Il “perdono” come terapia. Al Fatebenefratelli di Brescia corso per sensibilizzare gli operatori sanitari
Il corso, di due giorni, si basa su una metodologia presa ed elaborata dal sacerdote psicologo Jean Mombourquette, rivolta a tutti coloro che lavorano negli ospedali e nei centri di cura, con l’obiettivo di formare professionisti in grado di “insegnare” dei percorsi per “imparare” a perdonare e, là dove è possibile, a riconciliarsi.
31 MAR - Riconciliarsi con un parente, un amico, togliersi un peso dalla coscienza non è soltanto un modo per dimenticare, ma può essere anche un senso di liberazione e di benessere psicofisico che influenzano il nostro modo di vivere. E’ stato appunto dopo la raccolta di esperienze di questo genere, con malati che si sentivano oppressi, tristi, rammaricati per non aver fatto qualcosa per riconciliarsi con chi gli stava intorno, che ha indotto l’Istituto San Giovanni di Dio, del Fatebenefratelli di Brescia, ad organizzare un corso per sensibilizzare gli operatori sanitari ad avere cura dell’aspetto legato al perdono. Un aspetto non soltanto sul piano civile e morale, ma, per alcuni, anche sul piano spirituale.
Dopo un analogo corso al San Maurizio Canavese, in provincia di Torino, all’ospedale Fatebenefratelli di Brescia si impara a ritrovare l’armonia e il benessere interiore mettendo in pratica il perdono. È una metodologia innovativa, presa ed elaborata dal sacerdote psicologo
Jean Mombourquette, rivolta a tutti coloro che lavorano negli ospedali e nei centri di cura, con l’obiettivo di formare professionisti in grado di “insegnare” dei percorsi per “imparare” a perdonare e, là dove è possibile, a riconciliarsi; tutto questo, per aiutare le persone a superare le conflittualità e a ritrovare la pace in se stessi, con il mondo e, per chi ha fede, con Dio.
Il corso, di due giorni, è stato tenuto dalla dottoressa
Laura Maria Zorzella, psicoterapeuta, responsabile del Centro pastorale della provincia lombardo-veneta dei Fatebenefratelli, che ha promosso anche l’idea di esperienze personali fra gli operatori, un modo importante per rendersi conto dei malesseri e dei benefici che si riscontrano, rimuovendo quei sensi si odio che a volte pervadono fino a scaturire rabbia e vendetta.
"Tutti abbiamo bisogno, in certi momenti della vita - spiega
fra Marco Fabello, responsabile scientifico del corso condotto il 9 e il 16 marzo - di perdonare e di essere perdonati. Senza perdono, si finirebbe per rimanere avvinti al male fatto o subito, si continuerebbe a soffrire in noi stessi e si rimarrebbe prigionieri del passato, sciupando le opportunità che il presente ci offre». Per questo, al centro San Giovanni di Dio di Brescia, spiegano agli operatori sanitari come incamminarsi nella 'via della riconciliazione', attraverso esercitazioni individuali e di gruppo sul valore delle emozioni, sul significato del tempo e della resilienza”.
Nella fase terapeutica del persone si può essere attivi o passivi e per entrambe le situazioni valgono gli stessi principi. "Le offese - spiega la dottoressa Laura Maria Zorzella, docente del corso - provocano, in chi le subisce, una sofferenza persistente, che ne altera il benessere psicofisico. Dal punto di vista cognitivo, sentirsi offesi provoca incredulità, smarrimento, senso di impotenza che si traducono sul piano emotivo in rabbia, indignazione, vergogna ma anche paura e senso di colpa. Tutto ciò porta a covare sentimenti di vendetta o di fuga (che può voler dire anche rifugio nell’alcol o nelle droghe). Tutte emozioni, queste, che fanno star male”.
E allora, che cosa fare? "Il perdono - rimarca Zorzella - è terapeutico, perché aiuta l’individuo a liberarsi di una situazione stressante, a consolidare stati mentali e comportamentali più adattivi alle situazioni, a migliorare le relazioni in cui la persona è coinvolta, talvolta perfino a ritrovare un senso sul piano esistenziale".
Ma come può avvenire? "Riuscire a perdonare aiuta a pensare al futuro con il desiderio di riprogettarsi, attivando risorse e la capacità di resilienza, mentre l'atteggiamento contrario fissa al passato (si continua a pensare all'offesa e a rimuginare sui propri comportamenti mancati e alla vendetta). Riuscire a perdonare aiuta peraltro a rivalutare i sentimenti legati alla speranza e alla compassione, verso se stessi, gli altri e a riprendere un eventuale cammino di fede. La prima cosa, allora, è capire la differenza tra perdono e riconciliazione. «Il primo è un processo unilaterale, che ha luogo nella vittima soltanto; il beneficio è sul piano personale con ricaduta positiva sulle relazioni interpersonali in generale. Anche la salute benefica di tutto ciò. La seconda, invece, è una conquista bilaterale, frutto di un impegno reciproco: anche all'offensore è richiesto un cammino di revisione interiore e il relativo concreto impegno al cambiamento dei propri atteggiamenti. L'effetto di questo duplice impegno tra offeso e offensore sarà un percorso volto alla riconciliazione che porterà a una reciprocità relazionale ritrovata e nuovamente espressa".
Edoardo Stucchi
31 marzo 2016
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