Sono la seconda causa di ospedalizzazione in Italia, con 878.729 ricoveri nel 2014, e provocano circa 25mila morti all’anno. Ma le malattie dell’apparato digerente in Italia sono ancora molto sottovalutate. Dalla popolazione, e anche dalle istituzioni e, di conseguenza, dal sistema sanitario. Come dimostra la scarsità di reparti gastroenterologia e di relativi posti letto, a livello nazionale ma soprattutto regionale. Se i posti letto sono infatti 2.062 in totale, per una media di 3,4 ogni 100.000 abitanti a fronte dello standard ottimale di 3,7 circa, ci sono regioni dove il dato è ben al di sotto di questa soglia, come il Friuli Venezia Giulia (0,7), l’Abruzzo (1,3) e la Sicilia (1,2). Per questo solo il 7,4% dei pazienti con malattie dell’apparato digerente curato nei reparti di gastroenterologia. E intanto la mortalità raddoppia.
A lanciare l’allarme è
Antonio Balzano, presidente dell’Aigo, l’Associazione Italiana Gastroenterologi ed endoscopisti Ospedalieri, che abbiamo intervistato in occasione della presentazione del primo rapporto nazionale sulla gastroenterologia italiana realizzato con il Ministero della Salute attraverso l’analisi di 4,8 milioni di Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) del periodo 2010-2014.
Presidente Balzano, quali sono le cause della carenza di reparti e posti letto dedicati alla gastroenterologia?
Ritengo che a determinarla sia stata la mancanza di attenzione da parte delle istituzioni, dovuta anche a una sottovalutazione della gravità delle malattie dell’apparato digerente. In Italia si parla molto di malattie del sistema cardiovascolare, prima causa di ricovero ospedaliero, si fanno campagne informative e di prevenzione, si evidenzia la loro pericolosità in termini di salute. Lo stesso non avviene per le malattie dell’apparato digerente, di conseguenza le persone tendono a credere che tali malattie non siano particolarmente gravi. Invece non è così, perché contiamo circa 25.000 morti ogni anno, senza considerare l’impatto che le malattie dell’apparato digerente hanno sulla vita dei pazienti. Questa mancanza di consapevolezza è diffusa tanto tra la popolazione quanto tra le istituzioni e ha fatto sì che oggi la gastroenterologia sia rimasta una cenerentola del sistema sanitario.
Perché l’Aigo non lancia una campagna di informazione e sensibilizzazione sulle malattie dell’apparato digerente?
Perché in assenza di risorse adeguate nelle strutture del sistema sanitario una campagna del genere rischierebbe di trasformarsi in un boomerang. Come si possono spingere i cittadini a pretendere prestazioni che non si è in grado di erogare? Negli ospedali italiani solo il 7,4% dei pazienti con malattie dell’apparato digerente curato nei reparti di Gastroenterologia, ma allo stato attuale non saremmo in grado di soddisfare la richiesta di un ricovero appropriato da parte del restante 92,6%.
Per questo riteniamo che il primo passo da compiere sia quello di collaborare con le istituzioni per sanare l’attuale carenza di posti letto, procedendo poi con tutte le iniziative necessarie a garantire i massimi livelli assistenziali ai cittadini.
Il rapporto che presentate oggi è realizzato in collaborazione con il ministero della Salute. C’è dunque già un impegno da parte del ministero per superare le difficoltà della Gastroenterologia?
Sicuramente c’è una maggiore attenzione e ci è stata comunicata dal sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo, anche la disponibilità ad aprire un tavolo sulla materia. L’unica cosa concreta, al momento, però, è il lavoro svolto per l’elaborazione del Rapporto, che rappresenta comunque una base fondamentale per far partire un confronto. Ci auguriamo che si possa iniziare a parlare presto di proposte e soluzioni.
Quali sono le vostre proposte?
