DOC@HOME, il progetto pilota dell’INMI “Lazzaro Spallanzani” di Roma realizzato con la collaborazione di due start up (DNM – Digital Narrative Medicine e ASE - Archivio Sanitario Elettronico) e incentrato sull’uso della televisita nel monitoraggio della persona con infezione da Hiv si è aggiudicato il premio Digital Health Program. L’iniziativa è promossa dalla società biofarmaceutica Gilead, che seleziona i migliori progetti maturati all’interno di questo settore.
“DOC@HOME - spiega lo Spallanzani in una nota - si pone come obiettivi quello di migliorare la comunicazione medico-paziente, facilitare l’autogestione (empowerment) della persona sieropositiva e favorire la collaborazione con i medici di medicina generale. Innovativo risulta essere, accanto all’impiego delle nuove tecnologie, l’uso della Medicina Narrativa in una patologia cronica, come l’infezione da HIV, caratterizzata da tematiche di benessere fisico, ma anche di tipo psichico e sociale”.
Le potenzialità associate all’impiego di queste tecnologie, evidenzia l’Istituto, trova ragione in diverse caratteristiche della popolazione HIV-positiva seguita dai Centri per le Malattie Infettive in Italia oggi:
1) la presenza di una solida e duratura relazione tra Utente e Centro Clinico;
2) l’elevata scolarizzazione tecnologica della maggior parte degli Utenti;
3) la necessità di monitoraggio della cura e dell’infezione da HIV per tempi molto lunghi, probabilmente a vita.
DOC@HOME consente al team curante, al paziente e al caregiver di interagire a distanza in una modalità che valorizza la storia e i bisogni del paziente. Si prefigge di migliorare il rapporto dello staff medico-infermieristico con il paziente, attraverso un percorso strutturato e di personalizzazione del programma assistenziale, e inoltre di ridurre i costi dell’assistenza faccia a faccia. DNM mette al centro della medicina la relazione e facilita la costruzione non solo di reti di dati ma anche di “reti empatiche”. ASE colloca il paziente al centro dell’attività assistenziale, aiutandolo nella gestione dei dati sanitari, fondamentali per la corretta comunicazione con il team curante.
“Telemedicina, teleassistenza e archiviazione elettronica dei dati clinici non rimandano necessariamente ad una relazione di cura più spersonalizzata, distanziante e asettica”, evidenzia la nota dello Spallanzani. “Al contrario, se si valorizza un setting che facilita il racconto del paziente e l’identificazione delle sue esigenze, l’interazione virtuale può facilitare la relazione e l’ascolto, ancor più di quella faccia a faccia. Questo è quello che lo studio pilota cercherà di capire”.