L'università "Nostra Signora di Buon Consiglio" di Tirana che promuove un corso di laurea in infermieristica e fisioterapia, ha recentemente diffuso un documento riportando le affermazioni del prof. Gennaro Rocco, presidente, tra le altre cose, anche di quel corso di laurea, che vale la pena leggere:
"I corsi di laurea di infermieristica e di fisioterapia dell'Università "Nostra Signora del Buon Consiglio" di Tirana seguono gli stessi ordinamenti didattici delle università italiane e, in particolare, dell'Università "Tor Vergata" di Roma. Tali ordinamenti didattici prevedono l'acquisizione di 180 crediti formativi universitari, che nel sistema europeo corrispondono a 180 CTS e che consentono un facile riconoscimento del percorso di studi seguito da uno studente. Questa scelta è stata molto lungimirante perché ci ha permesso di raggiungere quello che oggi abbiamo, e cioè un riconoscimento immediato del titolo di studio da parte delle autorità e delle istituzioni italiane.
Abbiamo fatto anche un'altra operazione molto interessante: l'accordo di cooperazione didattica con le università italiane prevede anche di rilasciare un titolo di laurea congiunto tra le due università convenzionate. Mi spiego meglio. Avendo noi un organico di docenti che è quasi completamente italiano - e quindi condiviso e nominato dalle autorità accademiche delle nostre università di riferimento italiane - questo ci permette di avere la possibilità di rilasciare un titolo che ha un valore giuridico contestuale, sia nell'ordinamento albanese sia nell'ordinamento italiano.
Inoltre, abbiamo consolidato una procedura con le autorità italiane che permette agli studenti di avere un canale privilegiato per poter esercitare la professione di infermiere o di fisioterapista in Italia e di avere, come detto, il riconoscimento immediato del titolo di studio. Questo è possibile proprio perché il titolo di studio viene rilasciato da un'università italiana. In pratica, uno studente albanese che termina il suo iter di studi presso la nostra Università fa il suo Esame di Stato italiano in Albania con le stesse modalità adottate in Italia. Infatti, nella commissione esaminatrice sono presenti - proprio come in Italia - oltre ai professori universitari, anche i rappresentanti del Ministero della Sanità italiano e i delegati degli Organismi che rappresentano le categorie professionali.
Possiamo così trasmettere alle autorità ministeriali italiane i verbali delle sedute di laurea sottoscritti anche da parte del Rettore dell'Università convenzionata (nel nostro caso "Tor Vergata"). A questo punto il Ministero della Sanità, che è deputato alla verifica dei titoli e al loro riconoscimento, senza ulteriori adempimenti trasmette la documentazione agli Ordini professionali, cosa che consente l'immediata possibilità di esercitare la professione in Italia. Ben diversa, e molto più complessa è, invece, la procedura per tutti gli altri cittadini, sia europei che extra-europei, che pure hanno conseguito titoli analoghi nei rispettivi Paesi.
Questo é un grande privilegio e una novità, perché anche nella libera circolazione dei cittadini dell'Unione Europea - dove esistono da decenni regole per il riconoscimento dei titoli - un cittadino inglese o francese che vuole esercitare in Italia, prima di iscriversi all'Albo professionale deve sostenere una prova di lingua italiana. Gli studenti di "Nostra Signora del Buon Consiglio", invece, avendo frequentato un corso di laurea in lingua italiana con una università italiana, non hanno sottoporsi nemmeno a questo tipo di valutazione. Per fare un esempio, i laureati della sessione di aprile 2010 presso la nostra sede dopo meno di due settimane avevano già il loro nomi trasmessi a tutte le sedi degli Ordini e dei Collegi professionali italiani. Pertanto, se essi un giorno volessero presentarsi hanno diritto di iscriversi come i cittadini italiani".
E' indubbio che il nostro Paese stia affrontando un momento particolarmente difficile per la grave crisi economica che ha indotto il Governo all’adozione di una serie di misure di contenimento della spesa pubblica, ivi compreso la riqualificazione dell’assetto funzionale della pubblica amministrazione e la riduzione delle dotazioni organiche. Ciò ha comportato tagli pesantissimi al patrimonio delle risorse umane del Ssn.
Il numero di Infermieri in cerca di occupazione che ha conseguito la laurea in Infermieristica sulla base dei fabbisogni formativi definiti di concerto tra i Ministeri competenti e le Università Italiane, con le regole di accesso ai corsi di laurea a numero chiuso, secondo le stime più recenti è tra i 30.000 e i 50.000. Il dato è in costante aumento se si considerano i licenziamenti in corso per le crisi economiche subite da molti Enti sanitari privati e di altra classificazione per le riduzioni rilevanti dei finanziamenti a diverso titolo.
E' indubbio che le risorse vengano "tagliate" non in funzione di una diminuita domanda di salute da parte della popolazione ma solo in funzione della compatibilità economica del sistema (esattamente l'inverso di quello che dovrebbe essere).
