La Società Italiana di Reumatologia (SIR) ha presentato ricorso al TAR contro la recente decisione di cinque Regioni (Piemonte, Valle d’Aosta, Lazio, Sardegna e Veneto) di unirsi per la gara d’acquisto di un farmaco biosimilare usato per la cura di alcune patologie reumatologiche gravi e potenzialmente invalidanti (tra cui artrite reumatoide e artrite psoriasica).
“Questo provvedimento – si legge in una nota della Sir - di fatto impone ai medici l’utilizzo esclusivo di un unico farmaco”.
“In questo modo, non viene più garantita agli specialisti la libertà prescrittiva, e viene aggravata la piaga della diversità di trattamento dei malati reumatici nelle varie regioni italiane - afferma il prof.
Mauro Galeazzi, Presidente Nazionale SIR -. Per questo ci siamo rivolti alla giustizia amministrativa e non perché siamo contrari all’uso dei biosimilari. Siamo convinti che questi medicinali, simili ma non uguali, possano determinare dei vantaggi economici rilevanti per l’intero sistema sanitario nazionale. Vogliamo però sia tutelato un nostro diritto imprescindibile: poter sempre indicare il farmaco che riteniamo sia più opportuno per ogni singolo malato”.
“La decisione di ricorrere al TAR è stata presa nell’esclusivo interesse dei pazienti colpiti da malattie reumatologiche gravi e croniche - prosegue il prof.
Luigi Sinigaglia, Presidente Eletto SIR -. Alcune associazioni di pazienti hanno già fortemente criticato la scelta delle cinque Regioni. Ci uniamo alla loro istanza e come clinici non possiamo non esprimere forti perplessità. L’imposizione dell’uso di un unico biosimilare al posto del suo originator può, infatti, potenzialmente portare ad alcuni problemi. Diversi studi scientifici, condotti anche in Italia, hanno dimostrato che potrebbe causare riacutizzazioni della patologia. A tale proposito, la stessa Agenzia Italiana del Farmaco ha pubblicato nel proprio sito la segnalazione di oltre 400 eventi avversi, tra cui un numero notevole di recidive di malattia, verificatisi nel passare da un originator al suo biosimilare”.
“Il cambio automatico del farmaco – prosegue - è quindi una pratica che richiede attenzione e che in termini di outcome può essere influenzato da fattori collegati al paziente come lo stato di malattia (remissione verso bassa attività di malattia) o la presenza di comorbidità. La possibilità di riacutizzazioni di malattia potrebbe determinare nuovi ricoveri ospedalieri, esami diagnostici e prescrizioni di ulteriori terapie. Inoltre il cambio del farmaco per una pura motivazione non medica comporta una rivalutazione globale della condizione del paziente e una sua giustificazione adeguata come la normale prassi richiede alla modifica di ogni terapia. I risparmi quindi ottenuti con la gara sovraregionale delle scorse settimane rischiano di essere solo virtuali”.