4 marzo - Il World Obesity Day è un momento di sensibilizzazione al tema dell’obesità, una malattia cronica associata a numerose e a volte gravi, comorbidità. L’obesità e le patologie correlate possono essere curate attraverso gli interventi di chirurgia bariatrica, resi sempre più sicuri dalle nuove tecnologie e dall’applicazione del protocollo ERABS
L’obesità viene spesso considerata un problema puramente estetico. Si tratta invece di una vera e propria malattia cronica, molto diffusa in Italia. Il World Obesity Day, che si celebra il 4 marzo, è una giornata fondamentale, perché favorisce, insieme a varie attività di awareness avviate dalla comunità scientifica, un processo di sensibilizzazione su questo tema.
“I numeri dell’obesità sono poco conosciuti: il 10,5 % della popolazione italiana è in sovrappeso o obesa”, spiega in un’intervista a Quotidiano Sanità Marco Antonio Zappa, Presidente SICOB (Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità), Direttore UOC Chirurgia Generale ASST Fatebenefratelli Sacco Milano. “L’obesità è inoltre associata a numerose comorbidità, come il diabete e le patologie cardiovascolari. Pochi sanno che questa malattia è anche associata al rischio di tumore: senza l’obesità ci sarebbe l’11% di tumori in meno tra gli uomini e il 13% di tumori in meno tra le donne”.
Nel Paese ci sono poi un milione e 400.000 grandi obesi, con un BMI (indice di massa corporea) superiore a 40. Questi pazienti possono essere curati attraverso interventi di chirurgia bariatrica. Sono interventi il cui rischio è diminuito drasticamente negli ultimi 20 anni, grazie alle nuove tecnologie e al fatto che vengono eseguiti in laparoscopia e possono essere risolutivi. “L’operazione permette ai pazienti di guarire, risolvendo anche le comorbidità associate”, spiega Stefano Olmi, Direttore UOC Chirurgia Generale e Oncologica, Centro di Chirurgia Laparoscopica, Centro di Chirurgia Bariatrica al Policlinico San Marco – Gruppo San Donato e ricercatore Senior Università Vita-Salute San Raffaele Milano. Attualmente le complicazioni sono poche, aggiunge, ma possono insorgere, nell’1-2% dei casi. Parliamo in particolare di sanguinanti post-operatori e di apertura delle linee di sutura.
Statement sul protocollo ERABS
Al fine di ridurre al minimo le complicanze e garantire una ripresa rapida del paziente dopo l’operazione, Giuseppe M.Marinari, responsabile dell'Unità di Chirurgia Bariatrica presso l’Istituto Clinico Humanitas, insieme ai chirurghi della SICOB e agli anestesisti della SIAARTI (Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva), con il contributo non condizionante di Medtronic, ha redatto un consensus statement italiano per la gestione del perioperatorio secondo il protocollo ERABS (Enhanced Recovery After Bariatric Surgery).
È dimostrato in letteratura che ERABS migliori gli outcome clinici in chirurgia bariatrica, oltre a portare alla riduzione di costi, sia perché riduce i giorni di degenza in ospedale del paziente sia perché efficienta tutto il percorso perioperatorio, consentendo a un maggior numero di pazienti di avere accesso alle cure.
“Dal punto di vista chirurgico, il protocollo prevede un’ottimizzazione dei tempi, che consiste nell’effettuare l’operazione nel momento migliore per il paziente e un colloquio preparatorio nel corso del quale il paziente viene messo al corrente di ogni aspetto dell’operazione (come funziona, quali sono i rischi associati, come si gestiscono la nausea e il dolore, per esempio”. Spiega Marinari. È poi fondamentale che “gli interventi siano standardizzati, con tecniche laparoscopiche ripetibili, effettuate evitando di usare le attrezzature che spesso sono mal tollerate dai pazienti (come sondini, drenaggi, cateteri)”.
Grazie al protocollo ERABS entro due ore dalla fine dell’intervento gli operati camminano e cominciano a bere: tutto questo si traduce in un precoce benessere postoperatorio, con veloce ritorno a casa, riducendo in tutta sicurezza la degenza ospedaliera.
Studi recenti indicano infatti che la rialimentazione precoce è associata ad un più pronto ripristino della funzione intestinale, a una più rapida guarigione delle ferite, a un minor rischio di infezioni e di complicanze postoperatorie.
Tutte queste procedure, conclude Marinari, fanno sentire il malato guarito nell’arco di 36 ore.