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QS Edizioni - venerdì 27 settembre 2024

Diabete. Gli italiani ‘pensano’ di conoscerlo. Ma non si sentono a rischio, anche quando lo sono

28 maggio - Saranno presentati al congresso della Società Italiana di Diabetologia a Bologna i risultati dell’indagine di Gfk Eurisko, condotta per conto della SID, ‘Gli italiani e il diabete: le conoscenze e la prevenzione’. Dai risultati dell'indagine emerge un forte divario fra la conoscenza della malattia e gli orientamenti di prevenzione. In generale si sottovaluta il rischio, si trova difficoltà a modificare lo stile di vita e si guarda alla malattia con un certo fatalismo. Secondo gli esperti è dunque urgente mettere in atto campagne di sensibilizzazione ed educazione che favoriscano la presa di coscienza sul rischio e che propongano modelli di comportamento efficaci, ma soprattutto concreti.

‘Interrogati’ sul tema diabete, quasi tutti gli intervistati ritengono di sapere di cosa si parli e in generale associano la malattia al ‘mangiare’ (in particolare ad un’errata alimentazione o all’obesità), alla mancanza di attività fisica e alla familiarità. Il 90% degli italiani la giudica una malattia grave (molto grave per il 24%), non “guaribile” ma controllabile (si può controllare ma non guarire per il 70% degli italiani). E come gravità, la si percepisce al quinto posto, subito dopo tumori, ictus, infarto e Alzheimer; mentre, fra le patologie croniche, viene messa al secondo posto, dopo l’epatite e prima dell’insufficienza renale e della bronchite cronica.
Ma dall’indagine emerge anche che quello che manca totalmente, nella messa a fuoco del problema, è la percezione del rischio diabete riferito a se stessi: oltre il 90% degli intervistati non si considera a rischio e, fatto ancor più preoccupante, ben il 70% di chi è ad alto rischio, non si sente sfiorato dal pericolo di sviluppare la malattia. Ne consegue che oltre la metà dichiara di non fare nulla per prevenire il diabete o altri problemi di salute, o perché non si considera a rischio, o per negazione del problema o perché considera inutile e inefficace la prevenzione. I più a rischio sono anche i più fatalisti o quelli che preferiscono scotomizzare il problema, guardando dall’altra parte.
“Solo il 3% degli intervistati – sottolinea il professor Stefano Del Prato, Presidente della Società Italiana di Diabetologia – si considera a rischio di diabete; un dato questo già stridente con la prevalenza di questa condizione nella popolazione italiana, stimata intorno al 6,2% della popolazione.
 
Ma il dato ancora più inquietante è che sono proprio le persone a più elevato rischio di diabete, a non fare nulla per ridurre questo rischio. Dalle interviste, emerge che la fascia a maggior rischio, percepisce meno l’alimentazione come elemento impattante sul rischio, mentre riconosce un chiaro ruolo in tal senso ad alcol e fumo”.
“Questo studio – spiega la dottoressa Isabella Cecchini, Direttore Dipartimento Ricerche sulla Salute, GfK Eurisko - ha indagato le conoscenze della malattia, i vissuti e i comportamenti di prevenzione, su un campione di 1100 casi, rappresentativi della popolazione italiana maggiorenne. Circa 3,6 milioni di italiani (il 6,2%) soffrono di diabete, circa 6 milioni (10%) sono ad alto rischio, 15 milioni sono  a rischio modesto . A maggior rischio sono le donne (65% delle persone a rischio sono donne), in particolare quelle con bassa scolarità (75% ha un titolo di studio elementare-media inferiore)”.

Dalle interviste emerge  l’idea che il diabete sia una malattia come tale e non anche un importante fattore di rischio per altre condizioni quali infarto, ictus, tumori, malattie renali. “E la conseguenza inevitabile – sottolinea il professorDel Prato – è che non sentendosi a rischio o non volendoci pensare, la gente non fa neppure prevenzione”. I pochi che hanno invece la percezione di essere a rischio diabete fanno prevenzione soprattutto attraverso l’alimentazione (l’80% degli intervistati), ma fanno meno attività fisica. La gente non fa prevenzione perché non ci vuole pensare (ha risposto così il 40% dei giovani e il 32% degli anziani), perché non si sente a rischio (27%) o perché ritiene troppo faticoso cambiare lo stile di vita. Gli intervistati conoscono bene i pilastri della prevenzione (seguire una dieta salutare, non ingrassare, fare movimento), ma solo uno su 4 la ritiene efficace.

“E’ un po’ la ‘strategia dello struzzo’ – commenta il professor Del Prato - quanto più si è a rischio, tanto più si nega l’esistenza del problema. I risultati di questa indagine sono per molti versi scioccanti per noi addetti ai lavori; ci rendiamo conto che in tutti questi anni abbiamo sparato contro un vetro anti-proiettile; i nostri messaggi di invito alla prevenzione non sono arrivati a destinazione. O solo parzialmente”.
La gente ha però voglia di informazione. Dalle risposte emerge un grande interesse a sapere cosa fare per prevenire il diabete (66%), a scoprire quali ne sono le cause (46%) e le conseguenze (41%).  Ed è dal medico di famiglia (56%) che ci si aspetta un’informazione utile ed efficace; ma per il 38% degli intervistati anche i mass media (quotidiani/giornali, TV, radio) e internet (22%) rappresentano fonti preziose di informazioni.
“Alla luce di questi risultati – conclude il professor Stefano Del Prato – riteniamo urgente mettere in atto campagne di sensibilizzazione ed educazione, che aiutino le persone a  prendere coscienza del rischio di sviluppare il diabete e delle complicanze di questa condizione, ma che allo stesso tempo propongano modelli di comportamento efficaci. E che siano soprattutto attuabili nella quotidianità della vita lavorativa e nelle grandi città, dove gli spazi a disposizione per l’attività fisica spesso sono carenti.”
28 maggio 2014
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