19 dicembre -
Gentile Direttore,desidero rispondere alla lettera "
Dov'è o morte la tua vittoria" del padre Virginio Bebber, a proposito del suicidio medicalmente assistito della paziente "Anna". È doveroso premettere la mia totale adesione alle cure palliative, essendo stato uno dei pionieri di questa disciplina nel nostro Paese e avendo a lungo lavorato per la loro realizzazione e diffusione. Premetto anche che il principio laico dell'autodeterminazione ha trovato un orientamento favorevole anche nella pronuncia della Corte Costituzionale del 2019 e che il suicidio non è giuridicamente punibile.
Date queste premesse e la chiara, consapevole, informata volontà di Anna di terminare le sue sofferenze e la sua vita con il suicidio assistito, mi pare che l'accorato appello del religioso a considerare una presunta mancanza di cure, di attenzioni e di vicinanza ad “Anna”, sia solo ispirato dalla “sua” fede, a cui “Anna” probabilmente aderiva, ma che, a suo insindacabile giudizio, non l’ha aiutata, così come ha rifiutato le cure palliative.
Va ricordato a Padre Virginio Bebber che viviamo in uno stato laico, nel quale le opzioni di un malato inguaribile al termine della vita non sono condizionate, se non lo desidera o non vi aderisce, dai precetti della Chiesa e non per questo va considerato uno sprovveduto o un incosciente.
Va infine sottolineato che le cure palliative non sono la panacea universale di tutti i dolori e le sofferenze, ma solo - e aggiungo "fortunatamente" - una valida opzione che si offre ai malati al termine di una malattia senza speranze di guarigione.
Giorgio Di MolaAnestesista Rianimatore, fondatore Società Italiana di Cure Palliative