10 aprile -
Gentile Direttore,
è con affetto che vedo il nome di
Luca Benci sulla vostra home page con la raccolta dei suoi articoli (quanto è cambiato il mondo da quando se ne é andato e quanto ci mancheranno i suoi commenti, nei giorni nostri in particolare sulla proposta di emendamenti relativi alla responsabilità professionale in emergenza pandemica). Scrivo questa mia riflessione a sostegno di quello che afferma il Presidente
Alessandro Beux
della FNO TSRM PSTRP, nella sua ultima intervista
“Coronavirus. Al fronte non ci sono solo medici e infermieri(…)”.
Beux, che rappresenta 19 professioni e circa 220 mila professionisti, nelle scorse settimane ha indirizzato u
na lettera all’Ordine dei giornalisti, invitandoli a parlare anche delle altre professioni sanitarie e non solo di medici e infermieri.
Sostiene che il mondo delle professioni sanitarie è articolato e complesso, diventato molto diverso da quello di alcune decine di anni fa, la cui rappresentazione storica fa fatica a essere sostituita da quella che oggi aderirebbe alla realtà, propone di parlare di professioni sanitarie e denuncia coloro che dimenticano l’impegno di altri professionisti sanitari che da settimane sono in trincea coi medici e gli infermieri, sottoposti allo stesso stress ed esposti allo stesso rischio.
Sono condivisibili le due priorità che l'oggi ci consegna: un intervento determinato e diffuso a favore dell’assistenza territoriale e domiciliare e capitalizzare il valore e l’efficacia dell’équipe costruita e agita con il contributo delle singole professioni.
E’ del 9 aprile il contributo “
Coronavirus. FNOPO: Anche le ostetriche sono in prima linea”; la FNOPO ai cui albi sono iscritti 21mila professionisti ricorda di avere segnalato che alcune ordinanze regionali sono state riservate solo ad alcune categorie professionali, hanno ignorato le ostetriche e gli altri operatori sanitari e socio sanitari tutti impegnati sul campo per la grave emergenza sanitaria Covid-19.
Sempre nella medesima data un articolo diretto a tutti i politici a cura di
Angelo Minghetti presidente Federazione M.I.G.E.P. e Shc Oss, con l’intento di far sentire la loro voce, e dare un peso alle istanze a tutela del diritto alla salute.
Purtroppo, drammaticamente, molti di noi operatori hanno pagato con la vita e stante che il fenomeno pandemico non è sotto controllo, avremo esiti di cui ancora non conosciamo l’entità e la natura.
Penso che il governo debba guardare con equità l’insieme delle misure che saranno dirette ai professionisti sanitari e sociali e agli operatori socio-sanitari esposti in prima linea, così come da ora dovrebbe oculatamente evitare un ginepraio negli emendamenti relativi alla responsabilità professionale e rivedere al più presto la settorialità e di conseguenza l’iniquità con cui si stanno definendo le iniziative di solidarietà per le vittime professionali COVID19.
Questa mia quindi a sostegno della ricca, competente e articolata rete delle famiglie professionali di cui questo paese si è arricchito; questa rete vede i suoi fondamenti storici nello scorso secolo con particolare sviluppo nell’ultimo trentennio che, attraverso un articolato insieme di riorientamenti della formazione e dell’esercizio professionale, ci ha portato con la fatica, lo studio, l’impegno e la dimensione civica, etica e deontologica di molti, sino a qui.
Al di là che le retribuzioni di questi lavoratori sono in molte circostanze anche recenti da ritenersi indegne, e al di là che i rapporti numerici tra le diverse professioni e in relazione agli assistiti ancora oggi sia non equilibrato, questi sono come ben sappiamo la “risorsa umana”, le persone, i professionisti e gli operatori che fanno la differenza nei servizi sanitari, sociali, socio-sanitari; gli infermieri ben lo sanno anche grazie a filoni di studio internazionali e nazionali che mettono in chiara evidenza come il numero e le competenze professionali messe in campo cambiano sostanzialmente gli esiti dell’assistenza sia in termini di mortalità, che di complicanze, che di durata e sicurezza dell’assistenza; in sintesi quantità e qualità della vita.
In questo quadro e per le dimensioni dei diritti, stante che i diritti alla salute [previsti nei LEA, inclusi i LEA socio sanitari- d.lgs 502/1992] sono influenzati e influenzano dai diritti sociali [previsti nei LIVEAS – L 328/2000], mi permetto di sottolineare che anche i professionisti sociali, mai effettivamente profilati in modo organico e globale nel nostro paese, così come aveva previsto il disatteso articolo 12 della medesima Legge 328, divengano parimenti patrimonio delle nostre attenzioni terminologiche, etimologiche e di rappresentazione mediatica.
Richiamando le parole di Abburrà si può affermare che l’integrazione fra sociale e sanitario è da sempre considerato necessità e criticità al tempo stesso, ma rispondono a due filiere diverse; bilanci e personale dei due ambiti chiamati a integrarsi rispondono ad enti diversi; gli ambiti accademici da cui i diversi professionisti provengono e accedono sono diversi e purtroppo le risorse non sono organizzate in modo ottimale.
Credo che al di là dell’effettiva e ubiquitaria realizzazione, tutti i sistemi sanitari al mondo ci indicano, incluso il nostro, che vanno potenziati i servizi di prossimità, laddove gli individui vivono e conducono le loro esistenze inseriti in una comunità; è lì che vanno potenziate le presenze di questi professionisti e degli operatori socio-sanitari. Valorizziamo al meglio le buone pratiche già presenti nel panorama italiano, potenziamo il case-management e consolidiamo le équipe di comunità e/o di famiglia!
Sui 60milioni di abitanti del paese Italia, 1milione e 200mila sono i professionisti sanitari iscritti ai diversi ordini a cui si devono aggiungere gli operatori socio-sanitari; ciò sta ad indicare che ogni 60 abitanti in questo paese, bambini e anziani inclusi, almeno una persona svolge questo tipo di lavoro. E’ un patrimonio nazionale!
Anche se può apparire che non sia il tempo, credo che tra le altre priorità dell’oggi sia indispensabile sostenere l’effettiva attivazione della dotazione strumentale e organizzativa a sostegno dell’integrazione delle famiglie professionali sanitarie e sociali e degli operatori socio-sanitari, in cui sia anche possibile riequilibrare asimmetrie di poteri storicizzati e nuovi, per pervenire ad una realistica pluralità, a garanzia di una presa in carico effettivamente multidimensionale e multidisciplinare della tutela della vita, della protezione e della dignità dei singoli e della comunità, in cui le dimensioni socio-sanitarie sono così palesemente intrecciate.
Ancor più visibili nel tempo di cui siamo figli e figlie.
Monica Casati
Infermiera, Bergamo