28 luglio -
Gentile direttore,
ho letto alcuni articoli del vostro Quotidiano Sanità e mi sorprende come solo alcuni professionisti infermieri, ma tra loro anche Presidenti di Collegio, abbiano inquadrato il problema di fondo della professione infermieristica, e forse delle professioni sanitarie. Negli oltre 15 anni di formazione sul campo, di studi, di traguardi raggiunti che qualcuno cita, ci siamo resi conto di una cosa. La nostra professione non è solo assistenza, è molto altro. Come può un infermiere specializzato in vulnologia assistere un paziente dove un medico specializzato in altre materie ( vascolare, chirurgo generale, medico di base, ect.) fa una diagnosi errata e propone terapie errate?
È l'infermiere specializzato che deve fare diagnosi infermieristica e poi assistere il paziente, e chiedere un aiuto al collega medico, o ad altre professioni, se non riesce a gestire da solo la situazione. Si tratta quindi di più professionisti che fanno diagnosi e che si aiutano. Non è pensabile che ci sia un solo professionista che faccia tutte le diagnosi, imposti tutte le cure e gli altri passivi che lo ascoltino. Ma sarebbe un mondo troppo semplice, anche un bambino ne resterebbe sorpreso. È allora, se il nostro scopo è la salute dei cittadini, abbandoniamo le mediazioni, andiamo diritti allo scopo. Tutti i professionisti sanitari devono fare le diagnosi proprie, devono poi confrontarsi tra di loro, con il medico preparato in primis, e agire per il bene del cittadino. Partiamo da qui, partiamo dalla realtà e cerchiamo di migliorala.
Fabio Granata
Infermiere - Educatore