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QS Edizioni - venerdì 29 novembre 2024

Artroscopia del ginocchio

20 settembre - Il ginocchio rappresenta in numerosi sport l’articolazione maggiormente esposta e quindi soggetta con maggiore frequenza a traumi e lesioni. Piero Volpi, Responsabile Unità Operativa di Chirurgia del Ginocchio e di Traumatologia dello Sport Istituto Humanitas ed ex calciatore professionista, e Vittorio Calvisi, Dir. Scuola di Specializzazione in Ortopedia e Traumatologia, Università dell'Aquila, spiegano qual è oggi lo standard di cura per campioni o sportivi amatoriali.
“Proprio per via della loro diffusione, nel corso degli ultimi venti anni, con il consolidarsi delle metodiche artroscopiche, molti chirurghi hanno concentrato i loro sforzi per migliorare ed implementare le tecniche chirurgiche riparative e ricostruttive nelle frequenti lesioni legamentose del ginocchio, con particolare riferimento alle sempre più numerose lesioni del legamento crociato anteriore (LCA)”, hanno spiegato. “Gli avanzamenti della chirurgia e la migliore comprensione dell’anatomia e della biomeccanica hanno evidenziato l’importanza di fattori quali la scelta del trapianto da utilizzare e il tipo di tecnica chirurgica da adottare, con particolare riguardo al posizionamento dei tunnels e ai metodi di fissazione dell’impianto”.

Per molti anni il terzo medio del tendine rotuleo è stato considerato il “gold standard” per la ricostruzione del LCA in pazienti sportivi ad alto livello, mentre nel tempo sono aumentati i sostenitori dell’uso degli hamstring, riservando gli allotrapianti prevalentemente agli interventi di revisione. “Il dibattito scientifico in merito ai vantaggi e agli svantaggi di una tecnica rispetto ad un’altra (singolo fascio, doppio fascio, approccio antero mediale, transtibiale, out-in, all inside, ecc.) è tutt’oggi molto fervido e spesso la scelta della tecnica e del trapianto da utilizzare si basano sulle abitudini e sulla confidenza del chirurgo, confortate dai risultati clinici a distanza”, hanno continuato. “Le necessità di un atleta d’elite, il tipo di sport praticato, il momento della stagione in cui avviene l’infortunio, la fase della sua carriera, l’età stessa sono spesso aspetti che determinano opzioni differenti in relazione al tipo di tecnica e di trapianto da scegliere. Di grande importanza, infatti, dopo un appropriato intervento chirurgico e una corretta riabilitazione è la figura del preparatore dedicato al recupero degli infortunati, che possa trasferire sul campo, al momento della ripresa degli allenamenti, tutte quelle attenzioni e procedure che servono per riavviarlo al pieno recupero sportivo”.

E il medico dello sport, il preparatore atletico e l’allenatore ne completano èpo il lavoro. “Dopo la ripresa e il ritorno allo sport non bisogna dimenticare di mettere in atto protocolli preventivi al fine di proteggere l’atleta da eventuali ricadute. Ancor oggi in molti sport dove si tende a far prevalere gli aspetti tecnologici agli aspetti di campo, l’approccio alla prevenzione generale e specifica verso gli infortuni è molto trascurato”, hanno concluso. “Spesso i percorsi di recupero sono lunghi e complessi ma sempre più specialisti sanno affrontare e risolvere con competenza e impegno le svariate patologie da sport. La gestione del grande atleta necessita di una attenzione particolare soprattutto per le sue elevate richieste circa il livello e i tempi della ripresa sportiva, ma anche lo sportivo amatoriale può servirsi, seppur con finalità differenti, degli stessi protocolli dei professionisti per un suo ritorno in campo in tutta sicurezza ed efficienza”.

20 settembre 2013
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