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QS Edizioni - sabato 23 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Ipotermia. In 7 ospedali su 10 la temperatura dei pazienti chirurgici non viene mai misurata

immagine 8 giugno - È questo il risultato di una survey della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva, che, con la collaborazione di 3M Salute, ha avviato una campagna di sensibilizzazione di operatori e cittadini con i “Normo Day”, workshop itineranti nelle principali città italiane. A Milano la seconda tappa.
In otto strutture su dieci manca un protocollo specifico per la prevenzione dell’ipotermia e nel 71% degli ospedali la temperatura dei pazienti non viene mai misurata.
 
Parte da queste premesse, frutto di una survey della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti), il secondo “Normo Day” che si è tenuto a Milano. Un ciclo di workshop itineranti inseriti all’interno della campagna di sensibilizzazione “Chirurgia senza Brivido” promossa da 3M Salute con il coordinamento scientifico della stessa Siaarti. Gli incontri vogliono informare anestesisti, rianimatori, management della sanità e cittadini sui rischi e le possibili soluzioni dell’ipotermia in sala operatoria ma anche sensibilizzare le istituzioni alla creazione di protocolli regionali.
A volte la questione parte infatti dagli stessi addetti ai lavori: “In molte sale operatorie di tutta Italia il problema oggi non è ancora perfettamente conosciuto”, ammette Nicola Latronico, professore di Anestesia e Coordinatore Siaarti della Regione Lombardia.
 
La sensazione di freddo anche a seguito di un’operazione è tra i più comuni ricordi raccontati dai pazienti. L’ipotermia – ovvero una temperatura centrale corporea inferiore a 36 °C – interessa infatti tra il 50 e il 90% dei pazienti sottoposti sia a operazioni chirurgiche maggiori sia a procedure brevi. È un fenomeno dovuto all’effetto dell’anestesia che oltre ad arrecare disagio per il paziente comporta un aumento dell’incidenza di complicazioni come maggiore rischio di mortalità, necessità di emotrasfusione, degenze ospedaliere più lunghe, e aumento del rischio di infezione della ferita chirurgica, con conseguente aumento dei costi per gli ospedali.
 
Il monitoraggio della temperatura anche negli interventi brevi
“Un intervento breve non significa avere un paziente normotermico – ha chiarito Roberta Monzani, responsabile del Day Hospital chirurgico dell’Irccs Humanitas di Milano – il paziente aspetta molto tempo prima di entrare in sala operatoria e in questo lasso di tempo il monitoraggio della sua temperatura centrale può aiutarci a capire se è necessario riscaldarlo”.
Dalla survey condotta da Siaarti emerge infatti che gli operatori considerano rilevante il monitoraggio della temperatura nei casi di chirurgia maggiore (interventi che durano più di 3 ore) e in corso di anestesia generale. Tendono invece a trascurarlo man mano che gli interventi diminuiscono di durata o non prevedono l’anestesia generale.
 
“Da noi il paziente viene riscaldato in modo attivo in sala operatoria anche quando si tratta di interventi di breve durata e in anestesia locale o loco regionale. Questo consente di avere meno complicanze, maggiore comfort per il paziente e potrebbe contribuire a migliorare la gestione del dolore post operatorio – ha aggiunto Monzani, che è anche coordinatrice del Gruppo di Studio Siaarti per la Day Surgery  – il nostro ospedale rappresenta un caso di eccellenza nel panorama regionale e nazionale: siamo punto di riferimento per la Day Surgery, modalità di ricovero che da noi viene utilizzata da circa 20 anni”.
 
Altra eccellenza sul territorio lombardo è rappresentata dall’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo: “Dalla fine degli anni Settanta abbiamo avuto la possibilità di lavorare in area pediatrica e in cardiochirurgia, dove il monitoraggio e l’attenzione alla temperatura e all’ipotermia era pane quotidiano dell’attività clinica. Questo ci ha permesso di maturare una “coscienza termica” che a poco a poco si è allargata a tutte le unità operative dell’azienda”, ha ripercorso Valter Sanzogni, Direttore medico dell’Uoc Anestesia e Rianimazione 1 dell’ospedale bergamasco.
 
La survey
La fotografia che emerge dalla survey Siaarti mostra un paese in cui nel 71% delle strutture la temperatura corporea, prima dell’ingresso in sala operatoria, viene misurata raramente o mai; solo nel 54% dei casi viene fatto il monitoraggio della temperatura corporea centrale. Nell’80% degli ospedali non è presente un protocollo specifico per la prevenzione dell’ipotermia e il monitoraggio perioperatorio dei pazienti.
 
