28 febbraio -
Gentile Direttore,
leggo dal suo giornale che in Campania, a seguito dello spiacevolissimo episodio avvenuto all’Ospedale Loreto Mare di Napoli si sta cercando di revisionare il sistema di controllo dei dipendenti e si ipotizza, tra le azioni deterrenti contro l’assenteismo,
il rilevamento delle presenze mediante impronte digitali (già sperimentato al Presidio Ruggi D’Aragona di Salerno).
Sono anni che esercito la professione di medico e leggere questa notizia mi ha fatto rabbrividire per una serie di motivazioni che proverò ad elencare. Innanzitutto c’è da chiedersi se i lettori di impronte digitali siano sicuri poiché in internet si leggono notizie come quella di un professore giapponese, Tsutomo Matsumoto, che ha realizzato tecniche a basso costo che consentono di clonare con relativa semplicità un’impronta digitale. Non provo nemmeno ad immaginare cosa potrebbe succedere se tale invenzione avesse successo.
Una seconda questione, non secondaria, è l’utilizzo da parte del datore di lavoro dei dati biometrici del lavoratore. In una vecchia sentenza del 2005 del garante della privacy si vietava ad un’azienda l’uso dell’impronte digitali dei dipendenti per l’ingresso e l’uscita dall’ambiente di lavoro perché metodo troppo invasivo della libertà individuale e della privacy. Per non parlare, poi, delle questioni relative alla eventuale custodia e protezione di tali dati ricordando quanto successe nel 2014 al Ministro della Difesa tedesco Ursula Von der Leyen, ovvero il furto di impronta mediante foto scattate a distanza, ad opera di un gruppo di hacker europei.
Questi solo pochi spunti su una questione che vede ancora una volta sul banco degli imputati un’intera categoria, quella degli operatori sanitari del terzo millennio. Sono d’accordo sul fatto che occorre riorganizzare la Sanità e regolamentare i percorsi lavorativi ma trovo indecoroso che un comportamento disdicevole di pochi possa essere strumentalizzato per infangare tutti coloro che, senza bisogno di lasciare la propria impronta all’ingresso o all’uscita di un presidio ospedaliero o quant’altro, giornalmente affrontano carichi di lavoro eccedenti per fronteggiare la crisi del Sistema Sanitario Nazionale.
Mi consenta un’ultima annotazione: perché la stessa celerità nella riorganizzazione e nella ricerca dei correttivi adeguati non viene utilizzata per cercare di arginare i crescenti episodi di violenza contro il personale sanitario?
Se venisse stabilito di regolamentare l’ingresso e l’uscita del personale sanitario mediante lettore di dati biometrici perché non pensare di implementare la prevenzione da eventuale atti di violenza di terzi richiedendo l’impronta digitale di tutti coloro che transitano per i pronto-soccorso?
Maria Ludovica Genna
Osservatorio Sanitario di Napoli