(Reuters Health) - Più di un paziente su due sopravvive ad un arresto cardiaco extra-ospedaliero con esiti neurologici irreversibili o decesso nel giro di settimane o mesi. Una ricerca condotta da un gruppo internazionale di ricercatori ha dimostrato che i livelli ematici di microRNA miR-124-3p possono prognosticare gli esiti neurologici e la sopravvivenza di questi pazienti. I ricercatori per capire se i microRNA circolanti possano avere un valore prognostico e aiutare i medici nelle scelte terapeutiche, hanno analizzato i dati di un sottogruppo del trial multicentrico TTM confrontando a sei mesi gli esiti neurologici e la sopravvivenza dei pazienti con arresto cardiaco e gestione della temperatura a 33°C o 36°C.
Il team ha raccolto, come riportato da
JAMA Cardiology, i dati di 579 pazienti sopravvissuti alle prime 24 ore dall’arresto cardiaco con ripresa spontanea della circolazione e per i quali si disponeva di campioni di sangue per valutare i microRNA. Di questi pazienti, il 52,5% ha presentato scarsi miglioramenti neurologici a sei mesi. 50 campioni di sangue sono stati sottoposti a sequenziamento dell’RNA e sono stati identificati i livelli di miR-124-3p che rappresenta una variabile prognostica per gli esiti neurologici. I pazienti con i livelli medi più alti di miR hanno avuto una prognosi peggiore rispetto a quelli con livelli più bassi. Non solo, la minore sopravvivenza era ugualmente correlata ai livelli di miR più elevati.
"L’arresto cardiaco è una condizione molto grave e ad alto rischio di morte o di gravi sequele neurologiche. Nell’era della medicina personalizzata, predire l’esito dopo un arresto cardiaco permetterebbe di adattare l’assistenza e di massimizzare le risorse di trattamenti che sono molto costosi per i pazienti che potrebbero trarne reale beneficio – dice
Yvan Devaux dell’Istituto lussemburghese della Sanità – purtroppo fino ad oggi questa previsione è ancora difficile, sarebbe necessario scoprire nuovi biomarcatori capaci di una prognosi sicura, tuttavia sebbene i nostri risultati debbano essere ancora convalidati rappresentano un passo avanti verso una medicina sempre più personalizzata".
I commenti
Un commento alle ricerche arriva dal dottor
Susmita Sahoo del Mount Sinai Hospital di New York City che sostiene l’importanza della correlazione tra l’associazione di miR124-3p e un biomarcatore già sperimentato in precedenza, NSE, Neurone-Specifico per danno cerebrale, clinicamente utilizzato per la prognosi neurologica. "Entrambi – osserva Sahoo – riflettono l’entità del danno cerebrale ma l’analisi di espressione di miR-124-3p non ha fornito valore predittivo aggiunto, limitando così la possibilità che questo marker prognostico possa essere sviluppato per questa coorte di pazienti".
Adesso deve essere affrontata la questione della sensibilità e riproducibilità di miR usando l’analisi quantitativa e confrontando l’epressione di miR-124-3p con altri miRNA previsti nel sequenziamento. "Passare dalla scoperta di biomarcatori al loro utilizzo nella pratica clinica è un percorso irto di insidie ed ostacoli – afferma il dottor Sahoo – sappiamo, per esempio, che i miRNA circolanti possono essere associati a diverse frazioni del sangue, come esosomi, microvescicole, lipoproteine ad alta densità (PCR) o con proteine ematiche. La presenza di diversi miRNA con differenti componenti del sangue pone sfide analitiche significative che ostacolano il loro rilevamento accurato e la loro quantificazione". Dunue, per il momento, suggeriscono i ricercatori, serve ancora molta cautela.
Fonte: JAMA Cardiol 2016
Marilynn Larkin
(Versione italian Quotidiano Sanità/Popular Science)