Dopo un anno mezzo di lotta al Covid lo stipendio degli infermieri italiani è ancora “il più basso in Europa”. Finora sono stati dati “premi a pioggia una tantum, a cui ci saremmo aspettati che sarebbe seguito un riconoscimento effettivo. E invece tutto è rimasto immutato”. A sollevare il problema è
Antonella Rodigliano, segretaria del Nursind di Bologna, che lancia un appello perché agli infermieri sia riconosciuto un aumento stabile in busta paga.
“La remunerazione del personale infermieristico del servizio sanitario nazionale, direttamente impiegato nel contrasto al Covid-19, a distanza di due anni dall’inizio della pandemia resta ancora la più bassa tra gli Stati maggiormente industrializzati in Europa e in tutto il mondo occidentale- afferma Rodigliano- però non è solo una questione di remunerazione, ma anche di carichi di lavoro eccessivi per mancanza di personale”.
Secondo la numero uno del Nursind Bologna, infatti, “i problemi non sono finiti qui. C’è anche un’organizzazione che non premia chi è in prima linea, chi svolge carichi di lavoro maggiormente pesanti. Non c’è una rilevazione, un monitoraggio costante dello stress da lavoro. Non si inserisce l’infermiere nel posto giusto in rapporto alle sue capacità e attitudini. E come se tutto ciò non bastasse, sopravvivono ancora favoritismi e nepotismi“. Durante l’emergenza Covid, ricorda Rodigliano, “si era aperta una fase in cui lo Stato e le Regioni avevano preso coscienza, ma i riscontri sono stati irrisori. Sono stati dati dei premi a pioggia una tantum, a cui ci saremmo aspettati che sarebbe seguito un riconoscimento effettivo. E invece tutto è rimasto immutato”.
Il Nursind affronta poi il tema della riforma della sanità territoriale. “Riscontriamo ancora una volta che i decisori politici si raffrontano solo con gli ordini e poco con la rappresentanza della categoria infermieristica- critica Rodigliano- crediamo fermamente che qualsiasi riforma imposta dall’alto non sia utile, non corrisponderà ai reali bisogni. Occorre ascoltare chi svolge il lavoro sul campo. Non è possibile pensare di affrontare una riorganizzazione che riguarda la professione infermieristica senza ascoltare gli infermieri. Non possiamo permetterci altre riforme errate e continuare a pagare con vite umane l’incapacità organizzativa”.
Secondo la numero uno del Nursind Bologna, infine, “solo con una condivisione seria tra i rappresentanti delle aziende sanitarie e i rappresentanti di tutte le sigle sindacali si potrà evitare quanto è avvenuto nella prima fase della pandemia, dove a pagare il prezzo più alto sono i pazienti doppiamente fragili per età e per patologie pregresse. Solo valorizzando gli infermieri si potrà riuscire a recuperare le tante prestazioni sanitarie rinviate per fronteggiare la pandemia. Oggi l’emergenza non è più il Covid19, ma l’arretrato che si è creato tra nuovi pazienti non presi in carico e vecchi rinviati”, ricorda Rodigliano.