La steatosi epatica non alcolica (Nafld), una malattia del fegato associata significativamente alla presenza di obesità, può comparire anche nei soggetti con peso nella norma. In particolare, un gruppo di scienziati giapponesi ha messo in luce come la presenza di una mutazione del gene
PNPLA3 aumenti il rischio di questa malattia anche nei soggetti normpeso. I risultati dello studio, condotto dal gruppo dell’Università di Kumamoto, città del Giappone, sono stati pubblicati sulla rivista
PLOS ONE.
La steatosi epatica non alcolica (Nafld) è una malattia piuttosto diffusa che comprende una serie di problematiche legate all’accumulo di grasso nel fegato (fegato grasso), in assenza di un notevole consumo di alcol. A livello globale, tale patologia rappresenta uno dei principali e più comuni problemi di salute; la sua presenza, inoltre, individua un fattore predittivo precoce dello sviluppo di diabete due, malattie cardiovascolari e malattie croniche del rene. L’obesità è fortemente associata alla Nafld, la quale tuttavia può comparire anche in soggetti con peso corporeo nella norma.
A partire da un programma di screening della salute condotto al Red Cross Kumamoto Hospital, i ricercatori hanno svolto uno studio cross-sectional su 740 individui e uno studio longitudinale retrospettivo su 393 soggetti dei quali erano stati registrati i dati della salute negli ultimi 5 anni. I partecipanti che consumavano abitualmente alcol oppure che erano risultati positivi al test dell’epatite B o C sono stati esclusi dalla valutazione del rischio di sviluppare la steatosi epatica non alcolica.
I ricercatori hanno analizzato l’associazione tra il rischio di steatosi epatica non alcolica Nafld e la presenza del
PNPLA3genotipo mutante, sia in individui in sovrappeso (BMI>25 Kg/m
2) che normopeso (BMI<25 Kg/m
2). In base ai risultati, i portatori di questa mutazione genetica– che in Giappone rappresentano circa il 20% della popolazione totale – manifestano un maggior rischio di sviluppare tale malattia e una riduzione della funzionalità renale, rispetto agli individui che non presentano questa variazione genetica, anche se obesi.
Il risultato suggerisce che la mutazione genetica potrebbe rappresentare una ‘spia’ dell’aumento del rischio sviluppare la patologia del fegato e del rene, sia in di sovrappeso sia in caso di un peso corporeo normale: dunque la presenza di tale mutazione potrebbe essere utilizzata come indicatore per una classificazione precoce dei soggetti ad alto rischio.
“Ci auguriamo che chiarendo i fattori di rischio per la Nafld nei soggetti di normopeso, si aiuti ad identificare le popolazioni più sensibili ai fini della prevenzione e del trattamento precoce della malattie e delle sue complicanze”, ha dichiarato il dottor
Kentaro Oniki dell’Università di Kumamoto, che ha guidato il gruppo di ricerca. “Soprattutto all’interno delle popolazioni asiatiche”.
Viola Rita
*Kentaro Oniki, Junji Saruwatari, Tomoko Izuka, Ayami Kajiwara, Kazunori Morita, Misaki Sakata, Koji Otake, Yasuhiro Ogata, Kazuko Nakagawa.
Influence of the PNPLA3 rs738409 Polymorphism on Non-Alcoholic Fatty Liver Disease and Renal Function among Normal Weight Subjects.
PLOS ONE, 2015; 10 (7): e0132640 DOI:
10.1371/journal.pone.0132640
**La ricerca è stata finanziata da Smoking Research Foundation, and Ministry of Education, Culture, Sports, Science and Technology, Japan