“Si è di fronte, ancora una volta, ad una indebita intromissione della magistratura volta a delegittimare una legge, con il suo dettato etico, votata da una maggioranza trasversale e confermata da un referendum popolare”. Questo il commento di
Paola Ricci Sindoni, presidente nazionale dell’Associazione Scienza & Vita alla decisione assunta ieri dal Tribunale di Roma di consentire la diagnosi preimpianto ad una coppia di portatori di malattie genetiche in osservanza delle indicazioni della Corte europea. Il divieto di diagnosi preimpianto è uno degli ultimi rimasti nella Legge 40/2004 che disciplina la Pma.
“La diagnosi preimpianto – prosegue la presidente di Scienza e Vita – è un’indagine invasiva sull’embrione il cui scopo non è quello di curare una vita nascente, ma quello di selezionare i sani, scartando gli embrioni ritenuti ‘malati’. La legge 40 garantisce il diritto alla vita del concepito, diritto che trova fondamento già nella Costituzione e che non può essere bypassato da una singola decisione”.
“Esprimiamo la massima solidarietà e vicinanza verso i portatori di malattie genetiche, ma il desiderio dei genitori di un ‘diritto ad avere un figlio sano’, non può esprimere la volontà di decidere la non esistenza di vite che ‘non vale la pena di far vivere’. Un figlio – conclude Sindoni – non è un prodotto. Sentenze come questa aumentano la confusione nella società civile ed evidenziano il progressivo riduzionismo antropologico verso forme di vita nascente programmate tecnologicamente”.