Il sentimento di delusione ha il sapore acre della disillusione. La politica ci conferma nel nostro disincanto, le sue incapacità a governare le situazioni sono davvero imbarazzanti. Ieri al ministero della salute, sulla questione delle competenze infermieristiche, si è consumata una rottura tra professioni mediche e professioni sanitarie non perché fosse inevitabile, tutt’altro, ma perché preconcetti, incapacità, consociativismo, di nuovo hanno fatto lega contro il buon senso e la ragionevolezza, riproponendoci la vecchia pratica degli strappi e delle forzature.
Sui limiti, le possibilità, le aporie, della “bozza di accordo” il dibattito è stato ricco acceso e intenso quindi di grande utilità facendo emergere non solo la delicatezza “politica” della questione, ma soprattutto dimostrando che le posizioni in campo tra medici e infermieri, non sono così inconciliabili come qualcuno vuole far credere, e che quindi un accordo “politico” tra professioni a certe condizioni era ed è possibile. Eppure questo importante dibattito è rimasto del tutto inascoltato.
Niente di tutto questo. Il testo è stato proposto come la “sacra sindone” dentro una bacheca per cui non si è potuto toccare neanche con l’alito. La mia impressione è che più che ricercare l’intesa e la condivisione si sia voluto deliberatamente tenere tutti nei loro ruoli perché la farsa della “guerra delle competenze” possa continuare. Quindi i medici devono fare i cattivi, gli infermieri i buoni, i capi delle confraternite professionali i generali, e le burocrazie ministeriali e regionali i maneggioni di turno.
Questo è grave. Chiedo alla politica la ragione per cui ha ignorato la richiesta dei medici di fare una accordo rispettando le prerogative istituzionali definite dalla costituzione, cioè di fare un accordo seguendo “trasparenti percorsi legislativi”. Chiedo alla politica la ragione per cui ha deliberatamente ignorato la richiesta, del tutto ovvia per chi conosce la medicina, di non “spacchettare” la clinica dall’assistenza e di non considerare un processo di cura semplicemente una sommatoria di atti professionali. Chiedo alla politica per quale ragione essa non abbia preso in considerazione verificandola la disponibilità da parte dei medici ad esaminare una proposta di “responsabilità unitaria” delle professioni nei confronti della complessità clinica-organizzativa.
Chiedo ancora in ragione di quale principio la politica abbia ignorato la disponibilità di chi si dichiara contrario a forme “competitive” del lavoro e a favore di forme “cooperative”. Ma soprattutto chiedo alla politica a quale titolo e in nome di chi, essa si permette, in questo momento difficile della sanità pubblica, di ignorare da parte di un intero fronte sindacale la disponibilità a riconoscere “la realizzazione di legittime aspirazioni di crescita professionale degli infermieri” dentro “relazioni tra le professioni sanitarie funzionali a modelli di organizzazione del lavoro rispettose di tutte le competenze professionali interessate”.
Si dirà che sono chiacchiere, pretesti per non fare niente, e forse è così…ma come facciamo ad esserne sicuri? Come facciamo ad essere sicuri che la politica che in genere aspira tutto e che questa volta respinge tutto, non sia asservita a pregiudizi o peggio a strumentalizzazioni di parte? Le disponibilità dichiarate dai medici possono apparire pretestuose e non escludo che lo siano, ma non sono per nulla scontate, sono aperture importanti, per cui a me piacerebbe che la politica si preoccupasse di verificarne l’attendibilità.
Caro sottosegretario Fadda non sono d’accordo né con chi liquida senza verificare né con chi passa la mano alla conferenza Stato Regioni come un passacarte, né con chi appare suo malgrado strumento di una burocrazia maneggiona di altri tempi. Io onorevole Fadda sula sanità non ho mai chiesto alla politica di fare un passo indietro perché per me politica e sanità sono un binomio inscindibile, ma vorrei che la politica distinguesse i ruoli, non fosse promiscua con gli interessi che deve governare e che fosse almeno al di sopra delle parti assumendo chiaramente l’interesse del malato e l’interesse pubblico quale guida per le sue decisioni.
E’ di assoluta evidenza che l’intera partita delle competenze è stata sino ad ora “
al di sotto delle parti”, di marca Pd, promossa da regioni governate dal Pd, sostenuta da collegi professionali diretti da senatori del Pd, tollerata da presidenti di ordine senatori del Pd, delegata a sotto segretari del Pd, scritta materialmente da funzionari, del sindacato e delle Regioni del Pd. Questo insopportabile minestrone di ruoli promiscui, di metodi consociativi, di personaggi multitasking, caro onorevole Fadda, a me pare contrasti paurosamente proprio con il nuovo corso del suo partito, il cui responsabile del Welfare
Davide Faraone a proposito di sanità ci parla finalmente di “rivoluzione copernicana” (
QS 7 gennaio).
Ma la vicenda delle “competenze” dimostra che c’è un Pd che è rimasto fermo al sistema tolemaico che fa girare tutta la politica intorno agli interessi di bottega, del tutto incurante se questo creerà dissenso, perdita dei voti e malessere tra la gente . Noi della sanità siamo stanchi di questa robaccia. L’accordo sulle competenze si può e si deve fare…non ci possiamo permettere perniciose conflitti professionali. I medici non sono credibili? Bene mettiamoli alla prova? Gli infermieri hanno delle proposte, avanti le loro proposte. La bozza non va bene si riscriva…chi non è in grado di gestire la questione.. fuori dalle scatole…ma per favore in sanità niente inutili spaccature .
Ivan Cavicchi