“Tutto ciò che non fa il pubblico non lo deve fare comunque il pubblico”. Da questo assioma liberale è partita la giornata di dibattito analisi e riflessione organizzata dalla Fondazione Luigi Einaudi sul tema del partenariato pubblico-privato in sanità.
Un principio di sussidiarietà per permettere all’iniziativa privata di entrare in quelle sfere di attività che il pubblico non può o non riesce a sostenere, per iniziare a considerare la sanità come fonte di investimento e non solo come centro esclusivo di spesa.
Partendo dallo strumento giuridico del partenariato pubblico-privato, che in Italia sul fronte delle opere non ha avuto grande successo (ma ora il nuovo Documento di economia e finanza cerca di invertire la rotta prevedendo per le infrastrutture il modello PPP coinvolgendo anche i capitali privati e internazionali per opere di edilizia scolastica, carceraria e sanitaria), mentre sul fronte dei servizi ha fatto registrare un significativo calo nell’ultimo anno per colpa della crisi in termini quantitativi ma una crescita in termini qualitativi, il convegno, di chiaro stampo liberale, ha cercato di metter in risalto settori ed esperienze dove il privato ha innovato tecniche e metodologie di gestione.
In questo senso un esempio su tutti è quello portato da
Laura Raimondo, Ad di Upmc e membro del Cda di Ismett. Raimondo ha ricordato come l’Ismett rappresenta una realtà particolare dove la partnership è composta da una parte pubblica “rappresentati dai trapianti e da una parte privata che è la struttura, nata a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 all’interno delle sperimentazioni gestionali della Riforma Bindi”. Quello che si fece ricorda Raimondo “fu di bloccare l’esodo di cittadini del meridione verso il Nord del Paese, ma anche verso l’estero. Francia, Belgio e Inghilterra su tutti”.
Parametrando i costi di allora, primi anni ’90 con quelli di oggi, quindi calcolati in euro, Raimondo ha detto che all’epoca la regione Sicilia spendeva circa 250 milioni di euro l’anno per il turismo sanitario dei siciliani. Oggi invece grazie all’Ismett i costi sono scesi “90 milioni l’anno, con in più pazienti che per il 12% arrivano dall’estero”.
Questo esempio di partenariato pubblico-privato evidentemente ha creato anche un indotto di economia locale a dimostrazione che la sanità non è solo spesa ma se ben gestita può creare ricchezza.
Altro esempio di come la cogestione e l’outsourcing di servizi aumentano la qualità delle prestazioni e diminuisce i costi l’ha rappresentato
Sara Luisa Mintrone, direttore marketing PA e sanità Engineering Ingegneria Informatica che ha parlato del ruolo delle tecnolòogie informatiche per una sanità moderna e sostenibile. “L’E-Health – ha detto Mintrone – rappresenta un ruolo strategico per il cambiamento. Per il privato, e qui sta la differenza con il pubblico, l’E_Health rappresenta un investimento e non un costo”. Il fascicolo sanitario elettronico, la cartella clinica elettronica, la telemedicina sono tutti strumenti, ha aggiunto Mintrone, che sono “alla base del cambiamento, già in atto nel privato. Cambiamento che arriverà comunque e a cui occorre essere pronti. Il PPP può essere lo strumento che può aiutarci a cavalcarlo”.
“Il nostro è un paese in cui il problema è quello di ridurre la spesa pubblica – ha riferito
Ignazio Abrignani, FI-Pdl, vice presidente della Commissione Attività produttive di Montecitorio, e il partenariato pubblico-privato è lo strumento ideale per farlo. Il nostro servizio sanitario può migliorare nella qualità riducendo anche i costi”.
Secondo invece
Federico Gelli, deputato del partito democratico, componente della Commissione Affari Sociali della Camera “purtroppo la sanità è vista come voce di costo e non come un valore economico e con questo approccio da sempre si governa il Ssn”. Quindi è ora di cambiare. “Il Ppp ha prodotto buoni risultati in termini di lotta agli sprechi e di minor burocrazia. È falso – ha aggiunto Gelli – che in sanità si spende troppo, spendiamo meno di altri paesi e la qualità non è inferiore”. Però se da un lato ci sono eccellenze, dall’altro ci sono delle inefficienze che vanno corrette “e per questo occorre intervenire sulla Riforma del titolo V della Costituzione, recuperando centralità per il ministero della Salute che deve riprendersi competenze e compiti che oggi non ha”.