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Bimba malata di tumore. I genitori vogliono curarla all’estero ma i giudici dicono no. Parla una delle pediatre che l’aveva in cura

A denunciare il caso alla Procura è stato proprio l’Istituto dei Tumori di Milano, dove la bimba era in cura. “Non neghiamo il diritto alla scelta di cura, ma non potevamo restare fermi di fronte alla decisione dei genitori di interrompere le terapie, che peraltro stavano dando risultati”, spiega Michela Casanova, uno dei medici che seguiva la bimba. I genitori volevano portarla a Tel Aviv ma i giudici hanno ritenuto che non sussistessero sufficienti evidenze scientifiche sulle terapie proposte in quelal sede.

03 MAR - A soli tre anni ha un tumore. La terapia a cui viene sottoposta da luglio all’Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano sembra funzionare. Quanto meno la massa tumorale non era cresciuta. Ma i genitori decidono di cercare altre soluzioni all’estero. E quando pensano di avere trovato a Tel Aviv la cura che meglio può aiutare la loro figlia, avvisano l’Istituto milanese e chiedono di interrompere le cure, pronti a partire il 13 febbraio alla volta di Tel Aviv.

Gli esperti di Milano cercano di dissuaderli, ma senza riuscirci. Allora si rivolgono alla Procura per i Minorenni, che chiede al Tribunale di valutare se esistano gli estremi per ridurre la responsabilità genitoriale, fermando intanto il trasferimento all'estero della piccola. Il 10 febbraio scorso l'udienza, con i giudici che accolgono le richieste dei pm di bloccano il trasferimento motivando così la loro decisione: le condizioni emotive difficilissime dei genitori hanno portato a interrompere una terapia efficace per affrontare una sorta di viaggio della speranza, senza garanzie da un punto di vista clinico. Questo in quanto il professore di Tel Aviv, contattato dall'Istituto oncologico di Milano, non avrebbe fornito informazioni scientificamente valide sul suo metodo di cura. A riferirlo è Repubblica.

Per avere qualche chiarimento abbiamo contattato l’Istituto Nazionale Tumori di Milano. Micaela Casanova, responsabile Nuovi Farmaci della Pediatria della Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e componente del team che seguiva la bimba, non vuole entrare nei dettagli. Si dice “sorpresa del volume di informazioni, quasi completamente corrette, rese pubbliche dalla stampa”. E ci ripete più volte che “tutelare la riservatezza della bambina deve essere il nostro obiettivo primario, sia come medici che come giornalisti. La situazione è molto dedicata e sono stati resi noti fin troppi dettagli che, a mio parere, non sarebbero dovuti essere divulgati”.

Casanova non è in grado di confermare che il professore di Tel Aviv non ha fornito informazioni scientificamente valide sul suo metodo di cura, “non sono io che ho avuto il contatto”. E precisa comunque che “l’Istituto non ha denunciato il caso alla Procura perché la famiglia aveva scelto di sottoporre la bimba a una cura ritenuta sbagliata, ma perché avevano deciso di interrompere le terapie. Questo è il punto critico”.

“La libertà di cura – chiarisce Casanova - è un diritto di tutti, ma noi medici abbiamo il dovere di intervenire nei casi in cui riteniamo che i familiari, pur in buona fede, stiano prendendo delle decisioni che potrebbero danneggiare il paziente, come interrompere delle cure che in quel momento stanno dando risultati. O, caso estremo, quando decidono di interrompere le cure senza suggerire un’alternativa”.

Gli esperti dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano hanno quindi provato a dissuadere i genitori della piccola, “in molte occasioni”, ma “a differenza di tutti gli altri casi non si è riusciti a trovare una condivisione degli obiettivi”.

“In Oncologia pediatrica – riferisce l’esperta – ci troviamo spesso a gestire situazioni complicate di famiglie che mettono in dubbio il percorso terapeutico perché ricevono notizie su terapie alternative che sperano possano dare risultati migliori. Sono peraltro situazioni in cui interviene una forte componente emotiva. Per questo le informazioni sulle terapie e le sperimentazioni che si danno ai familiari devono essere assolutamente oneste, in modo da evitare di false illusioni. Il nostro ruolo - conclude Casanova - è proprio quello di guidare e aiutare le famiglie a seguire il percorso terapeutico migliore. E può anche capitare che quello proposto da un secondo medico sia migliore di quello proposto dal primo. Ciò che conta è che sia la scelta migliore per la salute del paziente".

Oggi la bimba, secondo quanto riferito da Repubblica, è ricoverata in un'altra struttura, dove riceve le cure per impedire che la malattia possa progredire. Il Tribunale per i minorenni avrebbe autorizzato ieri i genitori a scegliere l'ospedale in Italia dove ritengono che la bambina possa essere curata nel migliore dei modi.

03 marzo 2017
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