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QS Edizioni - sabato 23 novembre 2024

Lettere al Direttore

La relazione congressuale di Milillo è sconcertante e preoccupante. Mutue superate da 40 anni, bisogna difendere il Ssn

di Nicola Preiti
20 ottobre - Gentile Direttore
Suscita sconcerto e preoccupazione, la relazione del segretario nazionale Fimmg, approvata dal congresso nazionale di Cagliari. Sconcerto nel vedere la deriva di valori e di cultura del più grande sindacato dei Medici di Medicina generale. Preoccupazione per il rischio che una categoria importante di medici sia condotta alla marginalità. E purtroppo non possiamo pensare che sia il caso a determinare tale spregiudicatezza.
La difesa del sistema sanitario nazionale pubblico, equo ed universale, è stata sempre un punto cardine, un principio e un valore non negoziabile per tutti i medici pubblici, dipendenti e convenzionati. Abbiamo fatto anche manifestazioni e scioperi unitari a difesa del sistema sanitario nazionale. Anche la FIMMG era su questa linea, fino a ieri.

Le mutue, in Italia le abbiamo superate ormai da 40 anni e la conquista del SSN è uno degli elementi essenziali che qualifica lo sviluppo civile della nostra società. Alla sua base c’è l'idea non semplicemente di “garantire tutto a tutti” ma di dare le “migliori cure e trattamenti” a tutti e ad ognuno indipendentemente dalle sue capacità contributive e indipendentemente da quanto abbia bisogno o grave sia la sua malattia.

Questo per l'equità, per la solidarietà, perché una società più sana è una società meno povera, perché la salute produce sviluppo economico e crea ricchezza (come sanno bene i tanti avvoltoi che svolazzano intorno agli oltre 110 miliardi del Fondo sanitario nazionale). Questi principi sono stati così introiettati dai medici da essere enfatizzati e prescritti anche nel codice deontologico, e valgono anche se non si lavora per il SSN.

I detrattori del SSN, quelli che vorrebbero due sanità, una per i ricchi e una per i poveri, sono numerosi. E il loro riferimento appare (legittimamente) lo “scopo di lucro”. Ci sono politici ideologicamente legati ad una concezione liberista (ricordate l'agenda Monti o il libro bianco di Sacconi?): riduciamo la spesa pubblica per la sanità e lasciamo che i cittadini scelgano liberamente sul mercato. L'ottica è quella del “se la cavi chi può”.
Ci sono economisti organici al progetto, che Krugman (premio Nobel per l'economia) chiama “gli economisti per caso”, refrattari ai dati della realtà: i sistemi sanitari universali costano molto meno e garantiscono molta più salute a tutti (contraddizioni incluse): Italia 7% (Pil) pubblica e 9% complessiva, in USA 17,6% con milioni di cittadini senza assistenza. E infatti la Riforma sanitaria di Obama muove faticosi passi verso il nostro sistema mentre qualcuno fra noi vorrebbe andare contromano.

Ci sono assicurazioni, fondi, mutue varie, con buone entrature nei partiti e nel Parlamento che hanno semplicemente messo gli occhi addosso al business della salute. In realtà l'obiettivo è spostare la gestione di una montagna di soldi dal pubblico agli investitori privati. Che non sono, evidentemente enti di beneficienza, ma traggono le loro risorse dai contributi individuali e di categoria, fanno parte in sostanza del costo del lavoro. Per questo si fomenta e sostiene tutto un movimento d'opinione che in vario modo tenta di affossare la sanità pubblica.

Ci possono stare tutti su questo terreno, e con opinioni sempre rispettabili ma non condivisibili. Ma cosa c'entra la Fimmg: non sono economisti, non sono un partito, e non risulta abbiano a che fare con fondi assicurativi. Allora perchè la scelta del maggior sindacato dei medici di medicina generale di ridurre servizi e assistenza; di classificare “indigenti” (come vengono definiti nella relazione) e distinguerli dai “non indigenti”; decidere cosa è gratis e per chi, quante prestazioni e quali ti posso offrire e a quale prezzo; cosa integrare , con chi e a che prezzo.Ma sono proprio i medici di medicina generale che esistono e vivono del welfare, dei fondi del SSN. Ed è qui che si sviluppa la loro professionalità. E allora risulta incredibile che proprio questi facciano una scelta liberista che tende a cancellare il welfare e l'assistenza pubblica che li retribuisce.

Ma andiamo al cuore del problema: l'insostenibilità. Chi lo ha detto che il SSN italiano è insostenibile?
Ma se spendiamo meno della media europea (OCSE). I conti sono così sotto controllo che la Corte dei Conti ha indicato il sistema sanitario come modello per una efficace riduzione della spesa anche in altri campi: solo nel 2013 la spesa si è ridotta di ben 2 mld, più delle previsione del DEF di aprile! Insostenibile? Ma se l'OCSE dice che l'incremento di spesa sanitaria pubblica italiana è il più basso d'Europa (1,3% dal 2000-2009 e perfino 1% nel 2010).

Insostenibile? Ma se perfino ci siamo “concessi” il lusso di contribuire con 30 miliardi negli ultimi 4 anni per tappare falle della spesa e del debito pubblico. Insostenibile? Ma se circa ¼ del totale del fondo viene allegramente devoluto in sprechi e “in beneficenza” alla corruzione!
Ma un momento. Forse a pensaci bene è vero che è insostenibile.  E' insostenibile per chi lo finanzia (86% da lavoro dipendente, pensionati e irap, compresi medici convenzionati) e lo offre gratuitamente agli evasori: l'equità (con limiti) infatti è nell'accesso ma purtroppo non nel sostentamento del SSN. E per la verità non lo sostengono i ricchi ma chi vive, e a volte sopravvive, del suo lavoro. E poi magari si devono anche pagare di tasca prestazioni e ticket : l'out of pocket in Italia ammonta a 28 MLD ( Censis). E ci sono da sopportare anche le liste d'attesa, ricoveri in barella, file ai PS e perfino file per farsi visitare dal proprio medico di famiglia.

