11 gennaio -
Gentile Direttore,
in ogni modo la si voglia valutare, la pandemia in atto ormai da due anni non può indurci a commettere il facile e letale errore di considerarla come un fenomeno "a sé”, cioè di valutarla come una parentesi storica e slegata da ogni altro particolare della vita quotidiana di tutti. Per essere più chiari: le varie forme di influenza esistono e sono note da anni; un secolo fa abbiamo letto che la "spagnola", anche se ci sono elementi che ne posizionerebbero l'origine in Cina, anche in quel caso…, provocò decine di milioni di morti, ma anche alla fine degli anni '50, degli anni '60 e degli anni '70, con una sinistra cadenza quasi esattamente decennale, si svilupparono in Asia e Russia forme ad alta letalità.
Eppure ancora oggi ci fermiamo a discutere sui vaccini, sui provvedimenti legislativi, sul fatto che sia opportuno o meno riprendere le lezioni in presenza nelle scuole. Il non facile equilibrio tra le potestà decisionali/legislative dello Stato e delle Regioni e gli aspetti poco edificanti della politica della nostra beneamata Italia, poi, non ci aiutano certo.
E allora per essere più chiari: quali siano le cause di origine, quali siano i fattori che ne facilitano la diffusione, quali siano le concause organizzative o amministrative che rallentano la più efficace azione di prevenzione e cura...noi un'idea praticabile e sicura ce l'abbiamo.
Anziché rincorrere gli effetti dopo che si presentano...sfruttiamo quel che abbiamo.
Semplice, vero?
Sì, perché quel che possediamo è un formidabile mix di conoscenze clinico/scientifiche e, al contempo, una possibilità pressoché irripetibile, e fortunatamente contemporanea, di attingere alle risorse del PNRR in modo mirato.
Occorre, signori, smettere di “assaltare la diligenza” usando in modo miope e dissennato le somme a disposizione. È necessario guardare le cose come statisti: pensare a lungo termine, pianificare e investire in modo etico e costruttivo.
Solo così avremo dato un senso al nostro dovere nei confronti della nostra professione e soprattutto nei confronti delle prossime generazioni.
È tempo di decisioni ecumeniche: approfittiamo dei prossimi 5 anni destinando ad ognuno di essi almeno 15.000 borse di studio per le scuole di specializzazione e ulteriori 5.000 posti per la medicina del territorio, e magari facilitare l’accesso alla laurea in medicina aumentando i posti disponibili nelle patrie università evitando il nuovo fenomeno del “pendolarismo studentesco” verso paesi più “elastici” nelle selezioni.
Le timide aperture degli ultimi, un po' improvvisati, provvedimenti non saranno sufficienti, neppure nel medio periodo. L'Italia potrà recitare un ruolo se saprà e vorrà farsi trovare pronta tra qualche anno e questo, indipendentemente dalle urgenze, dalle spinte emotive, dalla cronaca, che ormai sembra esser diventata l'unica cosa che conta, in tv o sui social e quindi in grado di influenzare la politica.
Tra 5 anni inizieremo a vedere i primi risultati e saremo in grado di verificare, dopo, se tali iniziative saranno sufficienti oppure necessiteranno di ulteriori accorgimenti.
Questo dovrà ovviamente essere parametrato in percentuali adeguate per tutte le professioni sanitarie e in ogni caso per qualsiasi assunzione potrà essere utile per arrivare finalmente ad un SSN in grado di affrontare con la forza e la solidità necessarie futuri quadri di emergenza.
Occorre avere una visione funzionale e realistica un po' come quando si costruisce un'autostrada: la si realizza pensando che possa essere utilizzata da "N" auto in sicurezza, non certo sperando che sia poco frequentata.
Nel malaugurato caso dovessimo fare i conti con altre pandemie, un sistema sanitario forte e ben strutturato sarà la migliore eredità che professionisti attenti e politici rigorosi dovranno lasciare. E non si tratterà di "spreco", ma di investimento, di prevenzione.
La migliore assicurazione sul futuro che vogliamo per la nostra nazione.
Dott. Benedetto Magliozzi
Esecutivo Nazionale CISL Medici
Segretario Generale CISL Medici Lazio