6 febbraio -
Gentile direttore,
faccio il medico di medicina generale da più di 30 anni e sono ancora appassionata del lavoro scelto. Negli anni ho curato famiglie intere, ho visto nascere figli, crescere ragazzi, accompagnare anziani nel loro percorso di vita. Conosco i loro nomi, i nomi dei figli, dei nipoti e ultimamente anche dei pronipoti. Sono al corrente delle disavventure sentimentali, delle crisi lavorative, dei problemi economici e sociali. Spesso mi trovo ad ascoltare problematiche familiari e generazionali supplendo ad un approccio psicologico che potrebbe essere più consono.
La realtà e le necessità sono molto cambiate nel tempo. Le situazioni sanitarie si sono diversificate negli anni. La vita media è aumentata e le spettanze di vita si sono modificate grazie a terapie e a percorsi riabilitativi migliorati. Negli anni ho potuto constatare che Il tempo dedicato alle visite ambulatoriali è praticamente monopolizzato dal controllo di anziani che accedono allo studio per problematiche inerenti allo stato di senescenza.
Abbiamo richieste continue da parte degli interessati e da parte dei familiari, per risolvere problemi articolati o mnesici di persone ultraottantenni alle quali difficilmente sappiamo dare soluzioni. Così succede che a volte non prestiamo sufficiente attenzione alle problematiche di 50/60enni che raramente accedono all'ambulatorio e minimizzano I loro sintomi.
È frustrante scoprire poi, che problemi reali ed importanti insorgono in coloro che meno di altri si sono recati in ambulatorio, e ancora più frustrante è il rendersi conto di non aver approfondito problematiche sommerse, perché tediati da richieste e telefonate inutili. Di tutto ciò non è colpa di nessuno. Sono solo cambiati i tempi. Un tempo l'anziano viveva in famiglia e si rassegnava alla normale decadenza della vita e delle preesistenti capacità, grazie all'assidua e alternata vicinanza di familiari e nipoti.
Ora questo non esiste più. L'anziano, molto spesso vive solo, qualche volta ha l'assistenza di una badante, ma il nucleo familiare non esiste più. I figli sono impegnati nel lavoro e alcune volte sono lontani, delegano personale alternativo all'assistenza e, l'anziano rimane comunque solo, richiedendo prestazioni che spesso non sono conformi all'età. Non esiste più la sana consapevolezza che la vita ha un percorso definito anche di decadimento e di accettazione.
Permane la volontà di perpetuare la vita e la valitudine all'infinito, richiedendo accertamenti che nulla hanno di utile se non di aumentare la spesa sanitaria. Ricordo i primi tempi quando l'anziano era accudito dalla figlia e/o dalla nuora, circondato dall'affetto dei nipoti, e di come le cose evolvessero in modo naturale. A quel tempo non vi erano richieste di certificazioni di invalidità e /o di assegno di accompagnamento. Il giovane, il figlio, la nuora seguivano l'anziano che pacificamente attendeva la fine dei suoi giorni in famiglia.
Ora date le nuove condizioni di vita la situazione è cambiata. Nessuno ha più tempo per nessuno e l'anziano nella sua limitata autonomia trova conforto dal medico di famiglia che con il tempo limitato che ha, si ritrova a diagnosticare, curare, consolare situazioni ormai croniche. Non so come questo si potrà risolvere. È un problema dei nostri tempi. So che ci fa stare male e ci fa sentire inadeguati nel gestire la vera malattia che non è la normale senescenza. Difficile trarre una conclusione e/o una soluzione da tutto ciò. Un'idea potrebbe essere quella di differenziare gli accessi, riservando degli spazi a coloro che hanno patologie e sintomi insorgenti, dedicando il tempo necessario ad un'attenta analisi, coadiuvandici di un attento e veloce supporto ospedaliero. Brutto da proporre.. Ma fattibile.. Triage anche per l'ambulatorio di famiglia. Personale qualificato per dirigere e valutare l'emergenza con i tempi dovuti distinguendo le patologie croniche, conosciute, ripetitive e senescenti che hanno necessità di supporti di altro genere.
Alcuni di noi hanno codificato accessi su appuntamento, ma anche questo non è risolutivo. Molto spesso verifichiamo che il tempo prenotato è riservato alle stesse persone che potrebbero venire in ambulatorio in orari liberi e che comunque ci sottopongono questioni note e poco risolvibili, l'inevitabile dolore articolare e la consueta astenia e limitazione motoria dell'età alla quale dobbiamo inventarci soluzioni esoteriche dopo aver provato e proposto Il tutto.
Formare un personale infermieristico che fosse dirimente per controlli pressori e prescrizioni farmaceutiche croniche e che se ne facesse carico, lasciando spazio a coloro che eccezionalmente, in maniera motivata accedesse al consulto medico per diagnostica e possibile terapia, sarebbe cosa auspicabile. Il contratto nazionale per la medicina generale è scaduto da tempo, c'è necessità di rinnovare le prestazioni e le modalità in cui queste vengono fornite ottimizzando tempi e risorse in modo da dare il meglio ai nostri pazienti senza penalizzare coloro che hanno poco tempo e poche possibilità di accedere ai nostri studi.
Dr. Laura Visintin
Medico di medicina generale Cavarzere (VE)