Gli scenari in Lombardia. Dalla survey della Siaarti in Lombardia è emerso che nel 71% delle strutture lombarde la temperatura dei pazienti prima dell’ingresso in sala operatorie viene misurata raramente o mai e il 54% non effettua il monitoraggio della temperatura corporea. In particolare in Lombardia la temperatura centrale viene misurata nella fase intraoperatoria principalmente in chirurgia maggiore, negli interventi di durata superiore alle 3 ore, nei pazienti politraumatizzati e
nei pazienti di età inferiore a un anno. in linea con il dato nazionale nell’80% delle strutture non è presente un protocollo specifico e condiviso con chirurgie e Ps/Dea, per la prevenzione dell’ipotermia e il monitoraggio perioperatorio dei pazienti. E la principale ragione dell’assenza del monitoraggio è il mancato interesse nella misurazione della temperatura. Infine in caso di comparsa del brivido postoperatorio nelle strutture lombarde si presta una particolare attenzione al riscaldamento attivo del paziente (il 74% delle strutture contro la media nazionale del 57%). Gli eventi avversi più comuni registrati nei pazienti ipotermici sono i i tempi prolungati di recupero della TC e quelli di risveglio in recovery room e lo stress psicologico da brivido.
 
Per sensibilizzare il personale medico al monitoraggio della temperatura centrale sia in anestesia generale che loco-regionale e al riscaldamento del paziente, Siaarti ha recentemente emanato le Buone Pratiche Cliniche per la normotermia, un documento di linee guida destinate agli operatori coinvolti lungo tutto il percorso chirurgico del paziente: nel reparto, nel blocco operatorio, in Pronto Soccorso, Rianimazione e Recovery Room (il documento completo è disponibile sul sito www.siaarti.it/). “Si tratta di una serie di strategie di prevenzione delle complicanze – ha spiegatoFlavia Petrini dell’università di Chieti-Pescara e presidente designato Siaarti – auspichiamo che l’iniziativa possa trovare il consenso anche dei professionisti dell’ambito chirurgico”.
 
Risk Management
Sul fronte della rischio clinico –  disciplinato dalla legge “Gelli Bianco” che affronta, tra i vari aspetti, proprio la regolamentazione dell’attività di gestione del rischio sanitario prevedendo che tutte le strutture sanitarie attivino un’adeguata funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio – la Regione Lombardia è stata antesignana: già nel 2014, tra le prime in Italia, ha istituito la figura del Risk Manager Regionale affiancato dal Gruppo di Lavoro regionale “Risk Management”, che annualmente rinnova e integra le linee guida relative alla gestione del rischio per condividere e diffondere progetti comuni di miglioramento, buone pratiche e confrontarsi periodicamente nel network Regionale. Una prati
 
“In Lombardia opera da alcuni anni un gruppo di gestione del rischio che raccoglie tipologie di dati diversi – ha spiegato Enrico Comberti, risk manager dell’Asst Spedali Civili di Brescia e membro del Gruppo lombardo di gestione del rischio – per esempio, all’interno di ciascuna azienda sanitaria si calcola il rischio dei propri processi specifici. Questo è utile sia per il confronto con il network regionale, sia per stabilire quali siano i progetti prioritari di intervento”.
 
Tra i vari progetti di miglioramento, il Gruppo di Lavoro ha elaborato una check-list finalizzata alla prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza che attualmente è in fase di sperimentazione. L’obiettivo, in questa fase preliminare, è verificare se lo strumento, così come progettato, possa essere facilmente applicabile ed appropriato. Con lo stesso approccio una survey pilota ha verificato il livello di applicazione delle Buone Pratiche Siaarti per la normotermia perioperatoria per riscontrare eventuali criticità e azioni di miglioramento.
 
“Ricerca e innovazione sono sempre stati il motore della nostra azienda – ha concluso Alessandro Lofoco, Sales & Marketing Manager di 3M – ma con il lancio di questa campagna vogliamo supportare un passaggio culturale fondamentale nel nostro Paese nel monitoraggio e gestione della temperatura centrale, perché siamo convinti che il nostro contributo non debba limitarsi al rendere disponibili tecnologie avanzate ma debba andare oltre, pensando al contesto in cui operiamo e a migliorare le condizioni dei pazienti che affrontano un intervento chirurgico”.
8 giugno 2017
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