16 novembre -
A spiegare quali sono oggi i rischi per le donne che si sottopongono a pratiche di procreazione medicalmente assistita oggi ci pensa
Andrea Borini, presidente ProFert.
“Il rischio più rilevante nella metodica della procreazione assistita oggi, insieme alla multigemellarità, è la sindrome da iperstimolazione ovarica (OHSS: ovarian hyperstimulation syndrome), ovvero la risposta eccessiva dell’ovaio alla terapia di induzione dell’ovulazione”, ha commentato. “Essa si sviluppa molto raramente nei cicli di induzione dell’ovulazione monofollicolare, mentre nel caso di superovulazione per fecondazione assistita (FIVET-ICSI) la sua incidenza è attorno al 1-10% di tutti i cicli di terapia. Bisogna infatti ricordare che esistono pazienti che nonostante parametri rassicuranti (n° di follicoli e livelli di Estradiolo sotto i limiti ritenuti accettabili) possono manifestare ugualmente una OHSS, come pazienti in cui ci si aspetterebbe lo sviluppo della sindrome in base ai parametri in atto utilizzabili e che, invece, non la sviluppano, e pazienti che, a parità di parametri valutabili, hanno evoluzioni differenti”.
La patologia è a carattere benigno e solo raramente si prolunga più di alcuni giorni, ma talvolta – quando ad essa si sovrappongono alcune complicanze più gravi – può diventare potenzialmente pericolosa per la vita. In particolare, nella procreazione assistita, la causa scatenante dell’OHSS è la somministrazione di uno stimolo farmacologico con l'ormone HCG, che viene attuata di routine al termine della stimolazione ovarica per ottenere la maturità degli oociti nell’ambito dei programmi IVF.
In particolare l’OHSS è più frequente in caso di:
- Elevata risposta alle gonadotropine nel ciclo di stimolazione in corso (rapido aumento dei valori di estradiolo plasmatico fino a superare i 3000 pg/ml e crescita contemporanea di un numero di follicoli > 20)
- Impiego di analoghi del GnRH per bloccare l’ipofisi
- Supplementazione luteale con hCG invece che con progesterone
- Impianto embrionario, concepimento e secrezione di hCG endogena
Da sempre, i ricercatori, che si occupano di fecondazione in vitro, hanno cercato il modo per evitare l’insorgenza dell’OHSS. “Esistono metodi per ridurne al minimo l’incidenza, sebbene non sia possibile effettuare una prevenzione di assoluta efficacia”, ha aggiunto Borini. “L'unica alternativa è sospendere il ciclo di stimolazione ovarica rinviando il trattamento”.
Oltre all’identificazione delle pazienti e dei cicli a rischio, all’impiego di gonadotropine a basse dosi, al coasting (rinvio della somministrazione dell’hCG), si può procedere con:
- Sostituzione dell’hCG con analoghi agonisti del GnRH (che stimolano la secrezione di LH endogeno). L’hCG ha un’elevata analogia strutturale con l’LH, ma è dotata di un’emivita molto più lunga e pertanto il rischio di un effetto sulle permeabilità vascolare è maggiore. “I dati che noi e altri ricercatori abbiamo ottenuto utilizzando l'agonista del GnRH per sostituire l'hCG, sono molto incoraggianti: nessuna donna ricoverata per iperstimolazione ovarica grave contro un 1.2% di donne ricoverate quando si è utilizzato l'ormone hCG”, ha spiegato Borini. “Nessuna donna iperstimolatata in modo moderato, contro il 4.6% con l'HCG. I numeri in nostro possesso non sono ancora elevatissimi, ma sappiamo che non potrà essere altro che così anche in futuro”;
- Rinvio del transfer embrionario al mese successivo con crioconservazione degli embrioni/ovociti. È il metodo più utilizzato per prevenire l’OHSS, ma la sua efficacia non è assoluta in quanto l’OHSS si può sviluppare anche se la paziente non concepisce. Tuttavia ciò consente di mantenere invariate le percentuali di gravidanza. “Oggi, con il congelamento per vitrificazione degli embrioni allo stadio di blastocisti, la sopravvivenza è molto alta e i risultati molto buoni. I dati dopo scongelamento ci dicono che non vi sono differenze se gli embrioni sono formati con oociti maturati con HCG o con la stimolazione con agonista del GnRH: il 36% contro il 33%”, ha aggiunto il presidente ProFert.
Borini ha poi concluso: “Abbiamo quindi la possibilità di ipotizzare il seguente tipo di trattamento per tutte le pazienti e per tutti i cicli di fecondazione assistita: prima stimolazione dell'ovaio; poi induzione dell'ovulazione con analogo agonista del GnRH (invece dell'hCG); in seguito inseminazione degli oociti e coltura fino allo stadio di blastocisti con conseguente congelamento degli embrioni a blastocisti, in attesa della mestruazione successiva al trattamento; infine monitoraggio dell’ovulazione spontanea, e trasferimento di una blastocisti scongelata nel momento più idoneo. In questo caso si ottengono due grandi successi in tema di fecondazione assistita: riduciamo a zero il numero di pazienti con iperstimolazione ovarica ed eliminiamo le gravidanze trigemine e riduciamo quelle gemellari alle sole monozigotiche”.