Ma lasciamo perdere i ragionamenti sui principi, sui valori, e sulle ripercussioni negative che deriverebbero ai cittadini e alla società. Per questo rimandiamo alla approfondita e puntuale analisi svolta da Ivan Cavicchi e Paolo Da Col su Quotidiano Sanità. Condividiamo ogni virgola.
Domandiamoci cosa succederebbe alla categoria se questa scelta, per noi sciagurata, andasse in porto.

Non sappiamo quali trattati economici siano il riferimento di quanto sostenuto nella relazione del segretario nazionale della Fimmg e quale sia la concezione delle teorie liberiste che ne ha ricavato. In soldoni, forse ha capito di poter mantenere l'attuale finanziamento pubblico (dell'assistenza primaria, nello specifico), pagato dalla fiscalità generale solo per l'assistenza agli indigenti (?), e di poter affiancare un ulteriore introito diretto per i medici di medicina generale, attraverso contratti e convenzioni da stipulare direttamente con i cittadini e con fondi, assicurazioni e mutue varie.
Coerentemente ha anche pensato di dare maggiore autonomia (presunta, per noi) al medico inquadrandolo come professionista autonomo con un semplice rapporto di CO.CO.CO. con il SSN (proposta di Art. 1 della Conv.). Due contratti quindi, sostiene, uno con il SSN ed uno individuale con il cittadino con cui concordare ( in sostanza) il “quibus” in modo diretto.

Ma è un abbaglio madornale che provocherebbe danni incommensurabili ai medici. E speriamo che se ne accorgano in fretta.
Il liberismo, per farla breve, non dice più Stato e più mercato, non dice più spesa pubblica e più spesa privata. Lo sanno, i liberisti, che i soldi non sono infiniti. E dicono abbassate la spesa pubblica e quindi le tasse e così il cittadino con i soldi risparmiati provvede liberamente ai suoi bisogni e tra questi anche a quelli sanitari. E lo fa direttamente o con assicurazioni e fondi privati, alle dipendenze dei quali il medico diventa una semplice fattore di produzione, senza adeguate garanzie normative ed economiche. E senza autonomia.

Già l'ultimo Governo Berlusconi, ad esempio, aveva economisti di riferimento che gli indicavano la strada della drastica riduzione, fino al dimezzamento, del fondo sanitario. Lasciare il minimo essenziale per gli “indigenti”, e con le risorse recuperate pagarsi autonomamente l'assistenza sulla base di una loro libera scelta. Ciò significa, cari medici che aderite alla Fimmg, che il vostro attuale stipendio sarebbe drasticamente ridotto, e poi dovreste recuperare fornendo prestazioni private aggiuntive. Ma è evidente come il sole che il recupero sarebbe impossibile. Che si tratta un abbaglio clamoroso. Proprio il principio liberista prevede (almeno) la libertà di scelta e allora ognuno si farebbe curare da chi vuole con buona pace per la convenzione, con il rapporto con il SSN, con la integrazione con gli altri professionisti, eccetera.

Il medico di medicina generale che oggi è al centro dell'assistenza territoriale sarebbe ai margini: medico indigente per gli indigenti.
Saremmo insomma davanti ad una debacle professionale ed economica. E non ci sarebbe neanche la tanto rivendicata autonomia, si consegnerebbero mani e piedi i medici ad investitori privati. Abbiamo bisogno d'altro e il SSN provvederà comunque ai suoi bisogni, costruirà comunque il suo moderno pilastro territoriale di assistenza fatto di distretto, organizzazione, multiprofessionalità, integrazione, medicina d'iniziativa, trattamento dei malati cronici, presa in carico, continuità assistenziale, ecc. Serve, questo si, alla sostenibilità di tutto il sistema.

I problemi odierni delle cure primarie sono molto rilevanti e vanno affrontati. Purtroppo i ritardi, le frustrazioni, le mortificazioni dei medici di medicina generale, con una organizzazione delle cure primarie che non riesce ad evolversi e adeguarsi sono evidenti a tutti. Con danno per il sistema e per i medici. Ma non sono frutto del destino cinico e baro. E non mancano idee e proposte (tra le quali, modestamente, anche quella della FPCGIL Medici).

Bisognerà che chi ha l’onore di rappresentare il 65% dei medici non sfugga all’onere della responsabilità di pari misura della situazione critica in cui versano le cure primarie. Senza Fimmg non si fanno convenzioni e accordi, giustamente: è maggioranza assoluta. Ma ne consegue che la paralisi della categoria e il suo declino di cui tutti si lamentano derivano anch'esse dalle scelte che la Fimmg ha fatto. E vediamo che al peggio non c'è fine.

Noi continuiamo ad essere affezionati al SSN perché lo riteniamo un patrimonio di civiltà di proprietà dei cittadini, il miglior modo finora conosciuto per la tutela della salute di tutti. Vogliamo continuare a lavorare per il superamento delle criticità del sistema per garantire sempre più efficacemente tutto a tutti, indipendentemente dal reddito. Se alcuni o tanti medici di medicina generale decidessero di seguire la deriva proposta nella relazione del segretario nazionale della Fimmg, pazienza. Ce ne faremo una ragione e un ricordo. Ma ora almeno tutti i medici di medicina generale, e non solo, hanno motivi maggiori di riflessione.
 
Nicola Preiti (responsabile nazionale Fp Cgil Medici per medicina convenzionata)
 
20 ottobre 2014
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