All’European Cancer Congress sono stati illustrati i risultati dello studio randomizzato in fase II POPLAR, che ha valutato l’efficacia di atezolizumab nel trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) in fase avanzata o metastatica. Lo studio ha raggiunto l’endpoint primario evidenziando una significativa riduzione del rischio di mortalità, che sale a 7,7 mesi in più rispetto al trattamento chemioterapico con il solo docetaxel.
“I benefici sono stati riscontrati particolarmente nei pazienti che hanno un’espressione elevata di PD-L1, una proteina in grado di ostacolare l’attività del sistema immunitario contro le cellule tumorali”, ha commentato
Cesare Gridelli, Direttore dell’U.O. di Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale “S.G. Moscati” e del Dipartimento di Onco-Ematologia presso la Cittadella Ospedaliera di Avellino.
Sempre a Vienna è stato presentato un altro studio di fase II, il BIRCH, che ha anch’esso raggiunto l’endpoint primario, ovvero l’efficacia e la sicurezza di atezolizumab.
BIRCH ha messo anche in evidenza la capacità del farmaco nel ridurre le dimensioni del tumore, che si è registrato nel 27% dei pazienti con un’alta espressione della proteina PD-L1.
“I risultati dei due studi – ha aggiunto Gridelli – sono positivi e molto incoraggianti. Ancora una volta, questi dati dimostrano come l’immunoterapia sia una valida opzione terapeutica che possiamo affiancare ai farmaci target che, comunque, rimangono essenziali per la gestione della malattia”.
Lo studio POPLAR ha arruolato 287 pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio avanzato, trattato in precedenza.
Lo studio BIRCH, invece, ha valutato 667 pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule localmente avanzato o metastatico, con espressione elevata di PD-L1.
Atezolizumab è un farmaco sviluppato da Roche.
Marco Landucci