L'analisi può essere ulteriormente sviluppata e pur non essendo questa la sede per gli specifici approfondimenti, qualche dato va comunque preso in considerazione:
- i dati epidemiologici evidenziano un aumento delle situazioni cliniche multi-fattoriariali e delle patologie cronico-degenerative, con conseguente aumento di domanda;
- la situazione demografica evidenzia un aumento della vita media, con un incremento delle fragilità e delle disabilità;
- le condizioni socio-economiche portano un aumento della popolazione in condizione di povertà, con ripercussioni anche sullo stato di salute;
- nell’ambito dei paesi Ocse il rapporto infermieri ‰ abitanti per l’Italia è tra i più bassi in assoluto;
- il sistema delle cure primarie è tutto da costruire.
Sulla base dei dati riportati è evidente che gli infermieri non sono assunti non tanto perché non servono, bensì perché non ci sono le condizioni economiche necessarie.
Alcune riflessioni:
- le razionalizzazioni (forse è più giusto dire i razionamenti) si realizzano quasi esclusivamente in funzione della compatibilità economica, nella maggior parte dei casi senza un progetto "all’origine" di ripensamento del sistema sanitario, sulla base dei cambiamenti che hanno riguardato l'evoluzione scientifica, lo sviluppo tecnologico e la domanda dell'utenza;
- probabilmente non c'è piena consapevolezza sul fatto che la diminuzione dei costi per il personale ha come conseguenza una diminuzione di servizi e di prestazioni all'utenza, con possibili ripercussioni negative nello stato di salute delle persone, con successivo aumento di costi per le cure e l'assistenza (e non è detto che questi costi siano minori rispetto a quelli del personale, anzi, probabilmente sono più alti, ma di questo nessuno parla);
- qualcuno (la politica) dovrebbe assumersi l'onere della comunicazione e della spiegazione a chi è - contemporaneamente - utente, committente e finanziatore del sistema (la gente) sulla realtà della situazione e alla motivazione delle scelte.
Detto ciò, ritornando all'oggetto della presente nota (Infermieristica, formazione in Albania e occupazione in Italia), stante le situazioni presentate, è opportuno rivedere gli accordi in essere, tenuto conto delle situazioni che sono nel frattempo cambiate, in particolare:
- per ogni cosa c'è il suo tempo. Non si vogliono demonizzare le scelte di ieri, probabilmente funzionali a superare unacriticità (carenza di infermieri) presente in quel momento nel nostro Paese;
- Privilegi e penalizzazioni. Non si vuole penalizzare qualcuno a favore di altri, ma semplicemente si ritiene opportuno prevedere una parità di condizioni, nel rispetto dei principi normativi di riferimento;
- Ruoli - responsabilità - conflitto d’interessi. Vanno superate le situazioni dove è palese il conflitto di interessi di figure di grande rilevanza professionale, con ruoli e responsabilità nel sistema formativo italiano, nel sistema formativo albanese e nei livelli apicali ordinistici.
In sostanza si chiede un’approfondita riflessione, per quanto di propria competenza, per rilevare l’opportunità, considerando le variazioni di contesto intervenute, di sostenere rapporti di cooperazione didattiche con Università estere, che, di fatto, creano molti “imbarazzanti” dubbi in tutti i soggetti coinvolti.
A titolo esemplificativo vediamo alcuni quesiti che un numero rilevante di Infermieri ha portato all'attenzione dell'Ipasvi:
- qual è il significato della comunicazione istituzionale contenuta nel titolo di presentazione del CdL in infermieristica: “Per gli studenti dell’UNINSBC possibilità di lavoro immediato in Italia"?
- si ha la consapevolezza delle difficoltà in cui si stanno trovando gli Infermieri neo-laureati italiani?
- è “buona cosa” la possibilità di differenziazioni di percorsi, con importanti privilegi per gli Infermieri Albanesi (o forse è meglio dire per gli Infermieri che conseguono l'abilitazione in territorio albanese, rilasciata da università italiana, con il placet del ministero)?
- si ha la consapevolezza delle pesantissime razionalizzazioni (forse è meglio dire razionamenti) che stanno
interessato la popolazione infermieristica ? (e in primis i cittadini)
- si è certi che la sede e l’organizzazione didattica del corso di laurea in Infermieristica rispondano pienamente ai requisiti tecnico-organizzativi e funzionali definiti dal Miur?
- si è certi che l’ordinamento didattico in uso presso l’Università di “Nostra Signora del buon Consiglio di Tirana”, risponda adeguatamente alle “regole” definite dal Miur?
- c'è stato un approfondimento sulle problematiche conseguenti ai processi di razionalizzazione?
- l’Università di “Nostra Signora del buon Consiglio di Tirana”, è formalmente assoggettata al controllo degli organi istituzionali previsti dall’ordinamento universitario Italiano e non solo, sulla qualità dell’offerta formativa?
- si ha conoscenza che ha raggiunto la ragguardevole cifra di oltre 2000 il numero di Infermieri laureati Italiani che per ragioni occupazionali ha abbandonato il nostro paese emigrando nel nord dell’Europa?
Dall'esterno si può solo affermare con assoluta certezza che non risultano evidenze in tal senso.
Saverio Andreula
Presidente Collegio Ipasvi di Bari