La creazione di reti regionali per le urgenze gastroenterologiche, già in fase di realizzazione in Lombardia e Veneto e di organizzazione in Campania e Toscana, che consentirebbe, ad esempio, a tutti i pazienti colpiti da emorragia gastrica di essere curati da uno specialista in gastroenterologia, riducendo così la mortalità. Questo modello organizzativo definisce quali strutture debbano occuparsi di questa emergenza, secondo i differenti livelli di complessità d’intervento, e indirizza quindi sin da subito il paziente al centro che meglio saprà rispondere alla sua situazione. Inoltre, fissa precisi parametri sulla base dei quali la centrale operativa del 118 può decidere facilmente in quale struttura trasportare il paziente soccorso.
Riteniamo inoltre indispensabile un potenziamento dell’offerta terapeutica in gastroenterologia, attraverso l’inserimento della disciplina tra quelle necessariamente presenti nei Dipartimenti di Emergenza e Accettazione (DEA) di primo e secondo livello. In questo modo si otterrebbe una maggiore appropriatezza dei ricoveri, una diminuzione della mortalità e della degenza e anche un risparmio di risorse da parte del Servizio Sanitario Nazionale, dal momento che stimiamo una riduzione di almeno 360.000 giornate di degenza all’anno. Per non parlare della riduzione della mortalità. Oggi, i ricoveri inappropriati, cioè al di fuori dei reparti di gastroenterologia ed endoscopia digestiva, fanno raddoppiare la mortalità intraospedaliera, che passa dal 2,2% al 4,1%). Sempre a causa dell’inappropriatezza dei ricoveri, la mortalità per emorragia digestiva a 30 giorni dalla dimissione è sette volte maggiore, crescendo dal 2,1% al 15%. Sono dati importanti.
Quale sarebbe, secondo l’Aigo, lo standard ottimale di posti letto in Gastroenterologia?
Riteniamo che possa essere 3,7 posti letto per 100 mila abitanti. Oggi, a livello nazionale, siamo intorno al 3,4, ma ad allarmare è soprattutto la disomogenea distribuzione di questi posti. In Friuli Venezia Giulia, ad esempio, siamo allo 0,7, in Abruzzo all’1,3, in Sicilia all’1,2. Numeri molto al di sotto della media nazionale. Il problema stavolta riguarda il Nord come il Sud, quindi non si può parlare dei ritardi di cui spesso si accusa il meridione. E’ evidente che esiste un problema più profondo nel modo in cui viene percepita e trattata la gastroenterologia a livello nazionale.
Dove vengono ricoverati oggi i pazienti con malattie dell’apparato digerente quando non sono a disposizione posti letto nei reparti di gastroenterologia?
Secondo i dati raccolti nel rapporto, realizzato attraverso l’analisi di 4,8 milioni di Schede di Dimissione Ospedaliera nel periodo 2010-2014, il 49,8% dei pazienti viene ricoverato in unità di chirurgia, il 23,9% in medicina, il 5% in pediatria e il 13,6% in altre unità operative.
Immagino che questa mancanza di attenzione da parte del sistema nei confronti della gastroenterologia abbia negli anni reso poco appetibile la specializzazione agli occhi degli studenti in Medicina. C’è anche una carenza di gastroenterologi in Italia?
Attualmente direi di no. Ma se, come auspicato, i reparti e i posti letto aumenteranno, le reti di emergenza saranno costituite e la gastroenterologia verrà introdotta in tutti i Dea, l’allarme per la carenza di specialisti sarà inevitabile se non si interverrà contestualmente sulle Scuole di Specializzazione.
Quanti sono oggi i gastroenterologi in Italia?
Negli ospedali sono 1.425. I posti messi a bando dal Miur per la nostra specialità sono circa 85 all’anno tra tutti gli Atenei - un numero assolutamente inadeguato a coprire i bisogni assistenziali in futuro - a fronte degli 285 posti per gli specialisti delle malattie cardiovascolari.
Affronterete la questione anche con il Miur, quindi?
Sicuramente, ma il primo passo è comunque quello di ottenere l’impegno del ministero della Salute per un potenziamento della Gastroenterologia nel sistema sanitario. Raggiunto questo primo traguardo, le questioni da risolvere saranno molte e dovranno essere affrontate contestualmente. Per questo sarà indispensabile un confronto aperto, approfondito e continuo dei professionisti con tutti i ministeri interessati e con le Regioni.
Lucia Conti