23 luglio -
Gentile direttore,
sembra che alla fine non si voglia mai imparare … ci risiamo con le denunce (ora addirittura intestine) ai TSRM per esercizio abusivo della professione medica. La notizia è di venerdì scorso: i NAS si sono presentati all’ospedale Murri della Asur Marche - Area Vasta n.4 - Fermo, presso il reparto di radiologia, per una serie di accertamenti circa l’ipotesi per cui alcuni tecnici radiologi (che risulterebbero indagati), abbiano espletato «visite e prestazioni medico-tecniche» (inusitata definizione) senza la presenza dei medici.
È straordinario che a quasi 20 anni dalla emanazione del d. lgs. 187/00, ed a più di 6 anni dagli eclatanti casi di Marlia, Barga e poi Bari, i TSRM ancora non abbiano imparato la lezione.
Di fatto andrebbe riconosciuto un fallimento sotto il profilo teorico-formativo, ma soprattutto comportamentale dei TSRM, che pur di non “digerire” le 16+3 paginette di decreto legislativo (cui ancora si attende la novella) e collegato decreto ministeriale (erroneamente denominato “linee guida”), pensano ancora di poter contrastare lo strapotere dei medici radiologi alla maniera degli utili idioti.
Tutti gli elementi utili, infatti, ad un corretto portamento professionale per i radiologi (medici e tecnici) in realtà ci sono tutti: un nutrito e talvolta ridondante corpus normativo che anzitutto ribadisce fino alla noia il ruolo primario della responsabilità del medico radiologo (sia della clinica in generale ma anche – strano ma vero – della mera conduzione
di tutti gli esami).
Che identifica puntualmente le diverse tipologie situazionali delle attività radiologiche:
1. Regime di ricovero ordinario, DH o DS o in elezione, in strutture pubbliche o private ospedaliere;
2. Regime di ricovero in urgenza-emergenza in strutture pubbliche o private ospedaliere;
3. Regime ambulatoriale in strutture territoriali e presidi radiologici privati accreditati e non.
E che, inoltre, disponendo anche il c.d. “richiamo formativo quinquennale” di ECM - c.8 dell’art. 7 del d. lgs. 187/00, non ammette ignoranza alcuna sul tema.
Malgrado tutto ciò è sorprendente verificare che, sostanzialmente, non siano cambiate le prassi “ante 187”!
A dimostrarlo (denunce a parte) tutta una serie di atteggiamenti di “resistenza”: dalla ordinaria ricezione delle notifiche degli esami da parte del tecnico e non del medico (complice una non ancora implementata “tracciabilità” dei processi di giustificazione e ottimizzazione), all’atteggiamento degli stessi prescriventi, che mal tollerano si possano “rivedere” le proprie decisioni su di un paziente.
A complicare il tutto intervengono anche i protocolli interni aziendali, aggiuntivi al famoso “elenco esaustivo” delle c.d. linee guida, ossia il sistema di “giustificazione di secondo livello”, spesso in assenza di conformità se non validati da medico radiologo, TSRM, fisico medico e direzione sanitaria; protocolli che in ogni caso non possono includere le prestazioni con somministrazione di mdc.
Per non parlare poi delle previste attività specifiche, destinate ad ogni singolo caso (acquisizione della cartella clinica; verifica sui dati personali e consensi informati; verifica di congruità del quesito clinico rispetto alla prestazione richiesta, per un corretto espletamento delle procedure di giustificazione ed ottimizzazione) che il più delle volte semplicemente, sempre per una assenza di tracciabilità, NON vengono eseguite dai medici radiologi.
Altra forte difficoltà del TSRM è quella di avvalersi della possibilità di diretto ed effettivo coinvolgimento del medico (che da parte sua dimostra una certa riottosità, anche soltanto ad “entrare” in diagnostica radiologica) in ogni fase di espletamento delle procedure, operatività ripetutamente ricordata dalla normativa.
Non a caso alla seduta della
Commissione delle Politiche dell'Unione europea – Ufficio di Presidenza di Mercoledì 13 Febbraio 2019, la attività principale del medico radiologo è stata sardonicamente definita, dagli stessi organismi di parte medica, come la «lettura delle figurine»: attività molto agevolata anche dagli stessi TSRM, che per timidezza, indolenza e pigrizia intellettuale evitano di “disturbare” il medico, aggiungendo a questa la – pure eventuale – “tele gestione delle scartoffie”.
Il tutto, quindi, ben assai diversamente da quanto i presidenti nazionale e provinciale si ostinino a definire: ossia un ordinario svolgimento della professione del TSRM «entro confini ben delineati», e all’interno di «attività tipiche e riservate».
Ma perché accade tutto ciò?
La risposta è abbastanza semplice: è un “patto” tanto invisibile ed indistinto, quanto pericoloso.
Da una parte ci sono i TSRM che, benpensanti, ritengono che accampando competenze “sul campo” le si possano successivamente reclamare; oppure, come si fosse in Inghilterra, si possano accreditare su attività che, piaccia o no (ed effettivamente dispiace e non poco), in Italia non soltanto restano riservate ai medici radiologi, ma per le quali non si intravede alcuna disponibilità (malgrado un comma 566 della legge 190/2014) di cessione verso i TSRM.
Dall’altra ci sono i medici radiologi, la cui ipocrisia è ormai leggendaria tra la classe medica, che forse addirittura invidia tale autocrazia dei radiologi, che riesce a mantenere assoggettato a sé ogni livello decisorio, ma al contempo eludendo l’ineludibile : gli aspetti pratici su cui tali decisioni devono essere fondate.
Le attività vengono condotte, quindi, in queste modalità assai “sopra le righe”, ed entrambe, medici e tecnici radiologi continuano nelle loro attività, confusi e felici, salvo poi registrare, ad un certo punto, che in nessun giorno delle stesse abbiano operato in pieno e legittimamente all’interno delle loro vere competenze.
Pertanto appaiono come improbabili le posizioni istantaneamente irrigidite di presidenti provinciali e nazionali che inneggiano a lesioni del «decoro e dell’onorabilità della professione», che in realtà occorrono quotidianamente, in tutta Italia e sotto gli occhi anche dei malcapitati pazienti, che più che porre soluzioni ai loro problemi di salute, giustamente, poco vogliono saperne di tali situazioni.
Prima di porre in essere improponibili «pugni di ferro», pertanto, l’organizzazione professionale – a tutti i livelli – deve ancora interrogarsi, a vent’anni dalla innovazione normativa del d. lgs. 187/00, quanta innovazione sia stata trasferita nella mente dei TSRM, che ancora non hanno capito che devono pretendere dai medici radiologi di “onorare” il mandato normativo, fitto di pretese sempre e ovunque accampate, ma in vero mai adempiute.
Dr. Calogero Spada
Dottore Magistrale
Abilitato alle Funzioni Direttive
Abilitato Direzione e Management AA SS
Specialista TSRM in Neuroradiologia
Gallarate