimento specifico della spesa farmaceutica: nel quadro più ampio dell’appropriatezza prescrittiva, in riferimento alle statine, ogni singola azienda doveva ridurre di almeno il 70% lo scostamento tra il proprio costo medio per confezione e quello di riferimento, ovvero registrato nell’Azienda Sanitaria di riferimento con la spesa più bassa. Il mancato ottenimento di questo obiettivo veniva considerato dall’azienda “un grave inadempimento contrattuale”, con conseguente decadenza dei direttori generali inadempienti.

Per non conseguire l’obiettivo, i direttori generali avrebbero imposto ai medici delle ASL di prescrivere in modo pressoché automatico il farmaco meno costoso della categoria statine, senza alcun’altra valutazione tec¬nica o terapeutica.
AstraZeneca ha individuato nell’indicazione della Regione Piemonte una fattispecie di ricorso al Tar. Secondo l’azienda farmaceutica ricorrente, mediante la deliberazione di giunta, la Regione Piemonte ha implicitamente effettuato una valutazione di equivalenza tra la rosuvastatina – il prodotto di AstraZeneca con il nome commerciale di Crestor - e le altre statine. Una valutazione che, a sua volta, delinea cinque profili distinti di ricorso:

1) Il giudizio di equivalenza terapeutica tra la rosuva¬statina e le altre statine presenti in commercio sarebbe illegittimo, perché tale valutazione è riservata alla competenza dell’AIFA;

2) La deliberazione della giunta sarebbe illegittima, per eccesso di potere e difetto di motivazione a fondamento della valutazione di equivalenza tra i diversi principi attivi in questione;

3) La deliberazione della giunta lederebbe il principio della libertà prescrittiva del medico;

4) La deliberazione della Giunta violerebbe il principio della continuità terapeutica dei pazienti già trattati mediante la rosuvastatina;

5) L’atto sarebbe irragionevole, in quanto legherebbe la valutazione dei direttori generali a un parametro del tutto inadeguato come quello del costo medio per confezione di farmaco.

Il Tar Piemonte accoglie pienamente il ricorso, ribadendo tre principi fondamentali.

1) Esclusività dell’AIFA in materia di valutazione di equivalenza terapeutica dei farmaci
Il giudice amministrativo, in primo luogo, riconosce che, mediante la deliberazione in questione, la giunta regionale ha effettuato illegittimamente un giudizio di equivalenza tra la rosuvastatina e le altre statine. In base all’articolo 117 Cost., lo Stato ha il compito di determinare i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie, cui va ricondotta certamente la fornitura di medicinali in classe A, il cui godimento va assicurato su tutto il territorio della Repubblica, in condizioni di eguaglianza. L’AIFA è espressione diretta di questo potere statale: ha quindi la competenza esclusiva in materia di valutazione dell’equivalenza terapeutica dei farmaci.  Nella fattispecie, l’AIFA non ha ritenuto che la rosuvastatina sia sovrapponibile alle altre statine: al contrario, in una sua nota l’Agenzia richiede ai medici di prescrivere questo principio attivo solo nei casi in cui il trattamento con le altre statine non dia ex ante sufficienti garanzie di ottenere il risultato terapeutico atteso, oppure quando, ex post, le cure con le altre statine si siano rivelate inefficaci o insufficienti.

2) Libertà di prescrizione del medico secondo “scienza ed esperienza”
Secondo il giudice amministrativo nell’ordinamento vige il principio generale secondo il quale il medico è libero nel poter prescrivere il farmaco che, per sua scienza ed esperienza, ritiene essere quello più adatto alle condizioni patologiche del suo paziente. La regione può limitare questa libertà in funzione di altre esigenze, quali possono essere quelle del contenimento della spesa, solo se risulti scientificamente provata “l’equivalenza terapeutica tra medicinali basati su diversi principi attivi”: una limitazione di tal fatta deve però essere sorretta da motivate e documentate valutazioni dell’AIFA, in caso contrario ciò costituisce una lesione delle prerogative professionali dei medici”.

3) Diritto alla continuità terapeutica
Infine il giudice amministrativo censura specificamente anche l’effetto che la deliberazione della Giunta regionale avrebbe nei confronti dei pazienti già trattati con la rosuvastatina, i quali si vedrebbero sottrarre il medicinale da un giorno all’altro: secondo il Tar sarebbe stato ragionevole trovare un “punto di equilibrio tra i diversi interessi variamente implicati dalla delibera impugnata” e ciò si sarebbe potuto individuare “temperando la rigidità dei meccanismi sanzionatori e premiali in relazione ad ipotesi di motivata deroga al raggiungimento degli obiettivi di risparmio” mediante la declaratoria di irrilevanza, ai fini del computo delle percentuali di spesa definite negli obiettivi, delle prescrizioni terapeutiche “motivatamente indirizzate verso i trattamenti farmacologici più costosi, laddove giustificate da esigenze di cura non altrimenti perseguibili in modo egualmente efficace”.

Le conclusioni
Il caso discusso fa emergere una serie di potenziali conflitti di interesse e ruoli. Fatta salva la necessità di operare nell’ottica del contenimento della spesa sanitaria e farmaceutica, dalla sentenza del Tar piemontese si evince l’impossibilità per la AUSL di operare secondo criteri che rimandano a una valutazione di carattere scientifico, di competenza dell’AIFA. Tuttavia, l’azienda Sanitaria è emanazione della Regione che sostituisce il soggetto assicuratore universale, in nome e per conto dello Stato. Ne consegue che la AUSL, erogando la prestazione sanitaria, ne gestisce anche il pagamento, valutandone – in astratto – l’appropriatezza. In pratica, l’Azienda Sanitaria si controlla da sola.  Chiamata a intervenire sulla riduzione della spesa, lo fa con strumenti giuridici insufficienti e inadeguati. 
 
Conclude Boccalatte: “Si può quindi addirittura configurare una vera e propria nuova dimensione del conflitto di interessi in materia farmaceutica che va ben oltre i tanto stigmatizzati complotti della cosiddetta Big Pharma: il conflitto di interessi del direttore generale. Una normativa come quella congegnata dalla deliberazione in oggetto, cioè, trasforma (o meglio: ha il precipuo scopo di trasformare) ogni direttore generale, e a cascata i medici, in un soggetto portatore di interessi potenzialmente in conflitto con l’obiettivo del Servizio sanitario, cioè la tutela della salute dei cittadini italiani. Egli viene insomma posto strutturalmente davanti a un dilemma: difendere la propria posizione lavorativa o prescrivere un medicinale appropriato ma costoso.

È una china pericolosa che rischia di snaturare il SSN. La scelta del Tar di valutare attentamente e accogliere ben quattro dei cinque motivi di ricorso, mentre sarebbe stato sufficiente accogliere solo il primo motivo e non andare oltre, sembra trovare la propria motivazione in questa sensazione di allarme che promana dall’operato della regione e nella volontà di sviscerare sino in fondo le conseguenze negative e pericolose della fattispecie in esame”.
 
Marco Landucci
10 luglio 2017
© QS Edizioni - Riproduzione riservata