Misurare nei giovani i livelli di microRNA circolante, coinvolti nella resistenza all’insulina e in altre “azioni” che possono stressare le cellule beta o causarne la morte (apoptosi), risulta efficace quanto misurare i livelli di emoglobina glicata (A1C) nel sangue per prevedere la progressione del diabete di tipo 2 e la risposta al trattamento. È quanto evidenzia una ricerca condotta da un team dell’Università dell’Oklahoma, guidato da
Jeanie Tryggestad. I risultati dello studio sono stati pubblicati dal Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism.
Per lo studio sono stati analizzati campioni provenienti da 699 partecipanti allo studio TODAY, che ha iniziato a reclutare partecipanti nel 2003 e si è concluso nel 2020. Come parametri di indicazione del fallimento del trattamento sono stati considerati un valore A1C superiore all’8% per sei mesi, o una situazione che ha richiesto la ripresa dell’insulina senza la possibilità di smettere. I microRNA circolanti hanno inoltre previsto una diminuzione del 20% nella funzione delle cellule beta durante i primi sei mesi dello studio.
“Il diabete di tipo 2 nei giovani è aggressivo e il declino della funzione delle cellule beta è molto maggiore di quello che vediamo negli adulti”, ha dichiarato il primo autore Tryggestad, “Crediamo che prevedere ciò che causerà la disfunzione delle cellule beta sia una delle chiavi per prevenire o curare il diabete di tipo 2”.
Fonte: The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism 2024