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QS Edizioni - sabato 14 dicembre 2024

Governo e Parlamento

Sicilia. Corte Costituzionale: “Illegittime le disposizioni regionali che incidevano sui limiti di spesa delle prestazioni sanitarie”

immagine 13 dicembre - Le questioni erano state promosse dal Governo, che – quanto alle censure riferite all’aumento dei costi per le prestazioni sanitarie – contestava la violazione, da parte della Regione Siciliana con la legge regionale 3 del 2024, dei limiti discendenti dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario, cui essa si trova tuttora sottoposta. Accolte le censure del Governo.

La Corte costituzionale, con la sentenza numero 197, pubblicata oggi, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge della Regione Siciliana numero 3 del 2024, che incidevano sui limiti di spesa, a carico del bilancio regionale, relativi alle prestazioni sanitarie e al costo del personale delle società a partecipazione pubblica.

Le questioni erano state promosse dal Governo, che – quanto alle censure riferite all’aumento dei costi per le prestazioni sanitarie – contestava la violazione, da parte della Regione Siciliana, dei limiti discendenti dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario, cui essa si trova tuttora sottoposta.

La Corte ha accolto le censure del Governo dirette, anzitutto, contro la previsione, contenuta nell’articolo 49 della predetta legge, dell’“adeguamento” di rette sanitarie. L’aumento delle tariffe, previsto a carico del bilancio regionale, non è in linea – ha precisato la Corte – con i valori nazionali di riferimento e si traduce in una spesa sanitaria ulteriore rispetto agli esborsi concordati in sede di approvazione del Piano di rientro, dal quale discende la cornice economico-finanziaria in cui la Regione è tenuta a muoversi.

Per ragioni analoghe, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale anche della disposizione (articolo 71, comma 1) che ha esteso, fino al 2026, la particolare “indennità di funzione” introdotta, durante il periodo dell’emergenza pandemica, in favore delle strutture private accreditate con il Servizio Sanitario Regionale. Tale misura, che ha consentito l’erogazione di prestazioni sanitarie oltre il budget annuale concordato con il Servizio Sanitario Regionale, era stata stabilita dalla precedente legge della Regione Siciliana numero 9 del 2020 per il solo triennio 2020-2022 (peraltro, in conformità ad analoghe previsioni nazionali, legate all’emergenza pandemica), con l’obiettivo di garantire un regolare flusso di cassa e di mantenere la continuità del servizio.

Con la legge impugnata la Regione Siciliana ha disposto l’estensione della misura oltre i limiti temporali legati al periodo dell’emergenza, in tal modo venendo meno ai vincoli discendenti dal sistema nazionale del budget di spesa, illegittimamente ampliando gli esborsi a carico del bilancio regionale, già in precario equilibrio.

Per converso, proprio perché si trattava di spese coperte dal sistema del budget, la Corte ha rigettato le censure del Governo dirette contro la previsione dell’articolo 71, comma 3, della stessa legge, che consente il riconoscimento, in favore delle Residenze Sanitarie Assistenziali accreditate con il Servizio Sanitario Regionale, della parte fissa delle spese per il personale. In questo caso, infatti, la legge siciliana ha stabilito che tali spese, pur sempre a carico del bilancio regionale, sono riconosciute "senza ulteriori oneri per la finanza pubblica e nell’ambito del budget assegnato in sede di contrattualizzazione", in tal modo fornendo espressa garanzia che non vi saranno spese ulteriori rispetto a quelle programmate.

Analoghe ragioni di conformità con i criteri nazionali di programmazione, con riguardo al contenimento della spesa per il personale sanitario, hanno poi condotto la Corte al rigetto della questione promossa sull’articolo 138 della medesima legge. Questa disposizione (al dichiarato fine di garantire il funzionamento delle case della comunità e degli ospedali di comunità) ha sancito l’aumento annuale del 15 per cento dei limiti di spesa destinati al personale degli enti del Servizio Sanitario Regionale, richiamando, tuttavia, le norme statali che, proprio al fine dell’ampliamento degli organici e dei conseguenti maggiori esborsi, impongono determinati limiti e condizioni.

Infine, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 57, comma 6, in materia di compensi per gli amministratori e i dipendenti delle società partecipate. La disposizione regionale – in attesa dell’adozione di apposito decreto ministeriale, chiamato a determinare detti compensi – aveva stabilito, in via transitoria, di estendere alle società partecipate la disciplina regolamentare dettata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri d.P.C.m. numero 143 del 2022, riguardante i compensi per i componenti degli organi di amministrazione e di controllo degli enti

pubblici. La Corte ha rimarcato che, per espressa previsione della legge nazionale, l’applicazione di quel regolamento è espressamente esclusa per le società. Il legislatore regionale, pertanto, ha violato un limite che, in quanto attinente al rapporto privatistico tra la società e i suoi dipendenti, afferisce alla materia dell’«ordinamento civile» rimessa, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, alla competenza esclusiva del legislatore nazionale.

13 dicembre 2024
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