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QS Edizioni - sabato 23 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Alzheimer. La diagnosi molto prima della comparsa dei sintomi. Si fa al San Raffaele di Milano

di Maria Rita Montebelli
immagine 28 maggio - Si tratta della DTI, una tecnica di imaging sperimentale che consente di svelare la presenza di alterazioni della sostanza bianca del cervello dei pazienti con Alzheimer molto prima che compaiono i sintomi della malattia. Un passo avanti importante sul cammino della diagnosi precoce, che può fare la differenza nella risposta ai trattamenti per questa condizione.
La degenerazione della sostanza bianca del cervello potrebbe rappresentare un marker precoce di morbo di Alzheimer. Lo suggeriscono i risultati di uno studio italiano, firmato da un gruppo di ricercatori del San Raffaele di Milano, appena pubblicato su Radiology.
 
“L’Alzheimer – spiega Federica Agosta, Unità di Neuroimaging Quantitativo UNI Vita-Salute San Raffaele, Milano e co-autrice dello studio – è una malattia della sostanza grigia. Tuttavia il danno alla sostanza bianca gioca un ruolo centrale nel determinare le modalità di comparsa e di progressione della malattia”.
 
La malattia di Alzheimer è una patologia neurologica progressiva e irreversibile che distrugge la memoria e le funzioni cognitive; si caratterizza anatomicamente per la presenza di depositi di placche amiloidi e proteine tau a livello del cervello e per una progressiva perdita di tessuto cerebrale. Non è ancora chiaro però cosa sia ad innescare la miccia della malattia.
 
Lo studio pubblicato oggi da Massimo Filippi e colleghi del San Raffaele ha utilizzato uno strumento di imaging particolare, detto DTI (Diffusion Tensor Imaging) per studiare la sostanza bianca di 53 pazienti affetti da tre tipi diversi di Alzheimer: quello in fase precoce e due varietà atipiche dette ‘sindromi focali’ poiché ad essere colpite sono soltanto alcune parti del cervello.
 
La DTI è una tecnica di risonanza magnetica specializzata che sfrutta il movimento delle molecole di acqua per caratterizzare la microstruttura dei tessuti ed è estremamente sensibile alle alterazioni della sostanza bianca.
 
“Nel nostro studio – spiega la Agosta – abbiamo utilizzato la DTI per individuare analogie e differenze nei danni alla sostanza bianca in tutto lo spettro della malattia di Alzheimer e in rapporto ai quadri di atrofia corticale.”
 
Dall’analisi emerge che tutti i pazienti avevano un esteso danno alla sostanza bianca (corpo calloso, fornice e vie nervose principali antero-posteriori) e presentavano danni regionali a carico della sostanza grigia. “Ma il danno alla sostanza bianca nei pazienti con sindromi focali – prosegue la Agosta -  era molto più grave e diffuso del previsto e non spiegabile solo attraverso l’atrofia della sostanza grigia, che era più localizzata.”
 
A differenza dell’Alzheimer ad esordio tardivo, che colpisce dopo i 65 anni ed è caratterizzato principalmente da una progressiva perdita di memoria, i soggetti con Alzheimer ad esordio precoce presentano alterazioni a carico di diverse parti del cervello (inclusi ginocchio e splenio del corpo calloso e tratto paraippocampale bilaterale) e conseguenti deficit delle funzioni esecutive e visuo-spaziali. Le sindromi focali possono determinare alterazioni visive e deficit di linguaggio.
 
Secondo i ricercatori milanesi, questa scoperta porta acqua al mulino dell’ipotesi che l’Alzheimer ‘viaggi’ lungo le fibre della sostanza bianca, da una regione all’altra del cervello.
“Nelle forme a esordio precoce e in quelle atipiche – spiega la Agosta – la degenerazione della sostanza bianca può rappresentare un marcatore precoce, che precede la comparsa di atrofia della sostanza grigia. Per questo la DTI ha le potenzialità di svelare l’estesa disorganizzazione dei circuiti cerebrali nelle forme focali, persino prima della comparsa di deficit cognitivi conclamati. Si tratta di un’opportunità diagnostica importante perché nelle prime fasi dell’Alzheimer focale non c’è un grosso danno strutturale e dunque i pazienti rischiano di sfuggire alla diagnosi e di essere esclusi così dai trial clinici”.
 
Maria Rita Montebelli
28 maggio 2015
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