29 luglio -
Nessuno, neppure un altro medico, può permettersi di discutere l’esecuzione di un’indagine prescritta (e regolarmente prenotata) del medico curante. Specie in casi di patologie in cui controlli e urgenza sono spesso veri salvavita.
La vicenda è seria e si tratta di qualcosa che non sarebbe mai dovuta accadere. Ma un infermiere – perché il diniego all’esecuzione dell’indagine è arrivato da un amministrativo addetto alle prenotazioni, neppure un sanitario – non lo avrebbe davvero mai fatto. Prima di tutto non lo avrebbe fatto per cultura e consapevolezza della serietà e della gravità della condizione e degli effetti che un simile gesto possono avere su questa. Poi non lo avrebbe fatto davvero per questioni di burocrazia come la differenza tra 11 e 12 mesi (a indagine regolarmente prenotata poi).
E’ esattamente questo ciò che
abbiamo denunciato pochi giorni fa ai media: tutto ciò che non è medico in un ospedale diventa infermiere. Ed è esattamente questo che chiediamo con forza: una corretta informazione che riconosca alla nostra categoria il suo ruolo e che aiuti anche i pazienti a non fare (in questo caso gravi e spiacevoli) confusioni.
In questo caso l’errore di valutazione, su cui il Collegio di Matera sta intervenendo per le misure del caso, nasce da un comportamento inappropriato di chi era all’accettazione, ma non avrebbe mai dovuto intervenire nel merito: l’infermiere è un professionista sanitario laureato in grado di farsi carico dell’assistenza del paziente, l'amministrativo è evidente che con le professioni sanitarie e il loro rapporto con i malati non ha nulla a che fare e non può certo (e non deve soprattutto) discutere diagnosi e terapia.
Barbara Mangiacavalli
Presidente Federazione nazionale Collegi Ipasvi