16 novembre -
Gentile direttore,
il nostro sistema sanitario pur tra mille difficoltà resta uno degli esempi migliori di sanità pubblica a base universalistica, nonostante le scarse risorse economiche e le diseconomie determinate dai nostri comportamenti. Sappiamo anche che i grandi mutamenti sociali e antropologici, ci obbligano a rivisitare i modelli e i servizi del nostro sistema sanitario e la nostra professione.
Ivan Cavicchi, nel suo libro “
la quarta Riforma”, richiama coloro che hanno a cuore il sistema sanitario pubblico a decidere cosa sia meglio fare per rendere compatibili, con le risorse disponibili, i principi etici di giustizia ed equità che lo ispirano. Questo richiamo, dopo un’analisi accurata dei vari problemi che oggi sono sotto la lente del riflettore, si conclude con la proposta di una nuova riforma, la quarta per l’appunto, in grado di fornire nuovi strumenti di “governance” dell’intero sistema salute.
Per noi componenti del centro studi della Fnomceo è una occasione che ci viene offerta per approfondire due tematiche (
La Medicina e
L’Organizzazione) che riteniamo cruciali per superare i futili interventi di parte pubblica, inseriti in una invarianza del sistema, ben chiarita da Cavicchi, e che pensiamo debba essere riformata. Lo pensiamo anche allo scopo di ridare smalto, spessore e slancio alla nostra professione di medici.
Ci riferiamo, nello specifico, ad una inderogabile rivisitazione dei contenuti della medicina, per curare il malato secondo le sue necessità, irrobustendo la libertà di cura per il medico e al progetto di una nuova organizzazione sanitaria che non è più coerente con la realtà multidimensionale, cui fa riferimento la tutela della salute, e che non si sposa con la realtà scientifico biologica del paziente .
“La Medicina”. Ci sono dei valori che non sono mutati nella storia della medicina quali il rapporto medico-paziente fondamento dell’atto medico, mentre altri, come la qualità di vita intesa come pienezza di attività e di validità psicofisica, si sono aggiunti nel tempo.
Quest’ultima è divenuta negli anni più recenti il parametro più importante per misurare l’efficacia di molte attività centrate sulla persona e anche parametro di giudizio di efficacia della medicina; è in grado tra l’altro di condizionare pesantemente la medicina con il dovere per il medico di acquisire una visione più complessa della conoscenza del paziente e di sviscerarne l’identità nuova.
Ha certamente ragione Cavicchi nell’affermare che la conoscenza scientifica oggettiva per definizione non sembra più sufficiente per conoscere l’attualità del soggetto malato, per cui la comprensione delle implicazioni biologiche non può essere disgiunta dal suo contesto storico sociale.
A rinforzare il pensiero di Cavicchi sul piano sociologico, ci viene in aiuto anche la scienza post-genomica che ha modificato i paradigmi di riferimento della genetica. La medicina post-genomica infatti supera il tradizionale approccio “riduzionistico” muovendo verso una visione olistica, quella della “medicina dei sistemi” che guarda al corpo umano come ad un insieme integrato nel quale vengono incorporate le complesse interazioni.
Inoltre i nuovi strumenti diagnostici insieme ai nuovi strumenti matematici, sta rivoluzionando il tradizionale paradigma della medicina rivolta al paziente ammalato, per sviluppare nei prossimi anni una medicina che è stata definita delle 4 P - “ Preventiva Predittiva Personalizzata Partecipativa” .
Davvero pochi si sono accorti come l’evoluzione scientifica ci porti sempre di più dentro ai domini del dibattito filosofico. La clinica pertanto ritorna a confrontarsi, come ai primi del novecento, con l’unicità del paziente in una tensione insuperabile per il medico tra relazione individualizzante e ricerca di generalità.
La riforma della medicina deve partire da questi presupposti, da questi agenti di cambiamento per ridefinire il medico quale “agente” e da esso ricavare le caratteristiche di una nuova formazione che passi dalla nozione alla cognizione, dalla conoscenza tout court a chi la mette in pratica, cioè all'agente. Una formazione medica in funzione della soluzione dei problemi delle persone in cui l’insegnamento scientifico non sia solo una catena di montaggio fondata solo su evidenze, ma anche costruzione dei significati delle conoscenze; una formazione attenta alle tecniche della comunicazione, alla bioetica e ai fenomeni della società nel suo complesso, di tutti quegli aspetti che fanno della medicina una scienza in primis relazionale.
“L’Organizzazione”. L’organizzazione della nostra sanità si ispira ad un modello culturale che si limita solo ad affrontare la dimensione “oggettiva” delle prestazioni sanitarie, sottovaluta l’aspetto della qualità di una prestazione che non si basa solo sulle caratteristiche scientifiche e tecnologiche, per loro natura più facilmente misurabili, ma include necessariamente elementi “soggettivi” a cominciare dalle percezioni positive sperimentate dal paziente che accede ai Servizi Sanitari.
L’organizzazione sanitaria è ancora in stretto rapporto con la professionalizzazione medica di fine ottocento per cui è centrata sulle discipline mediche legate alla sua storia.
L’ospedale non può più essere un contenitore generico ma una struttura calibrata sul bisogno del paziente, un luogo in cui si attuano processi di alta integrazione interdisciplinare che permette la riorganizzazione e la differenziazione delle responsabilità cliniche, gestionali e logistiche.
E’ il luogo dove si completa una appropriatezza verticale per intensità di cura con l’integrazione orizzontale delle altre figure sanitarie.
Ovviamente questo richiede anche una riorganizzazione della sanità territoriale e l’obiettivo è la trasformazione strutturale della Medicina Generale per la sua integrazione con gli altri livelli del comparto.
In Lombardia si hanno i primi risultati positivi con l’affidamento di interi blocchi di servizi e la presa in carico di pezzi del sistema da parte della Medicina Generale (Cronic Related Group).
Queste tipologie di lavoro favoriscono molto meglio la collaborazione multidisciplinare e lo sviluppo di percorsi di cura in cui la professione medica e quelle sanitarie sono chiamate ad intrecciare rapporti meno conflittuali e quindi più efficienti, efficaci ed equi.
In questo nuovo contesto la “formazione” assume diverse valenze e si connota come un processo ma anche come uno strumento. Come dice l’amico Ivan “la regressività professionale è funzione di una formazione regressiva e non può esserci evoluzione della professione senza evoluzione della formazione”.
Oggi la formazione è separata dal contesto organizzativo e lavorativo, ma non può esserlo nel prossimo futuro perché è parte del processo ed essa stessa processo.
Se l’organizzazione quindi si “orizzontalizza", all’interno di essa possono essere collocate conoscenza, controllo, management e anche potere con modalità diffuse, si possono cioè valorizzare le competenze professionali specifiche.
Tutto questo necessita di un cambiamento culturale di tutti gli attori coinvolti amministratori, professionisti e non ultimi i cittadini le cui scelte hanno ricadute etiche, sociali ed economiche sul sistema.
E’ importante che nel corso della vita professionale si realizzi una sintesi coerente ed efficace tra formazione universitaria, esercizio professionale e sviluppo continuo delle conoscenze e competenze.
Una formazione continua in cui si sviluppino le sane cooperazioni e si disincentivino le false competizioni professionali.
Maurizio Benato
Vito Nicola Gaudiano
Componenti Centro Studi e Documentazione della FNOMCEO